Giornali “a sinistra” all’ora dell’aperitivo
C’erano una volta Paese Sera, Avvenimenti, i grandi e amati giornali popolari. E ora? Qualcuno ne ha comprato i nomi. Ma solo quelli
E tramonta questo giorno in arancione
e si gonfia di ricordi che non sai
mi piace restar qui sullo stradone
impolverato, se tu vuoi andare, vai…
Bartali – Paolo Conte
Mi ritrovo all’Antica Focacceria S. Francesco quasi per caso per incontrare una giovane collega che ha seguito un annetto fa un mio workshop sulla documentaristica. Non alla Focacceria originale di Palermo, ma a quella aperta a piazza della Torretta a Roma. Proprio accanto alla sede dell’Ordine dei Giornalisti. La collega è decisamente scoraggiata. Da mesi scrive gratis per una testata online, altri non l’hanno pagata, di trovare anche una mezza collaborazione estiva in qualche testata neanche se ne parla.
Dividiamo uno sfincione (pagato a peso d’oro, se lo sapessero a Palermo) e io mi ritrovo a fare l’avvocato del diavolo. “Cercati un lavoro, uno qualsiasi, e lascia perdere per ora. Qui non c’è uno spazio uno per la vostra generazione”. Lei mi guarda sconfortata. “Neanche a un call center accettano il mio curriculum”. E già. Come fai a farti un curriculum se nessuno ti fa lavorare, firmare, nessuno ti insegna il mestiere, la macchina, i trucchi, la noia e l’ossessione del lavoro del cronista? Otto euro a pezzo. Oggi questo è. Non ci paghi neanche una telefonata per scriverlo il pezzo. E allora ti dedichi al taglia e incolla dal web e dalle agenzie. E pace. E fine. E basta.
* * *
Sfruttamento, approssimazione, casta, mezzucci e sotterfugi e salotti autoreferenziali e illegalità: di questo parliamo a due metri dal portone dell’Ordine. In questo paese che va in malora. So che ci sono dei progetti editoriali nell’aria, nuovi giornali che nascono mentre a decine altri chiudono, falliscono, tagliano, sbracano, si svendono, vanno a puttane.
Neanche ne accenno. Perché dovrei far un così cattivo servizio a questa ragazza che crede ancora che esista l’informazione? In Italia, poi. “Se vuoi fare questo mestiere, imparare qualcosa, tanto vale andare all’estero”. Lo dico proprio nei giorni in cui, dopo quasi trent’anni, ho deciso di cambiare mestiere, metro, linguaggio. Lo dico oggi, perché è così. E così vagano i miei pensieri.
Uno
C’era una volta un giornale che si chiamava Avvenimenti e per almeno quindici anni fece la differenza. Chiuse, con una montagna di debiti, all’arrivo del terzo millennio. Poi ci fu un tentativo di farlo rinascere e sembrava una cosa seria, ma un furbacchione con un cognato con una montagna di soldi se lo prese.
Tac! Golpe, dissero. Romantici inguaribili, eterni attempati adolescenti di questa sinistra credulona. La famiglia Bonaccorsi, con l’aiuto non marginale del cognato Ivan Gardini, il giornale se lo acchiappò – ciao ciao Avvenimenti -, compresa l’Altritalia e il finanziamento pubblico di qualche centinaio di migliaia di euro, e lo impacchettò ben bene tutto quanto giornalisti e poligrafici compresi e, fatto un bel fiocco con un nome nuovo nuovo (Left), lo regalò di fatto a quell’allegra congrega dei cosiddetti “fagiolini”, ovvero la comunità di pazienti e collaboratori dello psichiatra Massimo Fagioli.
Un club di simpaticoni molto potenti in particolare nella sinistra salottiera e acculturata romana. Che innumerevoli danni ha fatto proprio a sinistra. Basti rimembrare il rincoglionimento di Fausto Bertinotti sulla via della terapia collettiva fagioliniana. E il conseguente imbriacamento senile che contribuì al tracollo del 2008.
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Fagioli in terapia (collettiva, ovvero lui che parla a ruota libera per ore davanti a qualche centinaio di persone e ogni tanto concede qualche secondo al pubblico adorante) dettava la linea, che fosse un delirio o una cosa seria o almeno vagamente pensata. La proprietà imponeva. E imponeva anche l’edificante doppia pagina del “maestro” che settimanalmente impreziosiva il giornale. Che contributo fondamentale al dibattito della nuova sinistra italiana.
Per mesi, tanto per fare un esempio, i lettori di Left/Avvenimenti (il sottotitolo Avvenimenti era rimasto solo per garantirsi il finanziamento pubblico) lessero ampie disquisizioni sul tema “pompino con l’ingoio o no?”. Poteva la sinistra alternativa al Pd non affrontare un tema così cruciale? E così andava.
Con le ossessioni sessuali del club fagioliniano, e l’omofobia, le furbizie politiche salottiere, il saccheggio impastrocchiato del pensiero di Spinoza, l’occhiolino ai radicali e a Pannella, etc etc.