“Giornalisti pentitevi!”
È indubbio che giornali e televisioni abbiano un ruolo non piccolo nel mantenere il Sistema italiano. Basta guardare Berlusconi. O, in Sicilia, Ciancio.
Vari colleghi partecipano purtroppo, in posizione subordinata, alla gestione del Sistema. Non tutti sono di destra, e anche a “sinistra” a volte l’avidità di audience fa brutti scherzi. La maggior parte dei giornalisti, però, non ne fa parte. Svolge il proprio lavoro onestamente non occupandosi di manovre politiche ma di cronaca e di informazione. Negli ultimi anni la loro condizione è decaduta moltissimo e il giornalista tipico oramai è un precario.
Io ho avuto spessissimo polemiche con colleghi. Ma non ho mai fatto confusione fra il giornalista, che può sbagliare, e il suo padrone, che invece ha interessi precisi. Nè mi sono mai associato alle ricorrenti (e interessate) campagne contro l’Ordine dei giornalisti, il sindacato dei giornalisti ecc. Con mia grande sorpresa, negli ultimi tre anni a volte me li sono invece ritrovati a fianco (parlo dei nazionali e non dei siciliani), ad esempio nella difesa del giornalista perseguitato Pino Maniaci.
Nessuno invece ha mai fatto campagne – che Dio sa se servirebbero – contro l’Ordine degli Editori. Che, anche se formalmente non esiste, si può facilmente individuare nell’insieme dei grossi imprenditori italiani.
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Perciò mi sembra screanzato, e anche ingiusto, quel perentorio “giornalisti pentitevi!” lanciato nei giorni scorsi da un politico professionista italiano. Uno che, parlando in piazza a Catania, ha ignorato completamente il vicinissimo Ciancio prendendosela viceversa… con la lontana e incolpevole Gabanelli.
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Ci sono giornalisti che non hanno di che pentirsi. Dopo trentatre anni di giornalismo antimafia, con giornali liberi, sempre coi movimenti di base e mai coi potenti, personalmente non capisco bene di che cosa dovrei mai pentirmi. Io, o i miei colleghi giovani che, in condizioni non meno precarie, lavorano con noi.
Noi dei Siciliani, di Avvenimenti e degli altri giornali liberi non abbiamo mai ricevuto alcun aiuto d’alcun genere dai numerosi politici di mestiere che abbiamo incontrato nel corso di tutti questi anni: niente imprenditori, niente pubblicità, niente di niente. Non che ce l’avessero con noi giornalisti antimafia, ci mancherebbe. Ma avevano cose più urgenti a cui pensare.
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È facile urlare ogni tanto contro “i giornalisti”. Facile, e remunerativo. È difficile impegnarsi concretamente ogni giorno per fare il giornalismo libero, non a parole ma a fatti.
Difficile, e di altissimi costi, perché significa rinunciare a una vita normale, alle minime comodità e sicurezze della vita, da quando si è giovani a quando si diventa (se ci si arriva) vecchi.
Quando i politici di mestiere come Grillo verranno umilmente e seriamente a chiederci come si fa il giornalismo di cui non pentirsi, allora potremo prenderli sul serio. Prima li ascolteremo distrattamente: dei politici fra tanti.