Gli impuniti del depistaggio
Intervista a Davide Mattiello sulla legge sostenuta da Libera per istituire finalmente il reato di depistaggio
C’è un reato che sebbene commesso spesso e platealmente resta sempre impunito: il depistaggio. Non c’è indagine in Italia, di quelle che contano, di quelle sulle stragi, dove non si colga l’ombra del depistaggio, spesso confuso con l’errore investigativo o tutto al più punito con la contestazione del falso. E qui c’è sempre la prescrizione incombente.
Nel processo che si è appena concluso per l’uccisione di Mauro Rostagno, caso in cui il depistaggio si tocca con mano, c’è un maresciallo dell’Arma che l’avrebbe potuto meritare in pieno. La sua posizione, assieme a quella di un’altra decina di testimoni, verrà vagliata come falso.
L’onorevole Davide Mattielo (indipendente Pd ma soprattutto uomo di Libera) sta provando in Parlamento a fare introdurre nel codice penale il reato di depistaggio.
“L’approvazione del nuovo reato di depistaggio ed inquinamento processuale – spiega – rappresenta una presa d’atto doverosa e dolorosa. La democrazia nel nostro Paese, infatti, è stata ed è spesso avvelenata da chi ostacola la ricerca della verità, almeno di quella particolare verità che è quella giudiziaria. È una presa d’atto dolorosa, perché ricorrere all’ennesima nuova norma penale rappresenta pur sempre un fallimento per chi, come me, ha un’idea di Stato fondata sulla libertà della persona e sulla presunzione di onestà”.
– Un passo importante ma che induce al pessimismo?
“Non è con il diritto penale che si monda la società. Quando si arriva a dover intervenire attraverso la sanzione penale di una condotta tanto radicata e diffusa come quella della quale trattiamo, si sta con ciò stesso denunciando una grave deficienza democratica sul piano culturale. Il diritto penale non basterà mai, se non si agisce efficacemente la leva culturale”.
– Il nuovo articolo 375 prevede di colpire, tra le altre, la condotta di chi immuti artificiosamente lo stato delle persone connesse al reato. A cosa dobbiamo pensare leggendo questa frase?
“Dobbiamo pensare, tra le altre, alla possibilità che qualcuno avvicini un detenuto, magari un detenuto al 41-bis, e gli suggerisca quale parte recitare in commedia. Dobbiamo pensare, tra le altre, alla possibilità che qualcuno avvicini un collaboratore di giustizia e gli suggerisca quale parte recitare”.
– Caso Scarantino, depistaggio strage via D’Amelio ma non solo?
“Va esplorata la vicenda del detenuto Alberto Lorusso che per un breve quanto turbolento periodo tra l’aprile e il dicembre 2013 ha fatto compagnia al boss Totò Riina nel carcere di Opera. Un periodo caratterizzato da una sorprendente loquacità del boss. Un vero e proprio fuoco d’artificio”.
– Tornando al testo dell’articolo 375 del codice penale, si legge: «chi distrugge, sopprime, occulta o rende comunque inservibile in tutto o in parte un documento»…
“E come non pensare al 5 agosto 1989, quando qualcuno sparò all’agente Nino Agostino e a sua moglie Ida, uccidendoli? Come non pensare a quelle ore che seguirono il duplice omicidio, in cui venne letteralmente portato via un «frego» di carte dall’armadio di Agostino, carte mai più ritrovate. Carte su cui Agostino aveva appuntato nomi e relazioni. Un lavoro, quello di Agostino, legato in qualche modo a quello dell’agente Piazza, anch’egli ucciso pochi mesi dopo, e al fallito attentato contro Falcone all’Addaura il 20 giugno dello stesso anno. Un lavoro prezioso, visto che Falcone, presentatosi al funerale di Agostino, disse: «A questo ragazzo devo la mia vita». Quel «frego» di carte sarebbe stato portato via da un agente di polizia intervenuto sul posto, successivamente scoperto e processato, ma per il quale nel febbraio del 2014 la procura di Palermo ha dovuto chiedere l’archiviazione per intervenuta prescrizione”.
– Sappiamo bene poi che il depistaggio è sintomatico di alleanze ignobili tra organizzazioni criminali in senso stretto e quell’area vasta composta da esponenti delle istituzioni, della politica e dell’economia. Detto altrimenti il depistaggio è semplicemente l’intera storia del rapporto non risolto tra mafia e Stato. Quel rapporto che passa attraverso l’omicidio di Peppino Impastato, di Mauro Rostagno, di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin…
“È davvero giunto il tempo che si converta alla lealtà democratica chi ha fin qui vissuto di altre, «maledette» lealtà. In attesa che questo avvenga, attrezziamoci comunque e prudentemente con questo nuovo “.