Formia. Fango e politica
di Carmine Mancone
Una cittadina come tante: esondazione delle acque, disastro, fango. Natura matrigna? Forse. Ma anche governanti incoscienti.
“Finalmente abbiamo un grande sindaco!”
“Questa Formia ci piace”
“Lo avevo detto che sarebbe stato un grande sindaco”
Ho raccolto un po’ di autocelebrazioni social di esponenti dell’amministrazione di centrodestra formiana pubblicati su innumerevoli interventi un mese fa in occasione del “Med Blue Economy”, appuntamento organizzato dal Consorzio Industriale del Lazio, allestito nell’area archeologica di Caposele/Pineta di Vindicio. Di mare ho visto poco, di movida ho visto di più. Mi è sembrato una sorta di bluewashing.
Per i lettori siciliani, in quest’area archeologica c’è il cuore dell’antica Formia, dove è stato ucciso Marco Tullio Cicerone dai sicari di Marco Antonio. Un’area diventata sotto tanti punti di vista (e di ritrovi) più un’occasione per la dolce vita delle notti formiane che un luogo di preservazione e promozione del patrimonio archeologico.
Oggi l’area archeologica si presenta così, devastata dall’esondazione del Rio Fresco. Ho cercato in giro sulle stesse pagine social qualcuno che ci mettesse la faccia, qualcuno che desse una spiegazione, qualcuno. Uno!
Nessuno.
Ovviamente la colpa è della bomba d’acqua, del cambiamento climatico, mica dell’incuria, della prevenzione e delle manutenzioni latitanti, dell’assenza delle opere di contenimento.
Il bluewashing, come operazione di pulizia e copertura di un intonaco ammuffito rende elettoralmente ma non risolve i problemi, tanti, troppi, della città. Dura un mese, la muffa riesce, più di prima. E lì il washing, di fango, te lo fa il torrente.
#latristezzaèINfinita