Dietro la strage
Quarantatrè ragazzi assassinati dai mafiosi perché manifestavano contro i politici corrotti
“Mexico, ten fe y no te rindas, porque más poder le da al tonto gobierno”
“Messico: abbi fede e non arrenderti perché daresti più potere allo stupido governo”.
Così si legge in uno dei cartelloni che continuano a colorare le innumerevoli manifestazioni per i desaparecidos di Ayotzinapa in tutto il Messico, che sono scomparsi lo scorso 26 settembre: 43, meno uno ritrovato da pochi giorni, di cui sono stati accertati i resti; oltre a sei persone morte ed una in coma. Ma su queste morti non è calato il silenzio.
Il governo di Enrique Peña Nieto non è riuscito a placare la guerra invisibile cominciata dal suo predecessore Felipe Calderon, anzi. La sua volontà di apparire come il riformatore e soprattutto salvatore del Paese si scioglie tra le invadenti cifre che sottolineano l’escalation di violenza e corruzione cha hanno invaso il Messico, e che sono riportate dal settimanale ZETA del 5 Dicembre 2014.
Neanche il mediocre decalogo del Presidente per un nuovo piano di sicurezza, formulato a due mesi dalla strage di Ayotzinapa, riesce a nascondere la grande strage. Sono cifre, sono persone. Sono la conseguenza tangibile della situazione di corruzione e mafia che vive oggi il Messico.
In due anni quarantamila omicidi
Grazie ad un’attenta analisi dei dati, ZETA riporta che dal 1 dicembre 2012 al 31 ottobre 2014 vi sono stati 41.015 omicidi dolosi in Messico: a differenza del mandato di Calderon, durante il quale sono stati 33.239, gli omicidi non sono più concentrati per lo più nello stato di Chihuahua ma altresì nel Distretto Federale di Città del Messico (13% del totale).
Per quanto riguarda le desapariciones forzadas, che in Messico sono un fenomeno abbastanza comune, perdura la grave espansione del problema: durante i primi 23 mesi del governo Calderon si riportano 21.920 indagini premilinari per omicidio doloso (di cui più di 7.000 non hanno mai trovato identità certa), mentre con Nieto si arriva addirittura a 33.186.
Un capitalismo diventato criminale
Questa guerra invisibile però non è opera predominante dei cartelli del narcotraffico. Qui operano parti dello Stato, autorità federali e statali, che con l’appoggio dei narcotrafficanti portano avanti un’economia capitalistica diventata criminale, diventata mafiosa. Il capitalismo contemporaneo infatti non può rinunciare alla mafia, perché non è la mafia che si è trasformata in una moderna azienda capitalista, ma il capitalismo che ha trasformato sé stesso in un’organizzazione mafiosa.
Il crimine di stato attuato ad Ayotzinapa è parte di una più ampia strategia di militarizzazione del Messico che ha lo scopo di reprimere i movimenti sociali e le classi popolari. Il NAFTA (ovvero l’accordo “North American Free Trade Agreement”) ha bisogno infatti di una garanzia militare per gli investimenti corporativi transnazionali che attua nel paese, affinchè il popolo non opponga resistenza, dopo essere stato espropriato delle sue terre e ridotto spesso in miseria.
Dalle miniere all’agrobusinnes, dal settore energetico alle banche, il Messico è stato sottomesso dalle lobby internazionali ed attraverso il Plan Mexico ha assunto il ruolo militare di garante per l’internazionalizzazione degli investimenti nel suo territorio.
Col pretesto del narcotraffico
Grazie al narcotraffico, inoltre, l’economia messicana si è stabilizzata, con un’entrata media di 25 miliardi di dollari annui nell’economia del Paese, ed una estesissima realtà di collusione con la politica ed il mondo imprenditoriale.
La “guerra al narcotraffico” di cui tanto si parla è il pretesto utilizzato per militarizzare il Paese e giustificare una repressione sistematica di ogni possibile dissenso, ed inoltre per sequestrare e recludere legalmente il maggior numero possibile di “incitatori alla resistenza”, per diffondere la paura e minacciare la società civile con il controllo totale delle azioni pubbliche e private.
