Fra inefficienza e business: lo spreco dei rifiuti
La gestione pubblica del ciclo dei rifiuti segna il passo, mentre le mafie inseriscono l’ex isola felice nelle reti dei traffici illegali
Da molto tempo le mafie non sono più solo una struttura “militare”, abituata a marcare il proprio territorio con assassinii e bombe. Come ben sanno i lettori de I Siciliani, le mafie sono ormai soprattutto affarismo, colletti bianchi che dominano tramite intrecci economici e politici di altissimo livello.
Nello scorso numero si è cercato di delineare, con una panoramica generale, la penetrazione e il consolidamento delle piovre nel tessuto economico e sociale dell’Abruzzo. In questo articolo ci si concentrerà su un business particolare: quello dei rifiuti. L’ex isola felice vive da moltissimi anni una vera e propria emergenza nella gestione pubblica del ciclo di raccolta e smaltimento dei rifiuti, segnati da inefficienze e gravissimi ritardi. Una situazione che ha permesso il consolidarsi di business privati. Spesso legali. Ma non sempre.
Nelle pieghe delle inefficienze pubbliche, e nel silenzio della classe politica (quando non connivente), l’Abruzzo è diventato infatti uno snodo privilegiato di reti nazionali e internazionali di traffici illeciti di rifiuti.
L’attuale situazione d’emergenza pubblica è iniziata nelle primissime ore del 17 febbraio 2006 quando l’intera massa dei rifiuti (mc. 450.000), mista a terra e percolato, della discarica “La Torre” (comune di Teramo) scavalca l’argine di contenimento e si riversa nel laghetto sottostante, provocando la fuoriuscita di acqua e percolato verso alcuni affluenti del fiume Vomano, principale corso d’acqua della Provincia di Teramo. La chiusura della discarica “La Torre” costringe l’intera provincia di Teramo (trovatasi improvvisamente senza alcun impianto) a doversi rivolgere alla discarica “Colle Cese di Spoltore”. Il risultato è che in pochi anni anche “Colle Cese”, nel maggio 2012, è costretta a chiudere anticipatamente le sue attività. Metà territorio regionale (due intere province, ma non solo) sono totalmente sprovviste di discariche e impianti di smaltimento rifiuti.
Tra le due chiusure, succedono vari altri fatti.
Il 2009 vedrà la crisi di un altro impianto, costretto anche a chiudere al centro di uno scontro tra la Regione e alcuni Comuni, con la prima che arriva a formalizzare accuse di una gestione irregolare degli impianti, supportata da verbali dell’Agenzia Regionale per la Tutela dell’Ambiente che descrivono persino capannoni con tetti sfondati e percolato tracimante.
Il 23 settembre 2010 irrompe nella cronaca giudiziaria l’inchiesta “Re Mida” della Procura di Pescara: le indagini portano alla luce una vera e propria rete affaristico-clientelare che girava intorno alla costruzione di un inceneritore nel Teramano e che vede coinvolti parlamentari abruzzesi, assessori regionali e vari altri politici.
La cronaca degli ultimi mesi è densa di nuove emergenze, che arrivano addirittura a penalizzare alcuni “Comuni Virtuosi” (ovvero quelli che hanno abbondantemente raggiunto e superato i limiti di legge della percentuale minima di raccolta differenziata) in Provincia di Chieti: ad Ottobre improvvisamente si vedono chiudere, con i camion già carichi, i cancelli dell’impianto del Vastese, dove conferivano la frazione organica, e sono costretti (dopo ore affannose) a conferire persino in impianti in Emilia Romagna, con costi molto più alti. In queste settimane gli stessi Comuni stanno vedendo anche l’impianto del loro territorio (Lanciano) in completa sofferenza, e quindi sono costretti ancora a rivolgersi altrove. E i costi, ovviamente, lievitano.
Sempre nei mesi scorsi sono avvenuti altri due episodi clamorosi. Il progetto di ampliamento di un impianto già fortemente in sofferenza è stato rinviato dalla Commissione VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) con otto prescrizioni tra le motivazioni, quasi un intero nuovo progetto.
Fra le prescrizioni, è stata richiesta la cartina con indicata la distanza da un fiume, la gestione delle acque piovane, le distanze da altri insediamenti e … “tutta la documentazione progettuale” prevista dal Decreto Legge sulle discariche.
