Gli ecomostri di Cibali
La variante dei cavalieri, dei banchieri e del Sindaco Bianco
Un incendio, mai si era visto così forte, la mattina del 12 luglio, in pieno centro città, ha incenerito diciotto ettari di verde, di orti e di bosco.
Due giorni prima, in silenzio, la Giunta Comunale aveva approvato la variante al Piano Regolatore che prevede proprio in quell’area, la costruzione di quindici palazzi di massimo dodici piani, centri commerciali, alberghi e migliaia di metri quadri di parcheggi. 165 mila metri cubi di cemento.
L’assessore all’Urbanistica ha ritenuto opportuno dichiarare che la coincidenza tra l’incendio e l’approvazione in Giunta della variante non è altro che “una ridicola insinuazione”. Benvenuti a Catania, la città degli “uomini che sussurrano le varianti”.
La storia
Cibali. Quartiere popoloso del centro cittadino catanese. Un tempo meta di vacanze in campagna, a partire dagli anni ‘60 fu edificato selvaggiamente. Lì un grande parco di diciotto ettari è rimasto, quasi per magia, incontaminato. C’erano ‘50 anni fa e ci sono ancora oggi i terrazzamenti con gli orti, campi dove i ragazzi giocano a pallone, un piccolo bosco, l’ingresso delle cave di rena rossa. Quelle di Rosso Malpelo. Prima dell’incendio vi si vedevano addirittura passeggiare i cavalli e fino a qualche anno fa un pastore andava lì con le capre e ogni mattina consegnava latte e ricotta agli abitanti del quartiere.
Nel 1969 il Comune di Catania decise, tramite il Piano Regolatore, di costruire lì un centro direzionale per ospitare gli uffici pubblici e i servizi, concentrati allora nel solo centro storico. Ne sarebbero dovuti sorgere due: uno nel quartiere di Cibali e uno in quello di Picanello, collegati da una circonvallazione che avrebbe risparmiato alla città il grande traffico.
Non se ne fece nulla fino al 1980 quando il Consiglio Comunale decise, obbedendo alle norme del PRG, di avviare l’iter di approvazione di un Piano particolareggiato che avrebbe consentito le costruzioni.
Fiutò l’affare la Democrazia Cristiana che bloccò le procedure di esproprio previste nel Piano particolareggiato per dare tempo ai “cavalieri dell’apocalisse mafiosa”, gli imprenditori Costanzo, Graci e Finocchiaro, di costituire un consorzio e di acquistare per pochi spiccioli tutti i terreni che di lì a poco sarebbero stati dichiarati edificabili.
Il Consorzio dei cavalieri denominato “Centro Direzionale di Cibali” acquistò tutto e da proprietario unico dell’area presentò al Comune la proposta di un enorme piano di lottizzazione, alternativo al piano particolareggiato, per la costruzione di palazzi residenziali: 330mila metri cubi di cemento.
L’amministrazione democristiana, supportata da Rino Nicolosi, allora Presidente della Regione, accelerò l’iter e tentò di far approvare il piano di lottizzazione in fretta e furia. Ma la storia non andò come i cavalieri e i democristiani avrebbero voluto che andasse.
Le inchieste travolsero Costanzo, Graci e Finocchiaro e indussero alla prudenza i consiglieri comunali che non ne vollero sapere di dare il via libera alle costruzioni. Nessun piano di lottizzazione fu mai approvato, nessuna cubatura fu definita e nessun titolo edilizio fu concesso. I giardini di Cibali, le cave di Rosso Malpelo, le capre e i cavalli erano salvi.
