lunedì, Novembre 25, 2024
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Diario dalla rete dei Siciliani giovani

L’informazione ribelle

Arriviamo a Ravenna. Tra i turisti alla ricerca di Dante, e gli immigrati della sta­zione, ci siamo Luciano ed io. Anche Lu­ciano è perso come me tra le difficoltà del lavoro e in più ne ha altre che riguardano la vita con Raf­faella. Stanno passando un periodo difficil­e, e vanno avanti forti del loro amore.

Ora siamo qui, a darci una mano come fratelli miracolosamente indivisibili; osando uscire da Catania, a confrontare la “nostra” mafia con la resistenza al nord, le nostre vite con quelle di altri esseri umani.

Perciò, più che un viaggio, questa si presenta come una sfida a noi stessi. Ci portiamo dappresso le periferie, Librino, San Cristoforo e la liturgia ordinata dei nostri amici del Gapa; e andiamo a con­frontarla con la mafia del nord, nean­che troppo sommersa, che ha una sua vita e un suo radicamento, anche qui; che giornali e i gruppi locali, organizzati da giovani trentenni, lottano e denunciano, dichiaran­do con coraggio di avere come modello Enzo Biagi, e Pippo Fava. E la­vorando nella rete dei Si­ciliani Giovani.

C’é Dieci e venticinque, che è un gior­nale di inchieste contromafie, ci sono i ragazzi del collettivo antima­fia Pio La Torre di Rimini e quelli di No Name oltre ai ragazzi del gruppo dello Zuc­cherificio di Ravenna.

Nel viaggio alla scoperta dalle pe­riferie alle città, dalla illegalità alla legalità, tra le cit­tà dell’Emilia Ro­magna”, essi si dichiarano disposti a tessere umilmente la rete con tutti gli altri gruppi che fanno dell’azio­ne ci­vile, della cooperazione e della lotta contro le mafie, i va­lori costi­tutivi del paese.

* * *

Ravenna. Alla stazio­ne, qualche ora prima dell’incontro sul giornalismo anti­mafia in Italia. Abbiamo qualche ora libe­ra, e pos­siamo cercare di guardare attorno.

Il pretesto è il pranzo al McDonald, dove incontriamo un uomo trentanoven­ne del Marocco. Come si vive di lavoro ma­nuale al nord, e come al sud? Parlan­doci, come si fa tra operai.

“Quanto si paga una casa al nord, e quanta libertà hai di passeggiare, ma an­che di vivere liberamente la tua vita?”

Non solo soltanto i soldi a fare la diffe­renza, ma anche la propensione a farti ri­spettare.

Il nostro amico è chiaro: “Ho spaccato la faccia ad un padroncino che mi sfrutta­to fino al momento in cui ho ricevuto i documenti per partire e ritornare. Non gli ho fatto tanto male, ma quanto basta!”, dice guardandoci. Ci salutiamo, le strade si separano, non prima che l’amico si pre­murasse di offrire un caffé, per affermare una simpatia. Quindi il tempo di posare i vestiti in camera, e ci avviamo verso Piaz­za San Francesco.

Dei fili per collegare

Di passaggio a Piazza del Popolo Qual­che giorno prima i ragazzi dello Zuccheri­ficio hanno organizzzato una rappresenta­zione civile della rete. Da una parte all’altra delle case hanno fatto passare dei fili per collegare, gli appartamenti, i mo­numenti, le finestre e le porte della città. “Lo scopo è far sorridere, colorare la cit­tà, ristruttu­rare il senso di comunità”.

Ora passando da questa piazza, penso, mi devo portare appresso il sentimento del giovane lavoratore del Marocco, oltre che la voglia di raccontare la marginalità di Catania. Fare della traduzioni, da un mon­do all’altro, da una vita ad un’ altra, da una esperienza all’altra. Questa è la sfida; par­lare senza paura di essere vero.

Un pensiero su “Diario dalla rete dei Siciliani giovani

  • Bel pezzo! Diciamo, per essere più specifici che il gruppo Lavori in corso non si è diretto da nessuna parte, nesssun dossier. Si è piegato per formare un cerchio. I cerchi non si spezzano di solito, se hanno coscienza della loro forma. Evidentemente questo non ce l’ha fino in fondo. In bocca a lupo per tutto e mi dispiace di non essere dei vostri al momento.

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