Governo in alto, la gente in basso, e in mezzo un muro
Al supermercato c’è chi “giustifica” i rapinatori: “Non c’è lavoro, che possono fare?”. Non è proprio una lode per la politica economica corrente…
Il pensiero del governo Monti in materia di lavoro si può riassumere, a grandi linee, in tre no: no all’articolo 18, no al posto fisso per i nuovi assunti, no a un welfare più robusto che garantisca i disoccupati. L’abolizione dell’articolo 18 potrebbe essere sostituita da un allargamento della casistica prevista delle leggi sui licenziamenti individuali e collettivi, che oggi – fatta salva la giusta causa – sono permessi solo in caso di stato di crisi dell’azienda: questo permetterebbe ai sindacati di cantare vittoria sull’art.18. Ai tre “no” si può aggiungere una pericolosa propensione del governo allo svuotamento del contratto collettivo, come da anni chiede Confindustria. Se tutto questo non è la legge della giungla applicata al mercato del lavoro poco ci manca. Sicuramente ci troviamo nell’alveo del liberismo più spudorato. Con l’aggravante di un’ironia che non ha fatto ridere nessuno se non i peggiori esponenti del precedente governo: i giovani che puntano al posto fisso sono pigri, “mammoni” e aspirano a una vita noiosa. È una storia vecchia: si aumenta la flessibilità del lavoro (una politica che, come dimostra l’ultimo decennio, non ha mai aumentato l’occupazione, semmai è il contrario) e nello stesso tempo si annunciano nuovi ammortizzatori sociali, che resteranno semplici promesse perché alla fine, guarda caso, mancheranno le risorse. “Bisogna spalmare le tutele su tutti”, ha puntualizzato il ministro Fornero, senza dire dove, come, entro quando. Nel frattempo, i dati sulla disoccupazione giovanile e sulla povertà delle famiglie sono ogni mese più drammatici.
Qualche giorno fa la padrona della tintoria vicino casa mi ha raccontato che la mattina era stata al supermercato. A un certo punto hanno fatto irruzione due giovani decisi, le pistole in pugno, che si sono avvicinati alle casse e si sono fatti dare i soldi. Mi aspettavo che la donna mi manifestasse la sua rabbia nei confronti dei rapinatori, ma mi sbagliavo. Il suo era un sentimento di comprensione: “Ma è chiaro, non c’è lavoro, cosa possono fare d’altro?”. Se vuole evitare che i giovani si diano alle rapine o si affidino al “welfare” della mafia è indispensabile che il governo dei professori cominci a pensare con la testa degli studenti. Qualcuno ha detto che mai un governo è stato così lontano dalla realtà, dalla vita quotidiana del Paese che dovrebbe guidare. Non era difficile prevederlo al momento del suo insediamento, quando cioé ci si è resi conto che il nuovo esecutivo avrebbe preso ordini dal sistema bancario internazionle. Chi è più lontano dal Paese reale di un accademico o di un banchiere?
E pensare che i professori Monti e Fornero, docenti di economia a Torino, dovrebbero saperlo. Hanno letto Keynes, le sue formule le avranno scritte migliaia di volte alla lavagna: il reddito nazionale aumenta se aumentano i consumi, gli investimenti o la spesa pubblica. Le prime due leve sono bloccate per la mancanza di una politica dei redditi (meno salari uguale meno consumi uguale meno investimenti uguale meno occupazione), mentre la terza è stata “inibita” ad arte con la costruzione di un’Europa esclusivamente monetaria, attenta soltanto ai vincoli di bilancio e non al benessere dei cittadini. I principali flussi finanziari hanno direzioni molto precise, non sarebbe difficile colpirli, ma chi li governa ha più potere di chi ci governa e spesso chi li governa e chi ci governa sono complici. È una sola gigantesca rapina internazionale che provoca e continuerà a provocare, se non muteranno gli equilibri, un’infinità di piccole rapine ai supermercati di quartiere.