Le banche
Il Consorzio per il fallimento dei soci e dell’affare si ritrovò di lì a poco pieno di debiti. Tutte le proprietà passarono quindi nelle mani della grande banca creditrice, Sicilcassa. Fondata nel 1861 e da sempre al servizio dei grandi affari siciliani, Sicilcassa è stata il più grande Istituto di credito dell’isola ma nel 1997 è costretta a dichiarare bancarotta. Le nomine politiche, i prestiti facili concessi agli imprenditori amici, i finanziamenti elargiti per il “sacco di Palermo” e di Catania, le “lunghe mani della mafia economica” e 1200miliardi di lire di deficit hanno portato al crac. La Banca d’Italia pose allora in liquidazione Sicilcassa e nominò i commissari per gestirne il patrimonio, di cui fa parte anche il Consorzio Centro Direzionale di Cibali e, di conseguenza, i diciotto ettari di terreni acquistati dai cavalieri.
Tito Musso, banchiere di Cuneo, viene nominato da Bankitalia commissario del Consorzio Centro Direzionale di Cibali, con l’unico interesse di ottenere qualche decina di milioni di euro dal terreno e consentire così la definitiva liquidazione del Consorzio e quindi di Sicilcassa.
Cosa fare dei terreni di Cibali
Il Dottor Tito Musso, qualche anno fa, provò a vendere direttamente le aree. Ci tentò nella maniera più facile e banale. Un annuncio immobiliare di questo tenore: vendesi terreno a Cibali, forse edificabile, di 174mila 943 metri quadri. Euro 47milioni. Nessuno chiamò, neanche per avere informazioni.
Si rese dunque necessario cambiare strategia. Era evidente che nessuno si sarebbe mai comprato quei terreni senza avere la certezza di potervi fare profitto, grande e immediato. Per guadagnare soldi dall’area di Cibali bisognava prima ottenere i titoli edilizi, rendere in fretta e furia le aree edificabili. Bisognava insomma approvare una variante al Piano Regolatore, un nuovo piano di lottizzazione.
Il Consiglio d’amministrazione del Consorzio commissariato sapeva bene di dover indorare la pillola. Chiedere al giorno d’oggi una variante per costruire in una zona già massacrata dal cemento non è facile. Così decise di pubblicare un avviso pubblico aperto al territorio al fine di acquisire le proposte su come utilizzare l’area: un grande esperimento partecipazione democratica.
Le proposte arrivarono da Legambiente che propose un parco, dall’associazione “Le Cave di Rosso Malpelo” che propose un parco minerario, dall’Università che propose di occuparsi degli orti, dagli abitanti del quartiere che chiesero maggiore partecipazione nelle scelte e spazi per pubblica utilità. Due proposte arrivarono anche dai signori del cemento e sono state le uniche a interessare davvero il Consorzio. Proprio da queste due proposte è nata la variante.
La variante e i nuovi costruttori
Dal 1988 la vicenda dell’area di Cibali non veniva affrontata dal Consiglio Comunale e dalla Giunta municipale. A quasi trent’anni di distanza le carte sono state protocollate e sono finite sulla scrivania del Sindaco, poi della Direzione Urbanistica e infine sul grande tavolo della Giunta per essere approvate prima di essere spedite in Consiglio Comunale per la discussione e la definitiva approvazione.
Il 10 luglio 2017 la Giunta Municipale al gran completo ha dato unanimemente parere positivo alla proposta di variante presentata dal Consorzio. Il Masterplan della variante prevede la costruzione di quindici palazzi di massimo dodici piani, un centro congressi, un’area commerciale, un residence, una struttura alberghiera, uno studentato universitario privato e migliaia di metri quadri di asfalto destinati a parcheggi.
La variante si regge esclusivamente su due proposte di costruzione presentate dalla Società Fabrica Immobiliare SGR Spa e da alcuni studi d’ingegneria, progettazione e costruzione rappresentati dagli ingegneri catanesi, Aldo Palmeri e Dario Consoli.
Fabrica Immobiliare SGR Spa è una delle più importanti società immobiliari d’Italia, partecipata dal Gruppo Caltagirone e dal Gruppo Monte dei Paschi di Siena. Gestisce fondi immobiliari per 3,5 miliardi di euro. La variante concederebbe a tale società la possibilità di costruire 48mila metri cubi sull’area, da destinare a residence universitario e a cento appartamenti. Palazzi di massimo dodici piani con attorno migliaia di metri quadri di strade e parcheggi.
