«Quando morì Annalisa ci fu un clamore tale che tutti si sentirono spinti ad occuparsi del tema e a dare una mano, per dare una giustizia non solo giudiziaria ma anche sociale in risposta al dolore del padre di Annalisa – racconta Pino – Il dolore di Giannino è stato il motore dell’associazione e di tante cose che ci sono state nel quartiere. Se lui non si fosse spinto così tanto nel cercare a tutti i costi di non gettare la spugna, di non arrendersi, di non scappare, e valorizzare invece il ricordo della figlia, le istituzioni non sarebbero state stimolate al punto da aprire una scuola intitolata ad Annalisa nel quartiere e ad aprire gli spazi recuperati dall’abbandono».
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