Dal boia chi molla all’arraffa-arraffa
14 luglio 1970: i moti di Reggio Calabria. Da lì ricomincia la storia della destra eversiva reggina, che ha portato i fascisti nei palazzi di governo, ripuliti dall’immagine giovane del leader Giuseppe Scopelliti.Quella vicenda ha lasciato un segno tangibile, con cui la città non ha ancora fatto i conti.
La scelta del capoluogo a Catanzaro, le promesse politico-industriali, l’università a Cosenza, mettevano in un angolo Reggio. I boia chi molla hanno guidato l’onda del dissenso, giocando un ruolo che è sconfinato oltre la protesta.
“Questa è la nostra rivolta – dicevva Ciccio Franco – il primo passo per la rivoluzione nazionale”. Si capisce cosa balenava fra le capocce nere, che assaltavano la prefettura, inneggiavano alla violenza, tentavano invano di isolare la regione, a furia di bombe sui treni, alle mobilitazioni degli operai del sindacato.
La rivolta antisistema missina coincideva, in tutto o in parte, con la delegittimazione dello Stato voluta dalla ‘ndrangheta. Da lì nasce il legame stretto fra la destra eversiva e le cosche reggine.
E’ questo il retroterra su in cui cresce la figura di Scopelliti: militante del Fronte della gioventù (di cui diventa segretario nazionale), idolatra di Almirante, presidente del consiglio regionale e assessore al lavoro.
Un uomo di potere, convinto erede di quella storia, che esaurita la rivolta, si è invaghita del contropotere mafioso. E ha rinunciato alla “rivoluzione”, preferendo gli appalti.
Scopelliti diventa sindaco di Reggio dopo l’esperienza che aveva regalato più speranze alla città: l’amministrazione di Italo Falcomatà, primo e ultimo sindaco dalla sinistra reggina. La città ricorda ancora quegli anni: il riscatto delle periferie, la lotta contro l’arroganza mafiosa, la cura del territorio.
Morto Falcomatà, Reggio ha pianto. Ma la sinistra non ha retto il colpo, e il Comune è finito in mano ai Boia chi molla.
La Reggio perbene ha continuato a fare i soldi schierandosi al fianco del giovane rampante abituato al potere. È stata confinata al suo lungomare, ai concerti di Mtv, Rtl 102.5, alle modelle sul corso. Il palcoscenico migliore per nascondere una città che non ce la fa ad arrivare a fine mese. Le aziende partecipate che non pagano gli stipendi, le casse integrazioni, i buchi milionari, la sanità ridotta in frantumi.
Quest’anno nelle vetrine delle librerie un volantino comunicava alle famiglie che i cedolini per i libri di testo non sarebbero stati ammessi perché mai rimborsati.
Intanto il Comune comprava al doppio del prezzo di mercato Italcitrus, promuoveva Massimo Pascale segretario del sindaco e Luigi Tuccio assessore, entrambi parenti di Pasquale Condello, cugino dell’altro Pasquale: il Supremo. E apriva una joint venture legata alla cosca Tegano, stilava una corsia preferenziale per gli appalti a favore delle aziende amiche. L’elenco continua con l’arresto di importanti sostenitori di Scopelliti Governatore, in primis Santi Zappalà, già condannato a quattro anni per corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso. Si sgretola così l’integrità pubblica del modello Reggio, morto nella solitudine del suicidio di Orsola Fallara, lasciata sola al suo destino, vittima sacrificale di un sistema che per reggere ha abbandonato la sua commercialista.
Del modello Reggio restano la disoccupazione giovanile sopra il 30 per cento, i servizi inesistenti, l’industrializzazione realizzata a singhiozzo nel consumo padronale della forza lavoro, sospesa fra indeterminatezza ed oppressione, oggetto della speculazione mafiosa.
La marginalità politica ha portato ad un senso profondo di abbandono. Da qui nasce la sfida più alta che deve cogliere la sinistra: riprendere in mano la missione di cambiamento reale, perché quel sentimento non trascenda nell’ostilità della disperazione.Al capolinea dei poteri egemonici si ingenera incredulità, seguita dal caos e da un nuovo ordine che si ricrea. Lo spirito col quale si attraversa la fase caotica, il senso di rivolta che attraversa le fasce sociali più colpite, sarà la premessa sulla quale si costruirà il futuro.
Reggio Calabria ha una storia che può far valere. La storia di Italo Falcomatà, dei sindaci che hanno riscattato le periferie, rivalutato il lavoro, la bellezza di una terra affranta. È la reazione dei metalmeccanici di Trentin alle rivolte fasciste, di quella strofa di Giovanna Marini, la più bella, che dà alla gente di Reggio la dignità di esserci, di contare: “E alla sera Reggio era trasformata, pareva una giornata di mercato, quanti abbracci e quanta commozione: gli operai hanno dato una dimostrazione”.