Divieto di mare
Da San Giovanni a Posillipo: spiagge proibite
Quando si dice che il mare non bagna Napoli bisognerebbe aggiungere che questo avviene per cause precise, scelte urbanistiche stratificate nel tempo, inerzie assortite, in certi casi abusi accertati con responsabili in carne e ossa. Il litorale di San Giovanni a Teduccio è l’emblema di questo tribolato rapporto. Tra i cittadini e il mare si frappongono ostacoli di ogni tipo – attività portuali e cantieri navali, strade ferrate, scarichi fognari, depuratori, centrali elettriche – eppure, con il primo caldo, si ritrovano tutti là, a saggiare il bagnasciuga con aria incerta, cercando il coraggio per immergersi nell’acqua non proprio cristallina.
A San Giovanni ci sono due spiagge, la sabbia è nera, vulcanica. In mezzo, un vecchio depuratore delle acque, attivato dopo il colera del ’73, che serve ormai solo i quartieri dell’area orientale. È un impianto obsoleto, in dismissione da anni, ma ancora non sono attivi gli allacciamenti per deviarne le acque verso il depuratore di Napoli Est, situato a Ponticelli.
In una qualsiasi mattina di giugno, la spiaggia di vico primo Marina, a sinistra del depuratore, la troverete animata e piena di gente, costellata di ombrelloni, con bambini che fanno il bagno, donne sedute sugli scogli con le gambe a mollo, uomini che chiacchierano e riparano le reti davanti ai box delle associazioni di pescatori. Poche centinaia di metri più in là, alla destra del depuratore, l’altra spiaggia, detta del Municipio, è quasi deserta: radi gli ombrelloni, nemmeno un bambino, solo uomini e donne che prendono il sole in un quadrilatero di spiaggia pulita, di cui evidentemente qualcuno si prende cura.
Nonostante la calura asfissiante nessuno si bagna. Eppure il mare è lo stesso, sporco da entrambe le parti, non balneabile. Sulle mappe la costa fino a Portici è trafitta da pallini rossi: divieto assoluto. La differenza, bisogna dedurne, sta nel fatto che su un lato della spiaggia del Municipio sfocia l’alveo Pollena, gettando a mare le acque nere di tutto l’entroterra, circa diecimila metri cubi d’acqua all’ora. Nei pressi della bocca della conduttura, il rumore è così forte da coprire le voci.
L’altra spiaggia, invece, dà le spalle al depuratore. Basta averlo fuori di vista, insomma, per trovare la voglia di bagnarsi. A vico Marina il comune ha costruito qualche anno fa una “passeggiata” sulla sommità del muro di cinta della ferrovia: una striscia di cemento parallela ai binari che permette di attraversare da un capo all’altro la spiaggia e godersi la vista sul golfo. Nel tempo sono spuntate le pedane di un bar e di un ristorante, qualche doccia qua e là, addirittura una pergola sotto la quale gli anziani giocano a carte. All’orizzonte, il profilo di una nave portacontainer che attende immobile il via libera per entrare a scaricare nel porto.
Il litorale di San Giovanni è lungo tre chilometri e mezzo, ma un chilometro abbondante se lo prendono le attività portuali. Nonostante questo, è la parte di arenile più estesa della città. Fino a pochi anni fa c’era una terza spiaggetta, nei pressi della centrale elettrica di Vigliena, frequentata nonostante divieti e recinzioni. La gente restava a riva solo in certi giorni, quando le correnti portavano il tanfo e la melma degli scarichi a mare. In quell’area ha aperto il cantiere di Porto Fiorito, un approdo turistico da ottocento posti barca, con il recupero della ex fabbrica Corradini di proprietà comunale. I privati dovevano mettere una parte dei soldi in cambio del comodato d’uso delle aree.
Una storia cominciata nel ’99, la posa della prima pietra solo nel 2011, con la solita foto di gruppo: politici e imprenditori che annunciano orgogliosi posti di lavoro e prosperità; poi le prime scadenze mancate, il cantiere fermo, le bonifiche di terreni e fondali mai cominciate, i lavoratori che salgono sui tetti per scongiurare i licenziamenti. Oggi le voci sempre più pessimiste sul futuro del progetto.
Pare che ogni napoletano disponga di un quadrato di 33 centimetri per lato di spiaggia. Tra catrame, scarichi e cancelli per molti è impossibile anche solo arrivarci.
Nel mese di giugno il comitato “Una spiaggia per tutti” ha indetto una campagna per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni in cui versano gli esigui arenili cittadini e spingere le istituzioni a rimuovere gli ostacoli che ne impediscono la fruizione. L’iniziativa si articola in quattro appuntamenti, uno per ogni sabato del mese.
Il primo c’è stato il blitz con famiglie e bambini sull’arenile demaniale a lato di palazzo Donn’Annna, che da vent’anni l’imprenditore Romeo ha trasformato nel suo giardino privato. Poi a lido Mappatella è stata chiesta la riapertura di tutte le discese a mare privatizzate a Posillipo, forse le uniche in città ad affacciarsi su un’acqua realmente pulita, eppure del tutto inaccessibili ai comuni mortali. Il 21 è stata la volta del litorale di San Giovanni, proprio sulla spiaggia di vico Marina. Infine il 28 la campagna si concluderà in zona Bagnoli-Coroglio, dove l’acciaieria non c’è più da vent’anni fa ma il mare e le spiagge non sono meno inquinate e inaccessibili di allora.