Dall’eroina al plutonio Le vie dell’Obšcina
Le guerre, i crimini, i traffici, le complicità
La Cecenia è una Repubblica autonoma della Federazione Russa situata nel Caucaso, al confine con la Georgia. Storicamente contesa fra le varie potenze che la circondavano, i suoi abitanti hanno da sempre dovuto difendersi, coltivando una grande volontà combattiva e un forte sentimento etnico-patriottico.
Da quando vennero sottomessi fra la fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocento dall’impero Russo, la resistenza dei ceceni contro l’invasore è una costante. Questa resistenza storica si manifesta in particolare durante lo sfaldamento dell’Urss. Negli ultimi mesi del 1991 il generale Dzochar Dudaev, approfittando degli endemici sentimenti anticomunisti ceceni e della confusione regnante a Mosca, rovescia l’élite sovietica locale e prende il potere a Grozny, la capitale. Nasce così la Cecenia, che nel 1993 dichiara unilateralmente l’indipendenza coll nome di Repubblica cecena di Ichkeriya.
La scelta indipendentista crea subito una serie di problemi: incertezze economiche e politico-istituzionali, infatti, favoriscono lo sviluppo di alcune attività illecite. Non solo: presto la Cecenia diventa un porto franco del terrorismo e della criminalità, grazie a un decreto –emanato dal neo-presidente Dudaev– dichiarante come prive di valore e inapplicabili sul territorio ceceno quelle sentenze di condanna pronunciate dalle Corti dei Paesi che internazionalmente non avevano riconosciuto l’indipendenza cecena. Inoltre, una sorta di “guerra civile” non dichiarata fra le varie fazioni pro e contro Dudaev e l’embargo russo accentuano lo sviluppo di mercati paralleli e illeciti e la forza delle organizzazioni criminali.
La successiva prima guerra cecena (1994–1996) fra la neonata repubblica e la Federazione Russa favorisce il fiorire e il prosperare delle organizzazioni criminali. Inoltre, la chiamata al jihad da parte del Gran Muftì (l’autorità religiosa della Cecenia, a maggioranza musulmana) porta centinaia di combattenti a rimpolpare le fila cecene. Ciò crea una situazione caotica i cui effetti si sentono ancor oggi.
Il conflitto viene vinto dai ceceni; i quali, però, perdono la pace. Infatti, il Paese diventa un buco nero in cui gli affari criminali prosperano più di prima. Dimenticata da Mosca, senza un reale controllo da parte dell’amministrazione del neoeletto presidente Maskhadov e pervasa da una grave crisi economica, in Cecenia fioriscono i “signori della guerra”, che in varie zone esautorano l’autorità governativa, compiendo razzie e rapimenti. Forse anche grazie all’aiuto degli stessi servizi di sicurezza del Cremlino, la situazione si rende così fin da subito critica.
La seconda guerra cecena scoppia il 29 settembre 1999. Il sostegno russo a frange minoritarie di lealisti delegittima le autorità e fomenta una vera e propria guerra civile. La fase militare del conflitto si chiuda in maniera vittoriosa per gli uomini di Mosca già nel 2002, anche se la lotta al terrorismo si è protratta fino al 2009.
Nel 2005 viene ucciso Maskhadov, ultimo esponente di rilievo dell’indipendentismo “laico” ceceno. Così la lotta viene catalizzata dalla fazione ultrareligiosa, sostenuta da numerosi mujaheddin giunti grazie alla chiamata al jihad in occasione di entrambi i conflitti e finanziata dai Paesi arabi del golfo.
È in questo panorama condito da instabilità politica, conflitti etnico-religiosi e guerra perenne che il territorio ceceno diventa uno dei terreni più fertili per l’insorgere di ogni tipo di attività criminale.
Il secondo intervento russo in Cecenia, infatti, oltre che come lotta al terrorismo di matrice islamica viene presentato come volto a eliminare un nido della criminalità organizzata, un rifugio da cui numerosi malavitosi gestiscono tranquillamente affari in tutto il mondo.
