E ora l’attacco a Ingroia
Viterbo: la Procura lo indaga per le sue dichiarazioni al processo
La Procura di Viterbo iscrive nel registro degli indagati l’ex pm per alcune dichiarazioni rilasciate durante l’udienza preliminare al processo per la morte del giovane urologo di Barcellona P.G.
Palermo. “Mostruosità giuridica”. Non usa mezzi termini l’avvocato della famiglia Manca, Antonio Ingroia (che lavora in team col collega Fabio Repici). A Viterbo il pm Renzo Petroselli lo accusa di aver incolpato ingiustamente il dirigente della Squadra Mobile di Viterbo, Salvatore Gava, di falso ideologico per la sua informativa relativa alla morte di Attilio Manca, trovato morto nella sua casa di Viterbo nella notte tra l’11 e il 12 febbraio 2004.
Le accuse di “depistaggio” con costruzione di prove false secondo Petroselli sono state pronunciate nell’udienza preliminare del 3 febbraio scorso, unica imputata la romana Monica Mileti, accusata di aver ceduto la dose di eroina che ha causato la morte di Manca. Ingroia sottolinea l’evidente anomalia dell’avviso di garanzia: è la prima volta che un avvocato viene incriminato per calunnia per ciò che ha dichiarato in udienza. Bisogna essere “analfabeti del diritto” – ribadisce – per non conoscere che l’art. 598 del codice penale prevede una specifica causa di non punibilità per le offese contenute negli scritti e discorsi che le parti, pm e difensori, rendono davanti all’Autorità giudiziaria..
Il 9 gennaio il giornalista di Chi l’ha visto Paolo Fattori aveva confrontato il verbale della Mobile di Viterbo, guidata all’epoca da Salvatore Gava, coi registri dell’ospedale “Belcolle” dove Attilio Manca lavorava. Dal confronto emerge che non era in ospedale nei giorni del ricovero di Bernardo Provenzano a Marsiglia.
Date in contrasto
Un fatto incontrovertibile che si scontrava – e si scontra – con la relazione firmata dallo stesso Gava nella quale veniva scritto invece che l’urologo siciliano era di turno all’ospedale nei giorni in cui il boss si trovava in Francia per sottoposti ad un’operazione alla prostata. I giorni in cui è segnata la mancata presenza del giovane urologo sono quelli tra il 20 e il 23 luglio 2003, poi dal 25 al 31 luglio 2003 e infine nei giorni del 25, 26 e 31 ottobre 2003 (il 30 se ne era andato via intorno alle 15:30, prima quindi che terminasse il suo turno).
Il dott. Manca era quindi rientrato in servizio la mattina del 1° novembre. E proprio i giorni in cui l’urologo era assente dal lavoro coincidevano con il periodo nel quale Provenzano (tra esami preparatori, intervento alla prostata e successivi esami di controllo) si trovava in Francia.
I protagonisti
Salvatore Gava è lo stesso pubblico ufficiale già condannato a 3 anni, in via definitiva, per un falso verbale all’epoca delle violenze alla scuola Diaz. La sua informativa sul caso Manca è stata quindi smentita dal confronto con i registri dell’ospedale dove lavorava Attilio Manca. Perché mai in quella relazione si leggeva che la presenza di Attilio Manca sul luogo di lavoro era stata appresa “in via informale” quando “formalmente” i fogli dell’ospedale dicevano tutto il contrario? Dove sono quindi i presupposti di calunnia da parte di Antonio Ingroia? Il pm Petroselli è lo stesso magistrato che, dopo svariate richieste di archiviazione sul caso specifico, ha chiesto e ottenuto l’esclusione della famiglia Manca, quale parte civile, dal processo che si sta celebrando a Viterbo nei confronti di Monica Mileti. Per motivare la sua decisione Petroselli ha affermato che i genitori e il fratello di Attilio non sono stati danneggiati dalla morte del loro familiare. Probabilmente basterebbero queste sue poche parole per qualificare la caratura morale del magistrato.
Strane manovre
Quello che vuole essere fatto passare come un suicidio per droga nasconde in realtà un bieco tentativo di occultare qualcosa di molto più terribile. Resta da cristallizzare il ruolo di Cosa Nostra all’interno di quello che a tutti gli effetti appare come un omicidio. Così come il ruolo di determinati apparati investigativi. Durante la conferenza stampa lo stesso Ingroia annuncia di voler denunciare il pm Petroselli al Csm o anche per via penale. Per l’ex pm è del tutto evidente che non si voglia arrivare alla verità sul caso di Attilio Manca. E questo perché secondo la ricostruzione del legale della famiglia Manca quella strana morte è collegata alla trattativa Stato-mafia in quanto la copertura della latitanza di Provenzano – garante di quel patto – rientrava in determinati accordi. Attilio Manca sarebbe stato coinvolto inconsapevolmente nella cura dell’anziano boss e poi, una volta resosi conto della sua reale identità, sarebbe stato eliminato attraverso la più classica delle manovre firmata dalla mafia in sinergia con apparati “deviati”. Ingroia traccia quindi un filo che unisce i misteri di questo omicidio con l’isolamento del pm Nino Di Matteo. “Non è un caso – ha ribadito l’ex pm – quello che si sta verificando per la nomina del nuovo procuratore di Palermo”. Per Ingroia il rischio dell’arrivo di un procuratore “normalizzatore” ostile al processo sulla trattativa che isoli ulteriormente Di Matteo è tutt’altro che peregrino. L’ex magistrato si appella quindi alla Presidente della Commissione antimafia, Rosy Bindi, che poche settimane fa ha definito il caso Manca “un omicidio di mafia”, affinchè mantenga la promessa di istituire al più presto un’apposita commissione a tema. “Chiedo di essere sentito dal procuratore facente funzione Leonardo Agueci – conclude l’ex magistrato – in quanto ritengo che ci siano le condizioni per aprire un fascicolo a Palermo sulla morte di Attilio Manca in quanto questo fatto è collegato alla latitanza di Provenzano e alle indagini sulla trattativa”.