Da una terra speziata come la Sicilia, nasce la Ciaurusa dei Fratelli Birra Fondai.
“La mia passione è da sempre la birra, ma quando ho iniziato a produrla in casa non pensavo che avrei aperto un micro birrificio” racconta Saro, i suoi occhi brillano per la gioia.
Rosario Di Caro è uno dei due Fratelli Birra Fondai di Misterbianco, insieme a sua sorella Santa ha concretizzato un sogno, tra strade di campagna e qualche auto che corre per la strada.
“In fondo è lo stesso percorso di un gruppo musicale: prima incide un demo e poi passa al prodotto finito, sperando nel frattempo di diventare qualcos’altro. Altri “homebrew” mi hanno spronato a fare il salto di qualità: da una realtà casalinga ad una imprenditoriale, all’insegna della passione per la birra che ci accomuna, come fossimo un movimento, e la creatività. Per combinare le miscele e i sapori è necessario mettersi nei panni di un piccolo alchimista, cosa che fa mia sorella, lei se ne intende di chimica, è una farmacista oltre che una mastra birraia – dice Saro- lei è stata la più lungimirante tra i due, ci ha creduto fino in fondo.”
La birra “Ciaurusa” dei Fratelli Birrafondai nel 2019 ha vinto il premio “Luppolo d’oro” nella categoria Belgian White. “La Ciaurusa è una birra bianca, molto profumata grazie alla satra, un timo selvatico conosciuto soprattutto nel Ragusano – spiega Santa- produciamo anche altre birre tra cui “La Lupa”, dalla novella verghiana; la “Bella Donna” una bionda che profuma di arance amare di Sicilia; la “Calura”, un’ambrata fatta con radici di liquirizia; la “Dusa” prodotta con la sitaredda e orzi, la distribuiamo per lo più a Lampedusa; la “Xiara” dalla cosiddetta shara, lemma arabo, che ricorda il paesaggio lavico catanese, infatti ha un colore scuro. Questo è il nostro modo per raccontare la nostra terra, la Sicilia, serve a riscattarla e per farlo bisogna annullare il divario tra Nord e Sud”.
La maltazione è una parte fondamentale del processo creativo di una birra, serve per rendere l’orzo mosto. In Sicilia non si può maltare e quindi l’orzo viene trasportato per poi rientrare nuovamente: “Alcuni birrifici maltano l’orzo nelle Marche ad esempio prima non c’era una grande richiesta di birra artigianale quindi era comprensibile non attrezzarsi, ma adesso il mercato è cambiato, il marchio siciliano è conosciuto ovunque, anche in America. Circa nove anni fa è stato presentato un progetto alla Regione, curato dal Cra, Istituto sperimentale in cerealicoltura, per la predisposizione di maltifici in Sicilia, voluto anche dalle realtà universitarie. Tutto è andato in fumo, è rimasto solo il progetto sia per i costi onerosi e sia per le temperature particolari richieste per la conservazione dell’orzo -spiega Saro- per queste ragioni si usano per lo più i grani antichi non maltati. La Sicilia è una la terra di granai, ci sono tantissime varietà. Si vede proprio che siamo in un’isola, è come se fossimo confinati, non si è mai cercato di localizzare qui la produzione.”
Il mondo dei mastri birrai è duro per una donna: “E’ un mondo prettamente maschile – dice Santa- ma io non sono la prima mastra birraia di Sicilia, i giornalisti mi hanno etichettato così. Molte birraie si nascondono, io ci ho messo la faccia, è questa la differenza. Per fortuna ho il mio braccio destro, senza mio fratello non potrei andare avanti.”