Diario dalla rete dei Siciliani giovani
Notti insonni, articoli, litigate…
Mettiamola così. Non stiamo andiamo a un festival organizzato da persone importanti. Ma a un incontro civile e umanissimo.
Alessandro dice: “Ci sono giorni in cui nel volto di ogni persona che incontri per strada vedi l’indifferenza, la rassegnazione. Altri giorni in cui al posto del grigio vedi una luce. La speranza, la consapevolezza, l’energia. La voglia e il coraggio del riscatto. Senti che si è tutti la stessa cosa, che il tuo cuore batte esattamente allo stesso ritmo dei loro. Che si va tutti nella stessa direzione: in questi giorni le persone si incontrano, si siedono, ascoltano, ridono e si commuovono”.
E Paola ci spiega come hanno organizzato il festival:
“Il Grido della Farfalla è cura per i dettagli. Come dire la brocca dell´acqua di Giorgio, il tavolino della mamma di Alessandro, le sedie di casa di Ambra, il faretto di Andrea, la prolunga di Fabio, i foglietti stampati da Silvia, le birre comprate da Canto, i bicchieri lavati con Enrico, i fili colorati appesi da Ale, gli spessori per il palco disposti da Massimo, i twitter inviati da Claudia, e tanto altro ancora”.
“C´è un lavoro certosino di comunicazione, burocrazia, notti insonni, articoli, telefonate e litigate. E alla fine c´é la fiducia in gruppo di persone”.
Chi partecipa a queste giornate in cui ci si scambia informazioni sul giornalismo in Italia? Mila Spicola, Girolamo De Michele, Maurizio Fiasco, Gianfranco Pasquino, Luca De Biase, Maria Pia Passigli ed Antonio Mumolo, Walter Passerini, Nadia Somma, Alessandra Bagnara, Claudio Lanconcelli, Marta Gatti, Fulvio Di Giuseppe, David Oddone, Gaetano Alessi, Loris Mazzetti, Carla Baroncelli.
Il Grido della Farfalla porta con l’informazione libera un confronto tra le persone – spiega Andrea – Il nostro Paese in questi anni viene tirato da ogni parte in cerca di strappi e per qualche giorno di maggio, in una piazza, si possono conoscere persone che quotidianamente agiscono per ricucire. Tirano i razzisti, tirano coloro che abbattono la cultura e la scuola, tirano i corrotti e i collusi. Il Grido riunisce giornalisti e professori che non si chiudono nel loro interesse privato, con la speranza di contaminare impegno civile e personale”.
Il premio per il giornalismo d’inchiesta lo vincono Andrea Palledino e Luciano Scaletteri con “L’ultimo viaggio di Ilaria Alpi e Miran”, e Antonio Mazzeo per “Mafia-Stato: la trattativa continua ora”, un’inchiesta dei Siciliani giovani. Altri premi li vincono Claudia Campese di Ctzen, con “Confiscate e abbandonate”, e la redazione del Clandestino con “Amici strozzini”. A David Oddone, Luciano Bruno e a me premi honoris causa.
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A Ravenna, a Piazza Garibaldi ogni domenica fanno un mercatino dell’antiquario e dei libri usati. C’é un’associazione che si occupa di raccogliere i vecchi libri, catalogarli, e rivenderli. Chi li ordina e li cataloga? Dei ragazzini seguiti da volontari. Ragazzini con problemi di inserimento.
Ci trovo una prima edizione della Lettere di Don Milani. Le rileggiamo con Luciano, e pensiamo al legame tra quella esperienza e ogni altro tassello di esperienze di gruppo, da Barbiana a Raffadali, o da Bologna a Catania, o da Ravenna a Ragusa e a Modica. E ai ragazzi dello Zuccherificio, col loro “cercare altre persone che conoscono” uscendo da un’insofferenza generalizzata. Non sia mai che “leggendo il giornale si prende la prima pagina ed il titolo e basta.”
Il giorno prima a Palermo
Il giorno prima a Palermo. Andando dall’autostrada verso Capaci, fino all’aeroporto. In macchina, stiamo attraversando il luogo della strage. In silenzio a chiederci, cosa significa avere coraggio da spendere una vita, da usarla sino in fondo. Andiamo a prendere un premio, il dono di parole accolte e restituite e siamo felici di esser stati scelti. Andiamo a testimoniare una responsabilità, una posizione che forse non siamo capaci di gestire. Portiamo con noi delle consapevolezze e delle ferite. Sappiamo perfettamente che c’è chi ride di questo, ma – insieme – possiamo andare. Con la nostra pazzia, possiamo riprendere la penna, e la parola.
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Andare a Ravenna è un passaggio, un movimento in cui ciò che conta è la possibilità di collegare delle storie, di mettere insieme dei cocci, di portarsi indietro con la memoria per non dimenticare.
Un famoso giornalista in questi giorni viene a spiegarci in televisione, come la Sicilia sia una fogna del potere. Non è una gran constatazione, né gran giornalismo.
La denuncia vera invece è quella fatta da quel giornalista che da una cittadina del messinese pazientemente va e viene da Niscemi, a dare una mano alla gente dei No Muos. Oppure la sovraesposizione della vita quotidiana in un piccolo paese, il giorno dopo avere denunciato i brogli. O llavorare a un giornale senza avere i soldi per pagarsi l’assicurazione e la benzina della moto. Metterci la faccia e la passione per organizzare un giornale e un festival del giornalismo a Ragusa, come i ragazzi del Clandestino. Oppure stare su al nord come Ester a lottare tra i testi antichi e i poteri che ti vogliono cambiare.
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Così oltre il silenzio, oltre le parole, anche noi osiamo ridere allegramente, alla Totò e Peppino. Ma solo una volta percorso il tratto da Capaci all’aeroporto, solo dopo che il check ci ha fatto pagare la multa per esserci portati appresso troppi giornali, quei “Casablanca” e quei fogli dei Siciliani giovani, quel disegno di legge di Giovanni Campo – dimenticato – sul riordino del territorio italiano, e la prima biografia di Pippo Fava scritta da Rosalba Cannavò troppi anni fa.
Bel pezzo! Diciamo, per essere più specifici che il gruppo Lavori in corso non si è diretto da nessuna parte, nesssun dossier. Si è piegato per formare un cerchio. I cerchi non si spezzano di solito, se hanno coscienza della loro forma. Evidentemente questo non ce l’ha fino in fondo. In bocca a lupo per tutto e mi dispiace di non essere dei vostri al momento.