Depistaggio di Stato?
Quale epilogo?
La memoria conclusiva della procura di Caltanissetta e l’istanza della procura generale nissena rappresentano un punto di partenza dal quale si deve necessariamente ripartire per poter giungere alla totale verità sulla strage di via D’Amelio. L’ultima versione di Vincenzo Scarantino e dei suoi compari di sventura, scaturita dopo le rivelazioni di Gaspare Spatuzza, riapre gli scenari su possibili depistaggi istituzionali già presenti nelle stragi di Stato che hanno insanguinato il nostro Paese. Siamo di fronte ad una regia occulta capace di scrivere il copione che è stato fatto leggere a Candura, Scarantino e Andriotta? A quali ordini ha obbedito Arnaldo La Barbera, alias “Rutilius” (nome in codice ai tempi della sua collaborazione con i Servizi), quando lui e i suoi uomini impartivano “lezioni” a Scarantino e compagni? Dal canto suo il picciotto della Guadagna ha riferito negli anni una quantità di bugie che sono crollate miseramente con l’avvento di Gaspare Spatuzza. Ma altresì ha saputo fornire elementi veritieri, successivamente confermati dai nuovi collaboratori. Secondo quale strategia si è deciso quali notizie “confidenziali” dovevano essere messe in bocca a Scarantino, Candura e Andriotta? Alcune di queste dovevano essere veritiere, altre invece erano destinate a sbriciolarsi. Un grave errore o un rischio da correre sull’altare di una “ragione di Stato” figlia di una “trattativa” tra mafia e istituzioni vigente da decenni? E soprattutto quale “trattativa” è stata intuita da Paolo Borsellino al punto che la sua scoperta ha accelerato il programma del suo omicidio? Al momento le indagini sulla strage di via D’Amelio proseguono. Ma anche questa volta è una lotta contro il tempo. Contro l’oblio che incombe sulla fragile memoria del nostro Paese. Indifferente e complice a tanti crimini commessi. La risposta di Agnese Borsellino a Vincenzo Scarantino restituisce integra quella dignità e quella sete di giustizia calpestata ripetutamente da chi non vuole la verità sulla strage di via D’Amelio. A futura memoria.
La lettera di Agnese Borsellino
Caro Vincenzo,
ti fa onore che tu abbia avvertito il bisogno di chiedermi perdono, è un sentimento che io accetto.
Mi chiedo tuttavia quali siano i motivi per i quali mi chiedi perdono, quale ribellione ha la tua coscienza, come sei stato coinvolto in questa immane tragedia? Prima della strage quali sono stati i referenti che ti hanno indirizzato nella cattiva strada approfittando delle tue fragilità?
Dopo la strage di via d’Amelio quali sono le persone che ti hanno “zittitto” e “minacciato”?
Quali istituzioni avevano interesse a depistare le indagini? E secondo te perché?
Tutto quello che mi scrivi può essere anche realtà. Aiuta chi ti ascolterà a conoscere la verità su questo drammatico depistaggio, talmente grave che i suoi autori meritano di essere puniti e smascherati quanto coloro che hanno armato la mano degli attentatori.
Inizia una nuova vita rivelando tutto quello che sai ai magistrati di Caltanissetta, i tempi sono cambiati, solo così ti sentirai un uomo libero; racconta tutta la verità evidenziando prove valide ai fini processuali, un vero uomo deve possedere in tutti i momenti della sua vita il coraggio delle proprie azioni, siano esse cattive siano esse buone, non ti arrendere dinnanzi alle difficoltà, solo così guarirai definitivamente dalla depressione e onorerai la memoria di un santo uomo quale verosimilmente è stato mio marito Paolo.
Parla solo e soltanto con il procuratore della Repubblica di Caltanissetta, il dottor Sergio Lari, che ti assicuro paternamente ti ascolterà.
Con umana cristianità ti auguro tutto il bene possibile.
Agnese Borsellino
(sul n. 68 di Antimafia Duemila il dossier completo sulla strage di via D’Amelio)