giovedì, Novembre 21, 2024
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Cosa voleva dire “fondata sul lavoro”

Perché Marchionne ce l’ha tanto con la Fiom? Solo una questione “politica”? O c’entra anche una sostanziale estraneità del manager postmoderno alla cul­tura industriale?

Nella lotta contro i lavoratori Fiat (i suoi lavoratori, sembra un paradosso ma è così) Sergio Marchionne è più “avanti” dei predecessori Valletta e Romiti. Vallet­ta aveva creato i reparti confino (le co­siddette Officine Stella Rossa) dove emarginare i “comunisti”, Romiti non aveva problemi nel mette­re in cassa inte­grazione a zero ore co­loro che davano fa­stidio alle gerarchie di fabbrica.

Marchionne ha fatto di più: dal suo in­sediamento al vertice del Lingotto ha di­chiarato guerra aperta a una parte dei suoi operai ed è arrivato a licenziarli di­rettamente. Chi sono?

Sono i lavoratori della Fiom, un’orga­nizzazione spesso scomoda anche per la Cgil, figuriamoci per la Fiat. Il la­voratore della Fiom rivendica il suo ruo­lo profes­sionale, il suo contributo attivo alla crea­zione di valore, ragiona di tempi, di me­todi, di soluzioni.

Valletta e Romiti ammettevano in qual­che modo questo ruolo, sapevano della professionalità della classe operaia tori­nese. Marchionne, invece, ha evidente­mente un’altra “cultura” e non ha mai di­mostrato alcun rispetto per i lavoratori, tutti i lavoratori, non solanto quelli che non obbediscono. Marchionne non vuole la Fiom in fabbrica, non vuole che elegga suoi delegati, prova ne sia che la new company di Pomigliano non ha riassunto dalla vecchia società operai che fossero iscritti alla Fiom (la qual cosa dimostra anche che la new company è stata creata non per assumere ma per licenziare, oltre che per tagliare i diritti in tema di pause, scioperi, malattia).

La magistratura di Roma ora ha ricor­dato a Marchionne che, al contrario di quanto egli pensa, i lavoratori della Fiom esistono e che la loro mancata riassun­zione nella new company per la produ­zione della nuova Panda è frutto di una discriminazione tra le più odiose.

La Fiat, che dovrà assumere 145 lavo­ratori iscritti alla Fiom, ha annunciato ri­corso e probabilmente dirà – come ha fatto con i tre lavoratori che ha dovuto reintegrare a Melfi dopo analoga senten­za del tribunale competente – che la pro­duzione della Panda non è ancora decol­lata e che dunque sulle linee gli attuali lavoratori sono più che sufficienti.

Insomma, conoscendo Marchionne, il gruppo torinese non ammetterà la scon­fitta e farà di tutto per continuare a non impiegare coloro che a Pomigliano han­no votato contro il nuovo modello con­trattuale.

Resta il fatto che il gioco del manager con il maglioncino, vergognosamente so­stenuto anche da Fim e Uilm (il sindaca­to giallo, il Fismic, parla addirittura di “sentenza inapplicabile, stupida e vessa­toria), è stato smascherato ed è un gioco che si chiama ricatto: se aderisci e condi­vidi tutto quello che dico, se obbedisci agli ordini, se ti fai automa, allora lavori, se viceversa osi obiettare qualcosa qui dentro non c’è posto per te.

Può un Paese che si dice democratico, che si autoproclama potenza economica, che malgrado tutto continua ad avere una delle costituzioni più avanzate tra i paesi occidentali, che ogni giorno ribadisce la sua adesione all’euro per dirsi anche as­solutamente europeo, può questo Paese tollerare ancora un tale atteggiamento da parte di un semplice manager?

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