Simile a Cosa Nostra
In effetti, la criminalità organizzata cecena è tra le più feroci ed efficienti. Chiamata Obšcina (in russo “comunità”), trova nome e origine nel movimento sovversivo fondato nel 1974 da Chož-Ahmed Nouchaev, uno studente universitario. Strutturata su un modello gerarchico simile a quello di Cosa Nostra, ottiene con gli anni la reputazione di essere la più coesa e pericolosa fra le organizzazioni a base etnica.
Sebbene in Russia la maggior parte dei gruppi criminali sia plurietnico, molti clan ceceni (con azeri e georgiani, vicini e tradizionali alleati) si sono infatti spinti fino alla Siberia, controllando piantagioni di oppio un po’ ovunque. Inoltre, grazie alla loro solida e strutturata rete di contatti tra le forze dell’ordine, sono divenuti un partner efficiente per molti altri gruppi criminali, ad esempio quelli tagichi o uzbeki.
Alcuni studi investigativi recenti hanno dimostrato che la sfera di influenza della mafia cecena si estende da Vladivostok a Vienna, con propagini in tutto il mondo. E’ presente nella “triplice frontiera” fra Argentina, Brasile e Paraguay, con l’appoggio dalla considerevole comunità musulmana coinvolta nei traffici di sostanze stupefacenti e di armi dall’America all’Europa. Le attività cui si dedica sono di varia natura: distribuzione di moneta falsa, appropriazione indebita, ricettazione, riciclaggio di denaro, tratta di clandestini, traffico di stupefacenti (che in alcune aree monopolizza) e persino di sostanze radioattive come il plutonio.
La principale attività rimane comunque il traffico di droga. A nord e a sud del Caucaso, infatti, transitano le partite di oppio, morfina base e hashish provenienti dalla Mezzaluna d’Oro e in particolare dall’Afghanistan. Esse arrivano dall’Iran o dal Turkmenistan, attraversano il Mar Caspio e si dirigono, passando il Mar Nero, verso i Balcani e verso l’Europa. Questo percorso, noto come “Rotta caucasica”, si connette con la “Rotta balcanica” o con la “Rotta baltica”, portando la droga a San Pietroburgo e negli Stati dell’Europa nord orientale e centrale.
I tragitti del Caucaso
I tragitti che attraversano il Caucaso, oltre a raggiungere l’imponente mercato della Federazione russa, sono anche decisamente sicuri; infatti la mancanza di infrastrutture necessarie a proteggere i confini, le continue guerre o scontri e la scarsa cooperazione internazionale dei vari Paesi della regione rendono quest’area una ghiotta preda per i trafficanti.
Il primato ceceno sembra indiscusso anche nel traffico delle armi. Ovviamente la fioritura di questo commercio si deve alla situazione di continua tensione e conflitto della regione caucasica. Questo è un traffico importante, che in passato ha tratto vitalità dall’estrema facilità con le quale giungevano in Cecenia le armi dai depositi ex sovietici e dai Paesi del Medio Oriente e del Golfo Persico.
Il traffico del petrolio
Un terzo traffico importante è quello del petrolio, grazie tanto alla vicinanza dei grandi centri petroliferi caucasici come quello di Baku in Azerbaigian quanto al passaggio di una serie di oleodotti in Cecenia.
La mafia cecena, ha quanto sembra, ha costruito gran parte delle sue ricchezze iniziali proprio rubando il petrolio dagli oleodotti e rivendendolo al mercato nero.
Inoltre, il controllo dell’indotto illecito intorno al petrolio attualmente costituisce una fonte di arricchimento molto importante anche per i militari russi, la polizia cecena filorussa e gli uomini d’affari ceceni che dispongono di una buona rete di relazioni.
