giovedì, Novembre 21, 2024
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Gaetano Falsaperla emigrante, ovvero Il treno di notte

All’ultima battuta di Gaetano Falsaperla, emigrante, segue così un glaciale silenzio che ha sullo sfondo il rumore del treno che avanza inesorabile verso la meta. Tutti i personaggi nello scompartimento prendono sonno in una lunga pausa di riflessione e allora lo stesso Falsaperla, sfinito, si addormenta. Ora una prorompente voce fuori campo cambia, ancora una volta, il livello della rappresentazione: è l’Uomo, incarnato da Ignazio Buttitta, che manifesta la potente rabbia dello spirito di fronte a tanta ingiustizia. Ne riportiamo la traduzione in italiano.

 

La Sicilia non ha più nome

né casa e paese;

ha i figli sparsi per il mondo

sputati come cani,

venduti all’asta

Soldati disarmati

che combattono con le braccia.

 

Con le braccia,

i rami verdi della Sicilia

rimescolano la terra,

Con le braccia

rompono le zolle,

seminano

e fanno orti e giardini.

 

Con le braccia,

fabbricano palazzi,

con le braccia

costruiscono scuole,

ponti, officine e aeroporti.

 

Con le braccia,

le api da miele della Sicilia, della mia terra,

aprono strade,

perforano montagne,

svuotano la pancia della terra.

 

Con le braccia,

i soldati senza patria,

gli stracciati,

le carni senza lardo

vestono d’oro i porci di fuori.

 

Li chiamano terroni,

li chiamano zingari,

li chiamano piedi fetenti;

e hanno i figli e le madri

che contano i giorni

con gli occhi bagnati;

 

La Sicilia non ha più nome;

ma milioni di sordi e di muti

sprofondati in un pozzo

che io chiamo e non sentono,

e se allungo le braccia

mi mordono le mani.

 

Io gli calerei le corde delle vene,

le reti degli occhi per tirarli dal pozzo;

perché qui sono nato

e parlo la lingua di mio padre;

e i pesci, gli uccelli, il vento, pure il vento!

Entra nelle orecchie e ciarla in siciliano.

 

Qui sono nato,

e se mi bacio le mani

bacio le mani dei miei morti;

e se mi asciugo gli occhi

asciugo gli occhi dei miei morti.

 

Qui sono nato

allattai in questa terra

le succhiai il sangue:

e se mi tagliate le vene?

Se mi tagliate le vene,

vi bruciate le mani!

 

(da Un secolo di Storia, scritto nel settembre 1970 da Ignazio Buttitta)

 

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