E’ nata la tv delle donne: “FimminaTv”
«Sai che nella Locride erano frequenti i matronimici? Insomma qui erano le donne a dare il nome ai figli». Nominare le cose non significa anche crearle?
Fimmina tv è un’emittente con un solo mese di vita, è nata in Calabria, nella Locride, a Roccella Jonica per la precisione. Ha debuttato il primo settembre su canale 684 del digitale terrestre. Quello che la rende speciale si intuisce dal nome. No, non è una televisione destinata ad un pubblico femminile. Fimmina tv non esclude nessuno, ma a farla – questa televisione – sono giornaliste donne. Quasi tutte almeno. L’idea è stata di Raffaella Rinaldis, ora direttrice. Ha una voce chiara, sottile. Nata a Chivasso, vicino Torino, si è trasferita in Calabria a sei anni, e lì è diventata giornalista.
«Ho lavorato per quindici anni scrivendo di nera e giudiziaria. Nella Locride, le notizie che contano sono queste: i morti ammazzati. Poi ad un certo punto mi sono chiesta se questo fosse davvero l’unico modo per raccontare questo territorio. Possiamo inventarcelo un modo nuovo? ».
E se lo sono inventato davvero questo modo nuovo di raccontare, partendo dalle donne. Le donne di questa Calabria ancora troppo sconosciuta per chi viene da fuori: luoghi pieni di storie, ma spesso così silenziosi. E sbaglia chi interpreta quel silenzio come omertà. E’ solo segno di una strana fierezza. La Calabria è una terra cocciuta, e i boschi della Locride sono boschi fitti dove puoi perdere anche il nome. Per generazioni le donne hanno scelto quel silenzio. La Calabria è una terra strana, così quieta in superficie, così impetuosa dentro.
Raffaella è una donna luminosa, innamorata di suo marito, una roccia che l’ha sempre sostenuta. È una giornalista con un’innata attitudine al viaggio. È andata in giro per tutta Europa, ma non è solo questo. L’amore per il viaggio è qualcosa di più profondo: la scoperta del nuovo, dell’inesplorato. I viaggi nelle storie degli altri.
«Nella mia esperienza ho capito che le donne sono quelle che vogliono raccontare, che si vogliono identificare in altre storie. Non si tratta di vivere altre vite, ma di trovare coraggio in quello che raccontano gli altri. Se vivi solo il tuo dramma, le tue esperienze, ti senti sola al mondo. Condividendo, ascoltando, riesci a trovare la forza che prima ti mancava».
La squadra è composta da quindici giornaliste dai ventidue ai quarant’anni, ma anche gli uomini danno una mano. Ci sono tecnici, registi, montatori e un cronista, Antonio Falcone, che si occupa di cinema e cultura. Ma Fimmina tv non è solo una televisione, né solo un modo onesto di fare informazione.
«Non volevo creare solo una televisione ma un nucleo di persone che stanno insieme. Donne che ho incontrato nell’arco della mia vita e che ho portato con me. Mi danno tanto sia da un punto di vista umano che professionale. Certo i problemi sono tanti, ma stiamo cercando di superarli. È meraviglioso: quando una di noi è depressa, l’altra la tira su e viceversa. È un continuo reciproco. Ma stare insieme è così bello, che se ne sono accorti anche i nostri mariti, e i padri delle più giovani».
«Credo che alla fine – continua a vulcaneggiare Raffaella – quando fai qualcosa di buono la maggior parte delle persone finisce per emularti. Certo, non puoi sperare che lo facciano tutti. Ma se facendo questo lavoro avremo spinto anche una sola ragazza a sviluppare il suo senso critico, beh, allora potremo dire di aver fatto qualcosa».
Nel mondo del giornalismo italiano i vertici della piramide sono garantiti al sesso maschile. Un esempio: le donne dirigenti in Rai sono solo il 4%. Molti periodici destinati ad un pubblico femminile sono gestiti da uomini. Raffaella non ci sta, non perché sia femminista, ma perché le sembra sciocco.
«Una donna sa raccontare una donna. È una verità inattaccabile. E poi quel giornalismo lì è marketing. Non siamo un oggetto commerciale, non veniteci a dire quello che ci deve piacere. Noi non combattiamo una battaglia femminista. Loro hanno un percorso storico molto importante alle spalle, ma noi non combattiamo in nome di un ideale. La nostra unica denuncia è quella contro le discriminazioni, quella femminile è solo un simbolo, ma noi le combattiamo tutte».
E se discriminare significa lasciare che il pregiudizio annulli l’incontro con la diversità, allora, il primo pregiudizio che queste donne vogliono combattere è quello sulla propria terra: «Locride sinonimo di ‘ndrangheta. Vero? No. Non va bene. Vogliamo trasformarla, questa parola. Locride significa Magna Graecia, cultura, una natura meravigliosa. Il nostro territorio storicamente è stato caratterizzato dal matriarcato. Qui non c’erano i patronimici, ma i matronimici: era la donna a dare il nome».
Ernesto De Martino, in Mondo Magico, racconta che quando nasceva una donna l’acqua del parto veniva buttata nel camino. Quando veniva partorito un uomo, l’acqua veniva buttata fuori casa. È affidato all’uomo “il fuori”, alla donna viene consegnata la cura dell’interiorità. Questo a noi donne ha consegnato un bel fardello: proiettate all’interno, sensibili, emotive. La modernità ha preso l’acqua del nostro parto e l’ha buttata fuori casa insieme a quella degli uomini. Eppure ancora ci rimproverano di essere troppo inclini all’introspezione.
La verità è che ci piace ascoltare, ci piace creare calore. Raffaella ha creato un luogo, ha chiamato le sue colleghe più giovani ad esercitare il mestiere. «C’è anche una signora di cinquant’anni nella squadra. Ha cominciato ora, a fare la giornalista».