L’affare del petrolio è redditizio persino a livello locale. I numerosi pozzi e le piccole raffinerie artigianali – detti “samovar” e costruiti e sfruttati illegalmente nei villaggi già dalla fine del primo conflitto – sono spesso oggetto del racket (consistente nell’autorizzazione a usarli e nella protezione in cambio di benefici) da parte sia dei militari dei vari schieramenti sia dei gruppi criminali.
Un’altra attività che ebbe grande importanza durante i conflitti ma che comunque ne ha ancora per via della situazione di indigenza in cui versa parte della popolazione è il mercato nero, in cui al tempo confluivano tutte le merci che venivano sottratte nel corso delle varie operazioni di “pulizia”, come le cosiddette zacistki o zaciski, rastrellamenti indiscriminati contro la popolazione civile in cerca di terroristi.
Inoltre, durante i conflitti (specie nel secondo) si sviluppò anche l’usanza, soprattutto fra i militari russi, di ricercare il guadagno tramite la richiesta di un vero e proprio riscatto per le persone arrestate o catturate nel corso di queste azioni e persino per il recupero dei cadaveri; tanto che si venne a creare addirittura un sistema perfettamente rodato di tariffe.
Tutto ciò era nelle mani di brigate criminali russo-cecene. Queste rappresentavano la connessione e commistione di interessi e azioni fra forze legali (i militari) e forze illegali (i criminali), a tal punto che difficilmente si potevano distinguere le due sponde. Anche se affievolito, nel mercato nero tale binomio rimane.
Perché il via libera ai mafiosi
Il vuoto repressivo in Cecenia deriva da tre fattori distinti, ma perfettamente omologati e intersecati fra loro.
Il primo consiste nella volontà politica di compiacere le organizzazioni criminali, da parte di uomini dello Stato – ceceno prima, russo ora – che con queste hanno profondi agganci, tanto che alcuni membri del governo centrale o delle amministrazioni locali ne fanno parte.
Il secondo nella corruzione pervasiva dell’apparato statale, che garantisce una certa malleabilità e reverenza nei confronti di determinati soggetti.
Il terzo fattore – forse quello determinante per il “buco nero” ceceno – consiste nella disattenzione dello Stato che, occupato a risolvere questioni di sicurezza nazionale come il conflitto prima ed il terrorismo poi, lascia ampio margine d’azione ai vari signori della guerra, sia criminali che militari.
Il terrorismo ceceno è andato presto associandosi a quello cosiddetto islamico (principalmente di stampo wahabita), sia per la chiamata al jihad promossa in entrambi i conflitti, sia per il persistente malcontento socio-economico della popolazione, che vede nelle istituzioni islamiche le uniche davvero salde e con disponibilità economica, dati i finanziamenti che ricevono dai Paesi arabi.
Un conglomerato paramilitare
Il terrorismo è un elemento che non si può dissociare dal fenomeno criminale in Cecenia e nel Caucaso, soprattutto dopo il 2002. Il caso ceceno è paradigmatico per evidenziare i rapporti fra organizzazioni criminali e quelle terroristiche.
In Cecenia, infatti, si è formato un conglomerato paramilitare, che è un utile supporto per condurre azioni terroristiche, tanto da parte dei jihadisti, quanto da quella dei nazionalisti russi.
Le stesse entità criminali russe e islamiche, che si sono politicizzate e legate al terrorismo, formarono da allora una sorta di “criminalità ibrida”, un mix tra criminalità organizzata e terrorismo simile a quella che si può riscontrare nei Balcani o in Afghanistan. Ciò deriva da una sempre più costante sovrapposizione fra le attività terroristico–insurrezionali e le vie del narcotraffico, il che crea una stretta connessione fra tali attività e il traffico di droga del quale esse probabilmente si alimentano.
In ogni caso in Cecenia le organizzazioni criminali autoctone non si schierano apertamente e definitivamente con nessuno dei diversi contendenti sul territorio, per potersi giovare al massimo negli affari di questa situazione di perpetua no man’s land, così come fanno anche le diverse autorità federali, locali e militari.