venerdì, Novembre 22, 2024
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Diario dalla rete dei Siciliani giovani

Eccovi il promemoria

Poi comincia il convegno, e qui abbia­mo segnato dei contenuti da non dimenti­care. Eccovi il promemoria. E’ un modo di passarvi la palla…

foto: Maria Vittoria Trovato
  • Parlare del grido della farfalla è par­lare dei “senza potere e senza voce” che sono facilmente schiacciati. L’obietti­vo è far uscire dal silenzio i temi dimenti­cati.
  • Il giornalismo, nella crescita demo­cratica di un paese, ha un ruolo atti­vo nel renderci consapevoli e responsabi­li.
  • Sono lontani i tempi delle grandi in­chieste di Ennio Remondino e Roberto Morrione. Nei giornali, invece i giornali­sti sono spesso precari, difficilmente tro­vano spazi ed energie per realizzare in­chieste. Fare il giornalista giornalista come Giancarlo Siani è diventato una missione invece di una professione
  • I giovani non vogliono imparare nien­te? Fare il confronto tra la scuola di ieri e quella odierna, non considerando come è cambiata la società, la famiglia, la televi­sione, la stampa e il web è un eserci­zio inutile.
  • Vero è che viviamo una crisi nell’edu­cazione, ma se c’é una via per il riscatto questa passa attraverso la scuola pubbli­ca.
  • Giovani ventenni: una generazione di­visa in due; chi si attiva, lotta e spesso in fuga all’estero, e chi si lascia trascina­re dal vortice del consumismo selvaggio. Tra attivi in fuga e animali consumatori c’é una terza via?
  • Chi sta al centro della società ? Senza giovani non c’é futuro. E’ banale a dirlo, ma non è chiaro ai giovani.
  • Il gioco è la prima forma di dipenden­za in Italia. Lo sapete? O lo fate? Per­ché fino ad ora non c’é mai stato da parte della politica un contrasto forte e un’opposizio­ne seria? Indifferenza o In­competenza? Oppure?
  • Partecipare è una prerogativa di tutti. Partecipare nelle assemblee, nelle piazze, nei partiti e nelle associazioni. La demo­crazia vive di partecipazione e la parteci­pazione vive di noi cittadini. Ma come si fa?
  • La fotografia del paese è quella in mano alla cattiva politica. Da una parte i partiti in crisi non più capaci di far parte­cipazione: i nuovi media, spesso sono uno strumento di comunicazione non demo­cratica.
  • Partecipare significa trovare un anti­virus a questa situazione storica. Se cam­biare si può, come e perché?
  • Residenza è esistenza: dall’avere o no un indirizzo di abitazione sulla nostra car­ta di identità dipende il posto di lavo­ro, o la pensione, o l’assistenza sanitaria. Chi ha perso la casa, non deve perdere la dignità.
  • Informare significa denunciare gli im­brogli del potere. Informare significa te­stimoniare a fianco dei poveri, e dei senza potere.
  • Perché le televisioni limitano l’infor­mazione sulle guerre dimenticate? Perché si limitano a parlare del caduto e della sua famiglia in Italia. Questo è par­lare di guerra?”
  • Quale giornalismo critica le ragioni degli interessi economici dei terzi, nelle guerre dimenticate? Quale giornalismo ci porta lontano anche geograficamente?
  • “Mettersi in cerchio” per capire, farsi domande, essere compagnia l’uno all’altro. Che cosa è poi antimafia socia­le? Uscire dall’indifferenza è una delle ri­sposte, se non la risposta, emersa dall’incontro sulla lotta alle mafie.
  • Il dossier 2012 sulle Mafie in Emilia Romagna, utilizzato come fonte anonima da Repubblica è uno degli esempi di come i grandi giornali usano il giornali­smo di base senza citare la fonte
  • Far bene il mestiere di giornalista comporta spesso conseguenze pesanti. Ol­tre le minacce fisiche, esistono le que­rele, efficacissimi bavagli. Ce lo hanno ricor­dano Davide Oddone e Gaetano Alessi.
  • La geografia economica e criminale della mafia non è divisa per regioni; lo si sa da tempo. Ecco perché oggi non pos­siamo più parlare di infiltrazioni, bensì di radicamento delle mafie.
  • Le palazzine colorate nella pianura padana non sono poi così lontane dai mar­ciapiedi sconnessi e le fogne inesistenti di Librino, il quartiere catanese raccontato nel monologo omonimo da Luciano Bru­no.
  • La vera evoluzione del giornali­smo parte dalle parole giuste, biso­gna usare correttamente la lingua. L’italiano non ha il neutro, ma ma­schile e femminile. Nei nostri voca­bolari le definizioni sono tutte al ma­schile, perché non rispettare la no­stra ricca grammatica, e coniugare i gener­i quando si scrive? Non è per una que­stione lessicale, ma perché le pa­role raf­forzano gli stereotipi e il lin­guaggio è alla base dei nostri com­portamenti.
  • Se il linguaggio che si usa non nomi­na le donne, le can­cella. Chi non è nomi­nata non esiste. L’oscuramento delle don­ne cancella la figura fem­minile, come, al contrario, l’enfatizzazio­ne la distorce.
  • Se non si usa il linguaggio in modo corretto, gli stereotipi resteranno un rifles­so condizionato da cui non riuscire­mo a liberarci. Questo nodo va sciolto se si vuol comprendere e definire la realtà, al­trimenti, il femminicidio rimarrà per sem­pre un delitto passionale. un linguag­gio corretto significa sostenere una cultu­ra che ha rispetto dei generi. Ce lo ha ricor­dato Carla Baroncelli.

Un pensiero su “Diario dalla rete dei Siciliani giovani

  • Bel pezzo! Diciamo, per essere più specifici che il gruppo Lavori in corso non si è diretto da nessuna parte, nesssun dossier. Si è piegato per formare un cerchio. I cerchi non si spezzano di solito, se hanno coscienza della loro forma. Evidentemente questo non ce l’ha fino in fondo. In bocca a lupo per tutto e mi dispiace di non essere dei vostri al momento.

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