Diario dalla rete dei Siciliani giovani
L’informazione ribelle
Arriviamo a Ravenna. Tra i turisti alla ricerca di Dante, e gli immigrati della stazione, ci siamo Luciano ed io. Anche Luciano è perso come me tra le difficoltà del lavoro e in più ne ha altre che riguardano la vita con Raffaella. Stanno passando un periodo difficile, e vanno avanti forti del loro amore.
Ora siamo qui, a darci una mano come fratelli miracolosamente indivisibili; osando uscire da Catania, a confrontare la “nostra” mafia con la resistenza al nord, le nostre vite con quelle di altri esseri umani.
Perciò, più che un viaggio, questa si presenta come una sfida a noi stessi. Ci portiamo dappresso le periferie, Librino, San Cristoforo e la liturgia ordinata dei nostri amici del Gapa; e andiamo a confrontarla con la mafia del nord, neanche troppo sommersa, che ha una sua vita e un suo radicamento, anche qui; che giornali e i gruppi locali, organizzati da giovani trentenni, lottano e denunciano, dichiarando con coraggio di avere come modello Enzo Biagi, e Pippo Fava. E lavorando nella rete dei Siciliani Giovani.
C’é Dieci e venticinque, che è un giornale di inchieste contromafie, ci sono i ragazzi del collettivo antimafia Pio La Torre di Rimini e quelli di No Name oltre ai ragazzi del gruppo dello Zuccherificio di Ravenna.
Nel viaggio alla scoperta dalle periferie alle città, dalla illegalità alla legalità, tra le città dell’Emilia Romagna”, essi si dichiarano disposti a tessere umilmente la rete con tutti gli altri gruppi che fanno dell’azione civile, della cooperazione e della lotta contro le mafie, i valori costitutivi del paese.
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Ravenna. Alla stazione, qualche ora prima dell’incontro sul giornalismo antimafia in Italia. Abbiamo qualche ora libera, e possiamo cercare di guardare attorno.
Il pretesto è il pranzo al McDonald, dove incontriamo un uomo trentanovenne del Marocco. Come si vive di lavoro manuale al nord, e come al sud? Parlandoci, come si fa tra operai.
“Quanto si paga una casa al nord, e quanta libertà hai di passeggiare, ma anche di vivere liberamente la tua vita?”
Non solo soltanto i soldi a fare la differenza, ma anche la propensione a farti rispettare.
Il nostro amico è chiaro: “Ho spaccato la faccia ad un padroncino che mi sfruttato fino al momento in cui ho ricevuto i documenti per partire e ritornare. Non gli ho fatto tanto male, ma quanto basta!”, dice guardandoci. Ci salutiamo, le strade si separano, non prima che l’amico si premurasse di offrire un caffé, per affermare una simpatia. Quindi il tempo di posare i vestiti in camera, e ci avviamo verso Piazza San Francesco.
Dei fili per collegare
Di passaggio a Piazza del Popolo Qualche giorno prima i ragazzi dello Zuccherificio hanno organizzzato una rappresentazione civile della rete. Da una parte all’altra delle case hanno fatto passare dei fili per collegare, gli appartamenti, i monumenti, le finestre e le porte della città. “Lo scopo è far sorridere, colorare la città, ristrutturare il senso di comunità”.
Ora passando da questa piazza, penso, mi devo portare appresso il sentimento del giovane lavoratore del Marocco, oltre che la voglia di raccontare la marginalità di Catania. Fare della traduzioni, da un mondo all’altro, da una vita ad un’ altra, da una esperienza all’altra. Questa è la sfida; parlare senza paura di essere vero.
Bel pezzo! Diciamo, per essere più specifici che il gruppo Lavori in corso non si è diretto da nessuna parte, nesssun dossier. Si è piegato per formare un cerchio. I cerchi non si spezzano di solito, se hanno coscienza della loro forma. Evidentemente questo non ce l’ha fino in fondo. In bocca a lupo per tutto e mi dispiace di non essere dei vostri al momento.