È arrivato un bastimento carico di appalti
Protezione Civile e Grandi eventi: il capolavoro è stato L’Aquila. Ma il primo modello è stato preso qui…
Il sistema di relazioni poco limpide tra “Protezione Civile-Grandi Eventi”, che oggi si ricorda tanto perché legato all’”affaire”, finito sotto inchiesta, per la Maddalena prima e L’Aquila dopo, fu collaudato per la prima volta nel 2004, in Sicilia a Trapani. Occasione: le regate della “Louis Vuitton Cup” tenutesi tra la fine di settembre ed i primi di ottobre del 2005, le gare preliminari – acts 8 e 9 – alla sfida valenciana della 32ma Coppa America (finale nel 2007). Trapani fu per un paio di giorni una delle “capitali” della vela mondiale per quelle gare e per quei pochi giorni di “festa” per tutto il precedente anno, a cominciare dal settembre del 2004, furono stanziati e spesi quasi 70 milioni di euro per “allestire” il porto della città.
C’erano progetti e fondi previsti per il porto di Trapani e non da poco tempo a proposito di rifacimento di banchine, abbattimento di strutture oramai degradate ed eliminazione di zone malsane, costruzione di una caserma per i vigili del fuoco, costruzione di nuovi attracchi turistici e commerciali e collocazione di nuove dighe foranee.
Opere da decenni ritenute indispensabili per la vita del porto ma che a quel punto diventavano ancora più indispensabili per l’ospitalità da darsi alle barche di Alinghi e concorrenti, come Luna Rossa, Mascalzone Latino, Oracle.
L’arrivo della Coppa America fece il miracolo, e ogni cosa fu immediatamente sbloccata, progetti resi immediatamente cantierabili, somme statali messe a disposizione. Qui entrò in campo come vera prima volta la relazione tra Protezione Civile e “grandi eventi”, così furono qualificate quelle gare trapanesi.
La cosa non piaceva ai politici che accusavano magistrati e investigatori di volere interferire sullo svolgimento del “grande evento”, e questo mentre colline di fanghi si accumulavano al porto.
E così quando nel settembre 2005 arrivarono le barche della Coppa America restavano incomplete le nuove banchine.
Lo svolgersi delle gare però era incompatibile con la prosecuzione dei lavori (che si disse erano stati completati quasi all’80 per cento) e quindi quel cantiere, l’unico rimasto in piedi, fu temporaneamente fermato.
Finite le gare i lavori ripresero ma arrivò il sequestro della magistratura.
I lavori infatti non potevano più continuarsi con le deroghe del decreto del 2004, e servivano i nulla osta che ancora non c’erano e soprattutto andavano fermati i camion che stavano portando via i rifiuti inquinanti (15 mila mc) e che si volevano usare per realizzare una colmata nella vicina Marsala.
Apriti cielo: il sequestro fu bocciato dalla politica, si gridò allo scandalo, si impediva alla città di Trapani, si sentì dire, di avere un nuovo porto. A favore della magistratura ci fu solo Legambiente: “Mai si erano viste tante violazioni di legge e di procedure come è avvenuto in occasione della Coppa America” dichiarò Angelo Dimarca: “È successo di tutto, con violazioni commesse anche nelle cose più semplici e banali – continuò Dimarca -: rifiuti di scavo smaltiti illegalmente, analisi di fanghi non conformi a legge, amianto demolito come se si trattasse di materiale qualunque, rifiuti pericolosi gettati in fosse. Le dichiarazioni di alcuni esponenti politici, amministratori e pubblici funzionari sulla regolarità degli appalti avviati per l’organizzazione della Coppa America lasciano increduli e sbigottiti”.
La magistratura fece gli accertamenti e in pochi mesi, nei primi mesi del 2006 arrivò al dissequestro.
Ma i lavori invece di riprendere sono rimasti bloccati, fino all’altro ieri.
Basta solo questo lasso di tempo (sei anni trascorsi senza che il cantiere riuscisse a ripartire) a capire che le questioni sulla legittima prosecuzione di quei lavori non erano pretestuose.
Ciò non di meno alla notizia della sentenza che ha dichiarato prescritti i reati qualcuno ha scritto, a critica per la magistratura, “tanto rumore per nulla”.
