Falcone colonia di mafia fra Tindari e Barcellona
Il 5 marzo 1996, ad essere ucciso sul lungomare cittadino, fu il barcellonese Felice Iannello, precedenti per truffa e ricettazione e imputato in un procedimento per furto a un deposito di acque minerali. E originari di Falcone furono pure due vittime di lupara bianca: Francesco Micari, fatto sparire la notte del 12 febbraio 1991 e Vincenzo Bertilone, scomparso il 16 maggio 1996.
Il conflitto modificherà l’organigramma delle cosche locali sino a consacrare leader Santo Gullo. Fu Pino Chiofalo, nei primi anni ’90, a rivelare agli inquirenti l’importanza assunta dal malavitoso falconese. “C’era la guerra di mafia con i barcellonesi e il nostro clan necessitava sempre più di armi efficienti e di qualità. Fu quindi per tale ragione che ci portammo a Lesa, in provincia di Novara, dove risiedeva Filippo Barresi. Costui era in stretti rapporti con un tale che risiedendo in quelle zone, era ben introdotto nel giro del grande traffico di armi dalla Svizzera e da altri paesi europei.
Costui è originario di Falcone ed è in stretti rapporti con Rosario Cattafi personaggio tra i più influenti nel grande traffico di armi e di valuta, dedito al riciclaggio di denaro a livello internazionale… Se mal non ricordo tale persona si chiama Santino Gullo e nel suo paese d’origine espletava l’attività di lattoniere. So che lo stesso mantiene frequenti contatti con personaggi malavitosi del milanese ove per frequenti periodi ha anche abitato”.
Gullo era legato pure al boss Domenico Tramontana, insieme a cui fu arrestato nel 1997 per una serie di atti estorsivi perpetrati ai danni dei gestori del cantiere navale e della piscina di Portorosa. Condannato in primo grado a 8 anni di reclusione al processo scaturito dall’operazione “Pozzo” e poi assolto in appello, da qualche mese Santo Gullo ha scelto di collaborare con la giustizia. “Ho militato nel gruppo dei mazzarroti e ho commesso una lunga serie di estorsioni ed omicidi”, ha ammesso. “Io ero il responsabile di Falcone e Oliveri e mi relazionavo con il mafioso barcellonese Carmelo D’Amico”. Gullo ha pure parlato dei suoi rapporti criminali con il boss di Mazzarrà, Tindaro Calabrese, e dell’appoggio di quest’ultimo alla latitanza a Portorosa dei palermitani Salvatore e Alessandro Lo Piccolo, i luogotenenti di Bernardo Provenzano poi finiti in manette nel novembre 2007.
A sostituire Gullo a capo delle cosche operanti tra Patti, Montalbano, Falcone e Oliveri, secondo quanto raccontato da Carmelo Bisognano, ci sarebbe oggi Salvatore Calcò Labruzzo, un allevatore originario di Tortorici, ma residente – sino al suo arresto nel giugno 2011 – nella frazione Belvedere di Falcone. “Costui ha due figli, uno di nome Antonino, di professione veterinario, l’altro di nome Francesco, che dovrebbe svolgere la professione di ballerino”, ha raccontato Bisognano.
“Anche Salvatore Calcò Labruzzo è stato organico al gruppo dei mazzarroti dal 1989, quando era ancora in vita Giuseppe Trifirò, detto “Carebbedda”. Quando sono uscito dal carcere, mi sono accorto che anche costui era in una posizione apicale e si occupava in particolare di estorsioni, attentati, contatti con i pubblici amministratori. Gullo e Calcò Labruzzo abitavano e operavano nel medesimo territorio ed erano da sempre in buoni rapporti. Dunque è stato del tutto naturale che, una volta che Gullo fu arrestato, il secondo abbia preso il suo posto”.
Bisognano ha pure accennato alle frequentazioni del tortoriciano con i referenti di punta dei mazzarroti, Tindaro Calabrese e Ignazio Artino: “Calcò Labruzzo è in posizione sostanzialmente paritaria con Artino. So che spesso i due si consigliano e che hanno sempre avuto dei buoni rapporti e li hanno tuttora. Si sono suddivisi il territorio. Volendo fare un esempio, per ciò che riguarda il campo dell’eolico, Artino si occupa della messa a posto nei confronti della società Maltauro tramite un ingegnere originario di Montalbano, il quale si è occupato degli espropri. Salvatore Calcò Labruzzo, invece, si occupa della messa a posto nei confronti delle imprese Cannizzo e Gullino, che operano sempre nell’eolico, in regime di sub-appalto nei confronti della Maltauro”.
L’attivismo di Calcò Labruzzo nel settore del racket è stato rilevato dalla recente inchiesta “Gotha” sullo strapotere delle cosche della fascia tirrenica della provincia di Messina. Secondo gli inquirenti, in concorso con Enrico Fumia, cognato di Carmelo Bisognano, nella primavera del 2008 egli avrebbe imposto il pizzo alla Italsystem Srl di Petralia Sottana, impegnata nei lavori di consolidamento della strada statale 113, nel tratto tra Patti e Falcone. Il presunto boss si sarebbe pure interessato al grande affaire dello smaltimento dei rifiuti. Secondo quanto riferito dal collaboratore Santo Gullo, fu proprio grazie a Salvatore Calcò Labruzzo che intorno al 2000 egli entrò in contatto con l’imprenditore barcellonese Michele Rotella, padre-padrone dei lavori nella megadiscarica dei rifiuti di Mazzarrà Sant’Andrea, condannato qualche mese fa al processo “Vivaio” a 12 anni per associazione mafiosa.
“Calcò Labruzzo mi spiegò che Rotella era un amico in tutto e per tutto”, ha raccontato Gullo. Ma stando a Carmelo Bisognano, Santo Gullo e Calcò Labruzzo avevano posto sotto estorsione anche le aziende interessate ai lavori di un’altra importante discarica di rifiuti, quella di contrada Formaggiara, Tripi.
A Falcone, però, si sospetta che Salvatore Calcò Labruzzo possa aver condizionato pure l’esito delle elezioni comunali del 29 e 30 maggio 2011, che hanno riconfermato sindaco l’avvocato Santi Cirella (ex An e Forza Italia, poi Mpa), con una coalizione di ex socialisti, Pdl e Udc (corrente del sen. Giampiero D’Alia).
È di questo avviso il candidato a sindaco sconfitto, il bancario Marco Filiti, presidente del Comitato Rinascita Falconese, sostenuto elettoralmente da Sel, Fli ed ex Pdl. E lo sono pure i consiglieri del gruppo d’opposizione Falcone città futura che in un documento inviato il 3 agosto 2011 al Ministero degli interni e al Prefetto di Messina, affermano che “da notizie di stampa maturate a seguito di indagini giudiziarie, si è avuta conferma che elementi che hanno partecipato attivamente e fattivamente alla determinazione dell’esito elettorale amministrativo, risultano coinvolti in tali fatti criminali”.
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