Cronaca di un “suicidio” annunciato
E’ semplicemente magistrale. I due magistrati smentiscono il “mancinismo puro” non in virtù degli elementi raccolti – che non sono stati mostrati –ma in base a una semplice supposizione: siccome Attilio era un chirurgo, era impossibile che operasse solo con la mano sinistra. A questo punto ci deve essere spiegato in base a quale teoria scientifica i magistrati traggono un convincimento del genere.
Eppure ci sono molte testimonianze “viterbesi” (non “barcellonesi”)di colleghi e collaboratori sanitari, che vanno in un’unica direzione: Manca operava solo con la mano sinistra. Quindi quanto meno, anche su questo aspetto, ci si sarebbe aspettati un altro pizzico di cautela.
Non sarebbe stato male, da parte del procuratore, ascoltare il padre, la madre e il fratello di Attilio, quanto meno per avere un quadro più completo della personalità della vittima. Il procuratore invece ha dichiarato che da quando fa servizio a Viterbo (quattro anni e mezzo), i Manca non si sono mai degnati di farsi vivi. Non sarebbe stato male che fosse stato lui a farsi vivo con loro, non solo per essere vicino umanamente alla famiglia (ma ci rendiamo conto che questi atti di sensibilità attengono alla sfera soggettiva di ognuno di noi), ma per dire che lo Stato in questa vicenda c’è, è vivo, ed è presente.
Evidentemente il signor procuratore non ha idea delle sofferenze che da otto anni vive questa famiglia, sia per l’atroce perdita di un ragazzo brillantissimo, sia perché costretta a vivere in un ambiente ostile e carico di veleni come quello di Barcellona Pozzo di Gotto, dove adesso, in seguito a questa conferenza stampa, qualcuno si sarà ringalluzzito e starà pure passando al contrattacco.
Andiamo avanti. Il giovane medico, a sentire i magistrati, si faceva di eroina, ma non era un tossicodipendente. Si drogava, a loro dire, solo in certi momenti, magari quando era depresso, ma l’eroina riusciva a tenerla a bada, sotto controllo, senza subirne dipendenza. L’eroina…
A proposito dei due buchi trovati sul braccio sinistro (gli unici rinvenuti in tutto il corpo), la Procura sostiene una tesi per noi del tutto nuova: che sarebbero stati praticati in tempi diversi. Ce ne sarebbe uno recente e uno più vecchio. Questo dimostrerebbe due cose: che Attilio si drogava, e che quella sera non è stata la prima volta.
I magistrati non hanno spiegato per quale ragione – malgrado le ripetute richieste della famiglia Manca e dell’avvocato Repici – per ben otto anni non sono state rilevate le impronte digitali sulle due siringhe. Anzi, in conferenza stampa, hanno detto che siccome le siringhe erano piccole, non hanno ritenuto di ordinare il rilevamento delle impronte perché tanto non si sarebbe trovato nulla. Soltanto qualche mese fa – dopo una precisa richiesta del Gip – le analisi sono state eseguite. Su una non è stato trovato nulla, sull’altra una labile traccia non assolutamente comparabile a un’impronta, quindi da non considerare valida come prova.
Attenzione, si tratta di uno snodo fondamentale dell’inchiesta. Dunque dalle analisi effettuate sulle siringhe, non è stato accertato nulla, né che Attilio quella sera si sia drogato, né che altri lo abbiano drogato forzatamente per simulare una morte per overdose. Quindi non esiste alcuna prova sia nell’un senso che nell’altro. E non è stato neanche ipotizzato che quelle siringhe siano state utilizzate con dei guanti. Sì, perché fare un’ipotesi del genere significa immaginare che qualcuno, su quelle siringhe, non abbia voluto lasciare tracce. E allora sorge il dubbio che per otto anni certi rilievi non siano stati eseguiti per evitare di guardare in altre direzioni. E allora sorge un altro dubbio: che non si tratti di semplice ingenuità.
Ma a un certo punto della conferenza stampa il cilindro partorisce il coniglio. E forse non c’è metafora migliore di questa. Il cilindro è una delle siringhe, il coniglio è una minuscola traccia di eroina contenuta all’interno di essa.
E così abbiamo sentito parlare di esame tricologico. I giudici hanno garbatamente spiegato che trattasi di analisi sul capello della vittima per accertare se questa abbia assunto degli stupefacenti. Ebbene: ci è stato detto che sì, anche lì sono state trovate delle tracce di stupefacenti, ma neanche in questo caso è stato specificato quali. Siamo in attesa di risposte.
Però siccome nella siringa è stata trovata eroina, siccome “è provato” che “Manca Attilio si sia inoculato volontariamente l’eroina nel braccio sinistro”, siccome i vicini di casa non hanno sentito rumori, Manca Attilio è morto drogato. Stop. Fine dell’inchiesta. Non facciamo ipotesi assurde.
Bene: ipotizziamo allora che Attilio fosse stato davvero un drogato. Questo spiega a tutti i costi una morte per overdose? Questo significa che i magistrati non abbiano il dovere di indagare a trecentosessanta gradi su questa morte? Questo significa non considerare anche l’ipotesi dell’omicidio, magari considerando che la scena del presunto delitto potrebbe essere stata abilmente camuffata?
Non è detto che sia così, ma non può essere escluso a priori. Invece i magistrati di Viterbo hanno scartato questa ipotesi dicendo “Non ci sono elementi”. Ma sono stati cercati, o si pensa che “gli elementi” cadano dal cielo?
Le prove non possono essere fornite dalla famiglia, che tutt’al più può dare degli indizi o delle indicazioni. Le prove si cercano con pazienza e con tenacia seguendo quegli indizi e quelle indicazioni.
Invece fin dall’inizio si è sposata la tesi della morte per overdose “volontaria”. Quel che appare certo è che ci troviamo di fronte a diversi “buchi neri” e a diverse anomalie investigative, su cui il ministero di Grazia e giustizia – su richiesta dell’associazione antimafia “Rita Atria”, del senatore del Pd Beppe Lumia, e di diversi cittadini – è stato recentemente chiamato a fornire delle risposte attraverso una ispezione alla Procura della Repubblica di Viterbo.
Chi sta barando sulla pelle di Attilio Manca?