Il giudice che ha pronunciato questa sentenza, il gup Lucia Fontana, depositando le motivazioni di quella pronuncia adesso, negli stessi giorni in cui quel cantiere ha riaperto, dopo il rilascio dei nulla osta ministeriali di impatto ambientale, ha voluto proprio scrivere che non c’è affermazione più sbagliata di quella che ha portato a dire, per l’appunto, “tanto rumore per nulla”: “La conclusione (dibattimentale ndr) non consente in considerazione del contenuto degli atti di indagine di affermare con shakespeariana ed in conferente citazione “molto rumore per nulla”. Dagli atti infatti emergono una pluralità di vicende di indubbio rilievo penale…”, come il traffico illecito di rifiuti…i materiali provenienti dai lavori erano rifiuti speciali e non assimilabili alle terre di scavo, taluni risultano rifiuti speciali pericolosi…”.
Ma come, la Protezione Civile che doveva occuparsi di eliminare gli aspetti pericolosi ha finito per determinarli maggiormente? Tra le cose venute fuori la circostanza che il riempimento per una banchina portata invece a compimento è stato fatto usando “rifiuti contenenti sostanze pericolose” perché si trattava di residui provenienti dai dragaggi e finiti dentro i cassoni di cemento usati per formare la banchina.
Oggi al porto di Trapani c’è una banchina, denominata Isolella, usata per gli approdi commerciali (e che in occasione della Coppa America del 2005 ospitò il quartiere generale dei team in gara) nel cui sottosuolo vi sono rifiuti pericolosi, rifiuti altamente tossici.
“Più che un doloso preventivo allestimento organizzativo volto alla gestione abusiva di un ingente quantità di rifiuti, emerge dagli atti – si legge nella sentenza del gup Fontana – la estemporanea ancorchè spregiudicata ricerca di una soluzione al problema della collocazione dell’ingente materiale di risulta proveniente dal cantiere portuale…come se questo fosse un aspetto marginale”.
Per la cronaca vanno dette ancora due cose.
La prima che durante quei giorni di regata, il patron della Protezione Civile Bertolaso si fece vedere a Trapani rarissime volte, per riunioni veloci, e poi si sarebbe andato ad occupare della sua barca vela che teneva in un cantiere della città, l’altra è pure di queste ore, quel porto che doveva essere rilanciato in ogni sua parte da sei mesi assiste muto alla protesta degli operai del più grande cantiere navale della città che praticamente ha chiuso i battenti non riuscendo nemmeno a mettere in mare la prima petroliera “Marettimo M.” qui costruita e che per la festa dei politici è stata inaugurata un paio di volte ma resta agli ormeggi.
Il Governo Berlusconi nel settembre 2004 approvò il relativo decreto con il quale non solo si individuava la Protezione Civile come soggetto attuatore dei lavori ma si stabiliva che gli stessi lavori venissero appaltati e avessero inizio nelle more del rilascio delle autorizzazioni.
Situazione di emergenza non c’entrava il terremoto o altri fenomeni naturali che avevano messo sottosopra il territorio ma c’entrava lo sport, la “grande vela”.
Regista “politico” di tutto l’allora sottosegretario all’Interno, il senatore trapanese del Pdl Tonino D’Alì.
A Roma ad occuparsi che tutto andasse bene il potente sottosegretario alla Presidenza, Gianni Letta.
Unico ministro a venire a fare un sopralluogo quello ai Trasporti, Lunardi, che all’epoca e molto tempo prima aveva avuto già modo di spiegare la sua linea politica, indispensabile colloquiare con la mafia.
Come finì? Bene, per la Coppa America, le gare risultarono essere un vero e proprio successo. E per la città di Trapani? Finì bene perché conquistò la ribalta internazionale, ma finì anche male, ci furono delle indagini che fecero scoprire come la mafia riuscì a imporre le proprie aziende per le forniture alle imprese che si appaltarono quei lavori.
Ma finì ancora peggio perché ad oggi, a sette anni dalla conclusione di quelle gare la parte più importante di quei lavori, la costruzione di nuove banchine per 40 milioni di euro, è ancora in corso.
E questo è raccontato in una sentenza che si è conclusa con una serie di prescrizioni e (poche) assoluzioni, per imprenditori, funzionari pubblici di Autorità Portuale, Provincia, Genio Civile opere marittime, ma che ha elencato una incredibile serie di malefatte a proposito di traffico illecito di rifiuti, smaltimento di residui di lavorazione, violazioni ambientali, anche circa l’esecuzione di opere del tutto abusive. Tutto questo quando a vigilare erano importanti istituzioni come la Protezione Civile, all’epoca era quella “targata” Bertolaso, e la prefettura.
Tra il 2004 e il 2005 man mano che i lavori al porto andavano avanti, la magistratura era costretta a intervenire e a sequestrare immense discariche abusive.