EXPO 2015, prima puntata
La frenesia edilizia in piena terra di ‘ndrangheta, fra processi, appalti e cooperative “rosse”.
L’unica certezza dell’Expo 2015 rimane la ‘ndrangheta. Provocazione? Non proprio. O, meglio, lo sarebbe se l’edilizia lombarda, come risulta dalle indagini delle forze dell’ordine, non fosse per un abbondante 90% in mano alle cosche da almeno vent’anni, se i negozi di fiori ciclicamente non saltassero in aria, se i chioschi dei panini all’uscita delle discoteche a fine nottata non pagassero il pizzo. Lo sarebbe se il 4 luglio scorso il Tribunale di Busto Arsizio non avesse condannato per mafia quindici persone a seguito del processo Bad Boys: tutti residenti a Legnano, San Giorgio, Dairago, Parabiago, Busto Garolfo, paesotti dell’hinterland milanese in cui ‘lo straniero’ continua ad esser visto come il male peggiore. Sarebbe una provocazione che lascia il tempo che trova, infine, se ogni settimana l’aula bunker del tribunale del carcere San Vittore di Milano non si riempisse di indiziati per associazione a delinquere di stampo mafioso, fra cui Antonio Chiriaco, ex direttore sanitario della Asl di Pavia. Oltre all’usura, il monopolio del mattone e dell’immobiliare, grazie all’arma dell’intimidazione, è diventato il grande business della ‘ndrangheta.
Il rischio di affidare ai privati la gestione incontrollata della cosa pubblica rimane comunque elevato
Ed ad esserne coinvolti sono in molti: imprese edili, amministrazioni comunali, alte direzioni sanitarie. Una realtà pericolosa, radicata, con solidi rapporti istituzionali. In questo contesto, ci si chiede chi sorveglierà l’hinterland milanese mentre i cantieri edili dell’Expo 2015 cominceranno a moltiplicarsi. Rho e il territorio circostante è preda di ingenti finanziamenti per la costruzione delle opere tanto auspicate dai progettisti dell’esposizione universale. E come potrebbe la ‘ndrangheta lasciarsi sfuggire quest’allettante opportunità? Non starà di certo a guardare da lontano, non è nel suo stile. La frenesia edilizia sembra aver colpito anche gli amministratori di tutti quei comuni che per effettiva vicinanza chilometrica credono di poter trarre vantaggio dall’Expo 2015. E così sindaci di provincia stendono Pgt (Piano di Governo del Territorio) in cui inseriscono la creazione di un grande hotel a undici piani vicino alla stazione che, passando da Rho, collega l’hinterland con il centro città, convinti che una tale struttura porterà sia turismo esterno che posti di lavoro per i propri cittadini; oppure grandi centri commerciali: da qualche parte i visitatori dei 60 paesi che ad oggi aderiscono all’esposizione universale dovranno pur dormire, far compere, divertirsi, passare del tempo. Come a dire: far ripartire l’economia nazionale investendo nei piccoli borghi. Ma attenzione: il boom edilizio dei prossimi quattro anni rischia di trasformarsi in un terreno fertile per l’illegalità. E’ evidente il fallimento dell’Expo gestito da Moratti e Formigoni: il ritardo è sotto gli occhi di tutti, un ritardo funzionale per arrivare al sistema delle deroghe. Dalla scorsa primavera si dice che ‘il vento sia cambiato’, ed è innegabile che a Milano nessun sindaco prima di Pisapia abbia osato parlare con così tanta consapevolezza di legami fra criminalità organizzata, edilizia e politica. A tal punto da istituire una commissione antimafia. Ma il rischio di affidare ai privati la gestione incontrollata della cosa pubblica rimane comunque elevato: è il modello Bertolaso, il ‘modello della cricca’ di cui la cronaca nazionale ha già tanto discusso.
I lavori per l’Expo 2015 sono partiti il 28 ottobre, a poche centinaia di metri dal carcere di Bollate in presenza dell’amministratore delegato Giuseppe Sala e di Roberto Formigoni, che dell’esposizione universale è il commissario generale: sistemazione aree di parcheggio, impianti di distribuzione dell’acqua potabile, opere paesaggistiche. Tutti interventi per la messa in sicurezza dell’intero cantiere che impegneranno 350 operai per l’intero 2012. Questo primo appalto relativo alla pulizia e allo sgombero dell’area e alla rimozione di interferenze è stato assegnato alla Cooperativa Muratori e Cementisti di Ravenna (CMC) con un ribasso del 42,83% sulla base dell’asta: 58,5 milioni rispetto al valore iniziale di 90 milioni. Un occhio d’attenzione ai ribassi non farebbe di certo male. E’ lo stesso Sala, in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore, ad affermare: “Se tornassi indietro rifarei la gara al massimo ribasso, senza ripensamenti né pentimenti, per due ragioni. Primo: la gara per la rimozione delle interferenze è una gara semplice, si tratta di sgomberare l’area e predisporla per i futuri e ben più complessi interventi. Secondo motivo: la necessità di fare in fretta. Abbiamo l’obbligo di avviare i lavori al più presto, altrimenti si blocca tutto e il massimo ribasso ci ha consentito di risparmiare tempo”. Un campanello d’allarme, quello dell’assegnazione con massimo ribasso che ha visto protagonista la ‘cooperativa rossa’ che lega Sigonella al Ponte sullo Stretto di Messina e la Tav? E se al neosindaco rhodense Pietro Romano (Pd), le cui competenze sono proprio urbanistica, edilizia privata ed Expo 2015, si chiede cosa stia facendo per evitare infiltrazioni e controllare i subappalti, quasi scontato è sentirsi dire che “l’Amministrazione del comune più investito dai cantieri dell’Expo 2015 assicura alla cittadinanza una forte collaborazione con le forze dell’ordine per impedire infiltrazioni mafiose”. E’ sui modi operativi, sulle risoluzioni e sui mezzi che verranno utilizzati dalle istituzioni per il controllo capillare del movimento terra, però, che la demagogia e le belle parole non bastano. Soprattutto in vista della prossima gara per la piastra tecnologica che verrà lanciata a fine novembre con aggiudicazione ad aprile 2012, e servirà a creare le infrastrutture dell’area Expo e dotarla di tutti i servizi necessari per ospitare la fase successiva: quella delle realizzazioni immobiliari vere e proprie.
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