Grandina! Evviva, sono miliardi
da I Siciliani di Giuseppe Fava – anno I n.9, ottobre 1983
Esistono delle realtà tecniche, nell’agricoltura siciliana, che – per la pazienza, l’intelligenza e lo spirito moderno con cui sono state create – rappresentano esempi apprezzati anche a livello europeo. E fra queste realtà, certamente, vi sono anche le cosiddette aziende-modello di alcuni grandi imprenditori catanesi e palermitani. Accade però che sull’altare di queste grandi imprese agricole, che rappresentano non più del venti per cento dell’agricoltura siciliana e che però (come vedremo nel servizio) assorbono oltre il 50070 dei contributi pubblici concessi dalla Regione, va sacrificata la restante fetta della nostra economia agricola, quella formata cioè da decine, forse centinaia di migliaia di coltivatori diretti e di piccoli agricoltori.
In verità l’agricoltura in Sicilia sta vivendo una sorta di suo drammatico Medioevo: un deserto per vallate e montagne, in mezzo al quale si levano dieci o venti favolose «baronie». Perfino il latifondo, in Sicilia, ha riacquistato vigore negli ultimi dieci anni.
Il dato politico più rilevante che emerge da questo servizio è che, per l’agricoltura siciliana, non è mai esistita una reale programmazione, cioè l’elaborazione intelligente, moderna di un piano di rilancio col quale si tenesse conto di tutte le esigenze moderne, dalla disponibilità della mano d’opera alle richieste del mercato.
Tutto è stato fatto da un anno all’altro, da un bilancio all’altro, con un criterio di governo sempre approssimativo, talora rozzamente clientelare. In definitiva ci si è accorti che gran parte del denaro pubblico destinato all’agricoltura era stato speso al fine di rafforzare il potere politico e di sedimentare alcune clientele.
Adesso, in margine agli incredibili risultati a cui è giunta un’indagine della Guardia di Finanza ed alla probabile apertura di un’inchiesta giudiziaria, c’è da registrare l’unico dato certo, definitivo e definitivamente amaro: per l’agricoltura in Sicilia siamo ancora all’anno zero.
Le cifre sono semplici e documentabili. E sono contenute in un dossier che la Guardia di Finanza ha raccolto dopo decine di ispezioni bancarie e verifiche documentali: in cinque anni, dal 1976 al 1981 (la gestione dell’assessore Giuseppe Aleppo, per intenderci), l’assessorato regionale all’agricoltura ha erogato trenta miliardi di prestiti al 4% di interesse per i danni subiti dalle aziende agricole siciliane a causa di alluvioni, grandinate o siccità. Di questi 30 miliardi, diciannove sono andati ad un numero ristretto di imprenditori agricoli, non più di una ventina, su migliaia di richieste presentate all’assessorato da piccoli e medi agricoltori, da coltivatori di retti, da cooperative di contadini o di allevatori. Molti non hanno ricevuto neppure una lira: “esiguità dei fondi iscritti in bilancio” si sono giustificati i funzionari della Regione.
Ma hanno taciuto quell’altra fetta di verità, emersa soltanto dopo che la Finanza ha potuto guardare negli archivi dell’assessorato all’agricoltura: quasi venti miliardi per venti famiglie, sempre le stesse, puntualissime a ripresentarsi, ogni anno, all’assessore Aleppo per ottenere un congruo risarcimento. Ed ogni anno, colmo della sfortuna, lamentando un danno diverso: vigne distrutte dalla grandine, arance e limoni marciti per la pioggia, bestiame ucciso dalla siccità…
La Finanza ha tutto in quel dossier, nomi e cifre annotati puntigliosamente. Ed i nomi sono sempre quelli dei grandi gabellieri siciliani, dei cavalieri del lavoro, dei notabili della Dc… Su trenta miliardi erogati da Aleppo, cinque sono andati alle aziende del gruppo Rendo (e stiamo parlando, lo ricordiamo, soltanto dei prestiti ricevuti per rimediare ai danni subiti a causa di calamità naturali). Rendo è comunque in buona compagnia: tra i grandi beneficiati dall’assessore all’agricoltura ci sono altri due cavalieri del lavoro catanesi, Gaetano Graci e Carmelo Costanzo; un posto d’onore, tra questi «magnifici venti» spetta anche ai cugini Nino, Alberto ed Ignazio Salvo, ex proprietari delle esattorie siciliane, oggi nei guai perché sospetti di essere in odor di mafia: per farsi risarcire i danni subiti dalle proprie aziende hanno chiesto ed ottenuto oltre un miliardo. Un miliardo è andato ad un’altra famiglia catanese, quella dei Bagnara, poco più di 900 milioni li ha ricevuti tal Gettowski, titolare di un’azienda agricola a Cassibile. E l’elenco continua…