Donne per la pace Sicilia, cent’anni fa
“Si riunirono nella chiesa gridando e invocando la fine della guerra”
Allo scoppio della prima guerra migliaia di ragazzi furono strappati alla terra, molti, come in altre parti d’Italia, si dettero alla macchia e le donne siciliane si preparavano a reggere la fatica del lavoro dei campi: la guerra fu una guerra di massa ed esigeva un’adesione di massa.
Si può certamente affermare che le masse popolari subirono la guerra, ma la rifiutarono e si mobilitarono per farla finire.
Le donne siciliane coniugarono religione e pacifismo in numerose manifestazioni, cui parteciparono in migliaia; ciò che risulta sorprendente e, per certi versi, incredibile, è che tale simbiosi tra sentimento religioso e richiesta pressante di pace fu respinta ed ostacolata dal clero cattolico che, quasi unanimemente, sostenne le motivazioni politiche della guerra agli Imperi centrali.
Alle donne di Sciacca e di altri paesi della provincia capitava un fatto strano: andavano in chiesa e organizzavano processioni per pregare e supplicare la fine della guerra e preghiere e suppliche le recitavano senza sacerdoti.
Il clero non partecipava né, tanto meno, organizzava cerimonie religiose contro la guerra e questo non solo ad Agrigento o in Sicilia, ma anche nel resto dell’Italia, in Francia e nella stessa Germania e papa Benedetto XV pronunciò parole al vento con la sua “Nota di pace” del 1° agosto 1917: non lo ascoltò nessuno e “l’inutile strage” continuò per più di un anno.
E così capitò che a Sciacca: “ il 14 gennaio 1916, duecento donne si riunirono nella cattedrale gridando e invocando la fine della guerra. L’arciprete e un funzionario di pubblica sicurezza ristabilirono la calma e più della metà delle dimostranti ritornò a casa. Le altre continuarono la loro protesta andando prima al municipio e poi alla sottoprefettura”. (Jole Calapso. Donne ribelli. Flaccovio. Palermo.1980. pag. 142)
Quattro “sediziose e disfattiste” furono denunziate ed arrestate e il frate laico Giovanni Buonomente, sospettato di essere l’organizzatore della manifestazione, fu spedito a Messina.
Appena due mesi dopo, a Raffadali, tredici donne furono denunziate all’autorità giudiziaria per avere percorso in corteo con altre donne, ragazze e bambini la strada che portava alla chiesa di S. Giuseppe per assistere alla messa. Il corteo non era autorizzato e neppure erano consentite le invocazioni al Signore e alla Madonna per la fine della guerra.
A Cammarata, dieci giorni dopo (25 marzo) le donne che volevano portare in processione la Madonna di Scacciapensieri furono addirittura indotte a forzare la nicchia che ne conteneva la statua e così si svolse una processione con più di duemila persone: tutte imploravano la cessazione della guerra e tutto si svolse nel massimo ordine anche perché gli agenti di pubblica sicurezza non osarono bloccare il rito religioso.
Le denunce arrivarono il giorno dopo per 6 uomini e 14 donne.
Non solo il clero siciliano, ma anche nelle altre regioni italiane, come pure in Francia e nella stessa Germania non fu tenuta in nessuna considerazione la Nota di pace di Benedetto XV contro “l’inutile strage”.
E allora si capisce come a Sciacca le donne furono buttate fuori dalla chiesa dall’arciprete, come a Raffadali fu sciolta a forza una processione di donne e bambini diretta verso la chiesa.
Aveva ragione, allora, George Bernard Shaw a scrivere che era meglio chiuderle le chiese ed evitare così che in esse si preghi per l’annientamento del nemico.
Centinaia di arresti di ragazze e donne che, talvolta, portarono in carcere con sé i loro bambini a subire quotidiane ingiurie e violenze per avere manifestato contro la guerra, contro la fame, contro l’insopportabile miseria.
Tra Cammarata e Campobello , ad esempio ne arrestarono a decine, tra queste Maria Ponticello, perché si erano distese sui binari per impedire la partenza del treno con le reclute.
Un grave episodio si registrò a Gangi il 3 aprile 1917. Una classe di alunni che manifestava a favore della guerra fu presa a sassate dalla gente che di guerra proprio non ne voleva sentire.
Nel contesto della guerra le sassate contro le scuole, le proteste contro gli insegnanti erano motivate dal fatto che la scuola era strumentalizzata dal Governo per la propaganda bellica, per organizzare raccolte di fondi per le spese militari, per la Croce Rossa: tutto ciò non era assolutamente condiviso dalle masse popolari, dalle donne che subivano quotidianamente il peso del lavoro dei campi, della fame e della disperazione.
A Ribera Maria Segreto, una ragazza di venticinque anni, non ebbe alcun timore di urlare contro la guerra e di incitare le sue compaesane ad unirsi alla protesta, nè la fecero desistere le minacce delle forze dell’ordine.