A Milano forse, ci sarebbe stata meno sorpresa davanti a una faccenda come questa. Chi viene dal nord si stupisce di trovare donne emancipate nel cuore della Locride, come se davvero questa terra fosse rimasta al medioevo. Raffaella vuol raccontare questo territorio, anche per sfatare certi miti. Non sarà un tv solo antimafia.
«Parleremo di tutto, perché è tutto un territorio che dobbiamo raccontare. Il fatto che in Calabria ci siamo moltissimi comuni sciolti per mafia è un fatto gravissimo che non esitiamo a denunciare. Ma non è l’unico fatto grave. Nella Locride c’è un forte fenomeno di prostituzione, molte ragazze sono sparite. Nessuno ne sa più nulla. Ecco, queste sono notizie su cui non si può tacere».
Raffaella parla spedita, non si ferma mai. Racconta sorridendo: «Ho registrato la testata della tv l’otto marzo. È stata una pura combinazione: i documenti del consiglio dell’Ordine non arrivavano mai, e poi sono arrivati proprio quella mattina. Ho chiamato la cancelleria per sapere se il tribunale quel pomeriggio fosse aperto: “Si, vieni” mi hanno risposto le impiegate. Hanno tenuto aperti gli uffici apposta per farmi registrare. Chiamala sorellanza: una strana energia che permette che ogni donna condivida la gioia dell’altra».
Scheda: Donne e tv in Europa
La ricerca dell’Osservatorio europeo sulle rappresentazioni di genere (OERG), nato all’interno dell’Osservatorio di Pavia, dal titolo: “Chi fa notizia in Europa?”, ha considerato i dati relativi ai telegiornali in prima serata delle due principali tv, una pubblica e una privata, di cinque paesi europei: Italia (Tg1 e Tg5), Francia (France 2 e Tf1), Germania (Ard e Rtl), Inghilterra (Bbc1 e Itv1) e Spagna (Tve e Telecinco).
La ricerca ha indagato tre ambiti in particolare: chi fa notizia nei tg, cioè le persone di cui si parla e quelle intervistate, chi dà e fa le notizie, quindi conduttori, giornalisti e corrispondenti, infine ha studiato come sono confezionate le notizie in una prospettiva di genere. Fra i tg che danno maggiore visibilità all’universo femminile ci sono Francia e Spagna, il nostro Paese si attesta invece all’ultimo posto con la quota di presenza femminile più bassa di tutti i tg, inoltre le donne sono presenti come rappresentanti della gente comune e raramente ricoprono ruoli autorevoli, come per esempio quello dell’esperto. Mediamente le donne fanno notizia come vittime due volte più degli uomini (12% contro il 7%). Sul fronte del chi da o fa le notizie risulta che nel 54% dei casi i telegiornali sono condotti da donne e l’Italia presenta un dato curioso con il suo 58% si colloca infatti ben 4 punti sopra la media. Per quanto riguarda poi la centralità femminile nelle notizie le donne sono raramente messe al centro, solo l’8% delle notizie è focalizzato su di loro. A fare notizia sono soprattutto gli uomini, tranne nella cronaca nera, ma a dare le notizie come conduttrici e giornaliste sono le donne. Le donne sono poco presenti nell’informazione politica, soprattutto in Italia e Inghilterra (11% in entrambi i casi). Si distingue invece la Francia dove le notizie di politica nei tg includono maggiormente le donne. Si nota poi una forte dicotomia fra i ruoli “comuni” più rappresentati dalle donne e i ruoli “autorevoli” rappresentati dagli uomini, l’Italia sotto questo punto vista registra la maggiore segmentazione, tra gli esperti intervistati nei tg italiani solo il 10% è di sesso femminile (contro il 90% del sesso opposto), mentre ben il 66% delle opinioni popolari è dato da donne.
Scheda: Giornalismo e servizio pubblico
Secondo un sondaggio realizzato per la prima volta nella storia della Rai sui propri giornalisti – i cui risultati sono stati presentati al convegno “Immagine femminile e ruolo del servizio pubblico” organizzato dalla Commissione Pari Opportunità dell’Usigrai l’8 marzo scorso – la situazione del nostro Paese è tutt’altro che rassicurante.
Il dato che emerge di più è quello sull’età: la Rai infatti risulta essere un’azienda vecchia, la somma dei giornalisti tra i 40 e i 65 anni corrisponde all’82,99% dell’intero campione mentre quelli tra meno di 30 anni fino ai 40 rappresentano solo il 16,99%. Altro dato sensibile è l’alta percentuale di giornalisti che non hanno figli (il 43,77%), quasi esclusivamente i colleghi maschi hanno dichiarato di avere più di un figlio, a testimonianza che riuscire a conciliare lavoro e famiglia per una donna giornalista risulta ancora molto difficile. In totale il personale giornalistico della Rai è di 1.656 unità di cui 1.097 uomini e solo 559 donne.
Tra i dirigenti (direttori, capiredattori, capiservizio e rispettivi vice) solo il 4% sono donne e nel ruolo di direttore sono solamente due, Bianca Berlinguer al Tg3 e Barbara Scaramucci a Rai Teche. Il massimo livello raggiungibile per le giornaliste sembra essere quello di caposervizio.
Vivo a Milano ma sono di Roccella peccato che non posso seguire i vostri programmi televisivi, comunque è molto bello far conoscere altri aspetti della locride e non solo quelli delittuosi .La tele gestita da sole donne è un valore aggiunto, buon lavoro
Vi auguro che la vostra voce venga ascoltata anche fuori della sicilia. In bocca al lupo e… buon lavoro.