Gli ingegneri catanesi Palmeri e Consoli sono al centro delle più grandi operazioni immobiliari cittadine. Aldo Palmeri è stato “amministratore delegato della Benetton, ha privatizzato la Centrale del latte di Roma con Rutelli Sindaco, è stato liquidatore della Gepi che trasformò in Itainvest” ed è amministratore di Istica Cecos la società, prima del gruppo immobiliare Parnasi e ora passata al controllo di Unicredit, che possiede la maggior parte dei terreni di Corso dei Martiri dove sta per essere avviata una delle più grandi cementificazioni della città dopo lo sventramento di San Berillo e la costruzione di Corso Sicilia.
Le società di Palmeri e Consoli, Management and Financing Consulting, Studio associato T&P Tecnologia e Progetti, e Studio d’Ingegneria Consoli-Miranda & Associati hanno ottenuto l’inserimento nella proposta di variante di novantaduemila metri quadri di edilizia residenziale e commerciale.
Le aree non cementificate, circa otto ettari che si sommano ai tre derivanti dagli oneri di urbanizzazione, secondo il progetto di variante potranno essere cedute al comune, solo se l’ente ne farà richiesta, e solo dopo aver ottenuto il Consorzio i titoli edilizi per costruire. Tali aree potrebbero essere cedute al pubblico ma senza alcun onere per i costruttori e per il consorzio di renderle fruibili. Guarda caso sono proprio le aree su cui si concentravano i progetti di Legambiente, associazioni e Università.
Gli ecomostri e il Sindaco Bianco
Quale senso può avere per una città come Catania costruire torri di dodici piani in mezzo a un parco, veri e propri ecomostri, in un quartiere già fortemente urbanizzato e cementificato, dove mancano spazi verdi e luoghi di aggregazione?
Perché la Giunta Comunale guidata da Enzo Bianco, dopo trent’anni di blocco (ci fu solo una timida presa di posizione del Sindaco Stancanelli nel 2010 in merito all’approvazione del PRG), decide di ritentare la cementificazione dell’area di Cibali?
Per quale motivo l’Amministrazione Comunale approva una delibera a esclusivo interesse di una banca in liquidazione e di tre aziende private, tutte di milionari immobiliaristi?
Catania pare si avvii verso un nuovo “sacco”. I banchieri di Unicredit stanno per rivendere a chissà chi i titoli edilizi di Corso dei Martiri, per centinaia di vani, parcheggi e zone commerciali; il piano casa, il regolamento edilizio, e il piano di recupero del centro storico consentiranno di demolire e ricostruire, con premi di cubatura spropositati; la variante di Cibali sbloccherà la speculazione prima finanziaria e poi edilizia su una delle poche aree a verde in contesto urbano rimaste. Gireranno soldi, tanti, e buona parte di questi saranno virtuali, titoli finanziari da usare con le banche.
D’altronde di nuove costruzioni a Catania non ne ha bisogno nessun altro che gli speculatori. Sono migliaia i vani sfitti, i palazzi abbandonati, le palazzine e le botteghe appena costruite vuote per assenza di acquirenti.
E allora perché concedere varianti, consumare altro suolo, impegnare le Istituzioni in affari del genere? Come trent’anni fa il Palazzo non risponde ai cittadini ma ai potenti, alle loro esigenze, ai loro bisogni. Che siano essi banchieri da salotto, amici di amici o costruttori.
Come trent’anni fa il Consiglio Comunale sarà chiamato a pronunciarsi sulla variante dei cavalieri, come trent’anni fa gli assessori diranno di fare gli interessi della città, per il lavoro e per il progresso, come trent’anni fa a Cibali un ragazzino tirerà un pallone in un immenso campo improvvisato in mezzo al parco, vicino agli orti e al bosco e farà goal tra due montagnette di pietre. Speriamo che segni ancora, che rimanga il campo, che si vinca la partita, come trent’anni fa, contro speculatori, sindaci e cavalieri.