Il Plan Mexico finanziato dagli Usa
Ma il governo messicano non è solo. Se tutto ciò avviene quotidianamente è perché esistono interessi internazionali in Messico. Il Plan Mexico è stato finanziato con più di tre miliardi di dollari dal governo Usa e il supporto americano offerto sia al governo Calderon sia al governo Nieto non ha fatto altro che contribuire all’assoluto stato di impunità per coloro che violano i diritti umani, conducono le sparizioni forzate ed i massacri di innocenti, instaurando la corruzione e la violenza sempre più nella quotidianità del paese.
Ed Ayotzinapa non è estranea a tutto ciò. La strage del 26 settembre 2014 non è un errore, una reazione esagerata delle autorità alla minaccia di ribellione degli studenti ad un comizio cittadino.
I fatti di Ayotzinapa rientrano nella strategia, sono un messaggio, che, se per la comunità internazionale rimane sconosciuto, mira a comunicare a selezionati destinatari un messaggio preciso: ci siamo e vi controlliamo.
La scuola Normale Rurale di Ayotzinapa infatti è stata fondata nel 1926, e come tutte le altre scuole di questo tipo è basata sull’idea del Messico post rivoluzionario di portare l’educazione al popolo, massificare l’educazione rendendo centrale quindi la formazione di nuovi professori, normalistas.
La tradizione sociale delle scuole
Nel periodo del governo Cardenas le scuole rurali hanno incorporato l’idea dell’educazione socialista ed in particolare quella di Ayotzinapa ha alimentato sempre più la tensione con il governo centrale messicano.
Nelle sue aule si sono formati personaggi politici e rivoluzionari come Lucio Cabañas Barrientos, Genaro Vázquez Rojas y Othón Salazar che hanno guidato organizzazioni come il Partido de los Pobres, la Federación de Estudiantes Campesinos Socialistas de México (FESCSM)e la Asociación Cívica Guerrerense.
Come conseguenza, la normale rurale di Ayotzinapa è considerata da sempre come un autentico semillero de guerrilleros, oscurando l’attivismo politico e sociale che contraddistingue la scuola.
Rivendicavano i diritti
Negli anni quindi, gli studenti e gli insegnanti della scuola normale rurale di Ayotzinapa hanno continuato a rivendicare i loro diritti davanti alle riforme ed alle restrizioni economiche attuate dal governo federale e statale, ed i fatti dello scorso 26 settembre non sembrano slegati dalla volontà di “limitare” ed impaurire l’azione degli attivisti.
Sui fatti di Ayotzinapa non si è fatta ancora chiarezza: non è chiara la dinamica, non è accertata la tempistica, non è verificata la motivazione riportata dalle Autorità. Non si sa il perchè di questi attacchi, che sono stati molteplici – almeno quattro in diversi punti della città, e non si sa quanti realmente vi erano coinvolti, almeno cinque autobus, dalla ricostruzione più recente.
Cosa nasconde il governo?
In tutta questa ambiguità è necessario quindi provvedere ad investigazioni approfondite, che vista la situazione attuale del Messico, non possono essere gestite internamente al paese.
La richiesta dell’associazione Libera, che in Messico collabora da diversi anni insieme a molte realtà di base del paese, è di istituire una Commissione Indipendente per la Verità e la Giustizia, che sia seguita dall’Alto Commissariato per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.
Se il Messico non ha nulla da nascondere, la garanzia di questa Commissione sarà solo di giovamento al suo governo. In caso contrario, non sarà comunque più possibile cercare di zittire e scoraggiare la società civile messicana, ya se despertaron, ed insieme al loro urlo di giustizia per le migliaia di desaparecidos, ormai a moltissime latitudini si chiede verità.
Perché vivos se lo llevaron, y vivos los queremos: il Messico dopo Ayotzinapa non sarà più lo stesso.