Intanto arrivava la notizia che l’Italia rischia una mega-multa dall’Unione Europea per 255 discariche illegali (56 milioni di euro e, se non si provvederà, altri 256 mila al giorno) mai bonificate. Subito dopo Campania e Calabria, la terza Regione per numero di discariche (37) è l’Abruzzo, anche a dimostrazione dell’intensa attività delle ecomafie nella Regione.
Perché, come già accennato all’inizio dell’articolo, mentre il pubblico arrancava la criminalità organizzata si è inserita prepotentemente. Il Rapporto della Commissione Bilaterale Parlamentare sul ciclo dei rifiuti, sul finire Anni Novanta, concluse che “L’Abruzzo presenta, all’attualità, una particolare appetibilità economica ed è oggetto di attenzione da parte dell’imprenditoria deviata e della criminalità organizzata, che in questo territorio ricercano nuove frontiere per investire il denaro proveniente dalle attività illecite”. Ed infatti molteplici sono state le inchieste della magistratura (e della stampa) su traffici e smaltimenti illeciti.
Il giornalista Gianni Lannes denuncia nel novembre 2008 l’aumento record di tumori tra Chieti, Pescara, Tollo, Miglianico e Spoltore, dopo l’arrivo nel 1994 di scorie industriali dal nord. L’inchiesta riporta che nel 1994 Nicola De Nicola, responsabile legale della Sogeri srl, ha innescato l’intera vicenda sfruttando la fornace Gagliardi in contrada Venna a Tollo. Almeno 30mila tonnellate di rifiuti sepolte in riva al torrente Venna e in due capannoni “aperti alle intemperie e ai visitatori”. Spiccano scarti sanitari, farmaceutici, di industrie chimiche, cadmio, mercurio, cromo esavalente, manganese, alluminio, idrocarburi pesanti.
In meno di due anni, dal giugno 1994 al marzo 1996, fu documentata la gestione di centinaia di migliaia di rifiuti speciali, provenienti dal Piemonte e dalla Lombardia, da parte del clan camorristico dei Casalesi. I rifiuti derivano dalla lavorazione di metalli pesanti. I Casalesi acquistano i rifiuti tramite intermediari e, con documenti falsi, li fanno arrivare in centri di stoccaggio di Toscana, Umbria, Lazio e Abruzzo. Da lì i rifiuti vengono dirottati in aziende e discariche abusive delle provincie di Caserta, Benevento e Salerno. Nel dicembre 1996 viene avviata un’operazione che documenterà un giro di rifiuti speciali e industriali provenienti dalla Lombardia e smaltiti illegalmente nelle cave abbandonate della Marsica.
Nel 1998 un’operazione condotta dai Carabinieri e dal Corpo Forestale dello Stato sgomina un’organizzazione che scaricava nella Marsica rifiuti industriali di varia natura. In soli 23 giorni erano confluite nella Marsica 440 tonnellate di fanghi provenienti da industrie di Caserta, Napoli, Frosinone, Rieti, Roma, La Spezia e Isernia. In quegli anni l’indagine “Gambero”, su un giro di traffici di rifiuti industriali, coinvolse 60 ditte di tutta Italia.
Nel giugno 2002 un’inchiesta dei carabinieri di Chieti, di Macerata e del reparto territoriale di Castello di Cisterna (Na), porta all’arresto di 5 persone per associazione per delinquere finalizzata allo smaltimento illecito di rifiuti, alla truffa e al falso in bilancio. L’organizzazione simulava lo smaltimento in Abruzzo di 20 mila tonnellate di rifiuti, finite in realtà in discariche abusive in Campania.
L’indagine della Procura di Chieti e del NOE di Pescara, denominata “Quattro Mani”, sgomina nel dicembre 2008 un’organizzazione dedita al traffico illecito di rifiuti con base in Abruzzo e diramazione in diverse regioni d’Italia. Centro del traffico illecito che in due anni aveva smaltito 150mila tonnellate di rifiuti incassando 3 milioni di euro era un impianto della zona industriale di Chieti Scalo.
L’obiettivo di quest’articolo certamente non era quello di riportare un mero elenco di inchieste (negli anni ne ho censite almeno 30, e sicuramente altre mi sono sfuggite), un “libro nero” che vede continuamente la scrittura di nuovi capitoli: ciò che si è cercato di delineare sono le radici dell’attuale emergenza dei rifiuti in Abruzzo e la presenza ramificata e consolidata di veri e propri network mafiosi.