Diario dalla rete dei Siciliani giovani
Ritornando al Sud
Bene, finisce il festival, salutiamo gli amici. Comincia il viaggio di ritorno. Col treno ritorneremo da Ravenna fino a Bologna. La mattina trascorre velocemente, rimaniamo qualche ora dentro il centro e poi torniamo a Piazza San Francesco.
“Ieri, durante il dibattito, il parroco chiedeva di abbassare il volume.”.
– Non sapevo.
“Non te ne sei accorto!” fa Luciano
– Ma non hanno gradito?
“Boh, non s’è capito!”.
– Ma guarda, siamo stati premiati, appresso a Dante; che onore”
“E ora?”.
– Ora, ricominciamo a lavorare, a Bologna ci aspetta Salvo. Ma io vado a Firenze a casa di Nando, e domani ci rivediamo alla stazione.
“Buono che mi ospita Salvo, mi scocciava a venire con te a Firenze!”.
– Nando aveva preparato anche per te.
“Mi sarei annoiato, ma che lavoro fa?”.
– Insegna spagnolo in scuola, in un paesino alla periferia di Firenze, vicino a Barbiana.
“Professore? Mizzica, come Raffaella. Sai cosa che dovremmo approfondire, indovina?!”
La parola a Nando, che ci racconta una giornata fiorentina a scuola:
“Oddìo, sono le nove e trentacinque, speriamo di farcela. Quasi perdo il treno, se penso a quello che mi aspetta. Arriva a scuola e mi dirigo verso la Prima C. E’ un giorno in cui entro alla quarta ora. Non faccio in tempo a svoltare l’angolo che vedo mezza classe fuori che mi urla: “Mitico, prof, lei è il meglio” Quanti ragazzi in ogni classe, quant’è difficile lavorare in classi così numerose. In Seconda I, la più difficile delle mie classi, impera una sorta di bullismo al femminile. Si arriva alle minacce :“Se fai la spia al prof giuro che t’aspetto fuori.”.
“Appunto, il problema è sempre la fuori”
– La relazione con quel che i ragazzi vivono fuori, vuoi dire?
” La vita per quel che è, oltre al fatto che la scuola ha sempre meno risorse”
* * *
La parola a Raffaella e alla scuola di Librino:
“Qualche anno fa ero un’insegnante precaria, lavoravo in una scuola media di Librino a Catania. A settembre del 2009 era cominciata l’occupazione del Provveditorato, la protesta. Quello che mi colpiva degli studenti di quel quartiere era proprio la loro vivacità. Ma fuori della scuola, nel quartiere ci sono tante forze che remano contro. E’ stato davvero ostico per me insegnare lì. Gli atteggiamenti di sfida erano all’ordine del giorno”.
“Ora, per la salute – continua – sono impossibilitata a lavorare. La scuola mi manca, mi mancano gli alunni e mi mancano i colleghi. Sono passata da una fase “pubblica” ad una in cui purtroppo dovrò stare per un periodo lontana. Ma continuerò a riflettere sul perché di tante cose. Spero solo in una maggiore unità tra le varie forze che operano sul campo, non solo per la scuola, ma anche per l’intervento nei quartieri in cui la scuola opera. E’ chiedere troppo? Forse si!”.
Bel pezzo! Diciamo, per essere più specifici che il gruppo Lavori in corso non si è diretto da nessuna parte, nesssun dossier. Si è piegato per formare un cerchio. I cerchi non si spezzano di solito, se hanno coscienza della loro forma. Evidentemente questo non ce l’ha fino in fondo. In bocca a lupo per tutto e mi dispiace di non essere dei vostri al momento.