Cosa voleva dire “fondata sul lavoro”
Perché Marchionne ce l’ha tanto con la Fiom? Solo una questione “politica”? O c’entra anche una sostanziale estraneità del manager postmoderno alla cultura industriale?
Nella lotta contro i lavoratori Fiat (i suoi lavoratori, sembra un paradosso ma è così) Sergio Marchionne è più “avanti” dei predecessori Valletta e Romiti. Valletta aveva creato i reparti confino (le cosiddette Officine Stella Rossa) dove emarginare i “comunisti”, Romiti non aveva problemi nel mettere in cassa integrazione a zero ore coloro che davano fastidio alle gerarchie di fabbrica.
Marchionne ha fatto di più: dal suo insediamento al vertice del Lingotto ha dichiarato guerra aperta a una parte dei suoi operai ed è arrivato a licenziarli direttamente. Chi sono?
Sono i lavoratori della Fiom, un’organizzazione spesso scomoda anche per la Cgil, figuriamoci per la Fiat. Il lavoratore della Fiom rivendica il suo ruolo professionale, il suo contributo attivo alla creazione di valore, ragiona di tempi, di metodi, di soluzioni.
Valletta e Romiti ammettevano in qualche modo questo ruolo, sapevano della professionalità della classe operaia torinese. Marchionne, invece, ha evidentemente un’altra “cultura” e non ha mai dimostrato alcun rispetto per i lavoratori, tutti i lavoratori, non solanto quelli che non obbediscono. Marchionne non vuole la Fiom in fabbrica, non vuole che elegga suoi delegati, prova ne sia che la new company di Pomigliano non ha riassunto dalla vecchia società operai che fossero iscritti alla Fiom (la qual cosa dimostra anche che la new company è stata creata non per assumere ma per licenziare, oltre che per tagliare i diritti in tema di pause, scioperi, malattia).
La magistratura di Roma ora ha ricordato a Marchionne che, al contrario di quanto egli pensa, i lavoratori della Fiom esistono e che la loro mancata riassunzione nella new company per la produzione della nuova Panda è frutto di una discriminazione tra le più odiose.
La Fiat, che dovrà assumere 145 lavoratori iscritti alla Fiom, ha annunciato ricorso e probabilmente dirà – come ha fatto con i tre lavoratori che ha dovuto reintegrare a Melfi dopo analoga sentenza del tribunale competente – che la produzione della Panda non è ancora decollata e che dunque sulle linee gli attuali lavoratori sono più che sufficienti.
Insomma, conoscendo Marchionne, il gruppo torinese non ammetterà la sconfitta e farà di tutto per continuare a non impiegare coloro che a Pomigliano hanno votato contro il nuovo modello contrattuale.
Resta il fatto che il gioco del manager con il maglioncino, vergognosamente sostenuto anche da Fim e Uilm (il sindacato giallo, il Fismic, parla addirittura di “sentenza inapplicabile, stupida e vessatoria), è stato smascherato ed è un gioco che si chiama ricatto: se aderisci e condividi tutto quello che dico, se obbedisci agli ordini, se ti fai automa, allora lavori, se viceversa osi obiettare qualcosa qui dentro non c’è posto per te.
Può un Paese che si dice democratico, che si autoproclama potenza economica, che malgrado tutto continua ad avere una delle costituzioni più avanzate tra i paesi occidentali, che ogni giorno ribadisce la sua adesione all’euro per dirsi anche assolutamente europeo, può questo Paese tollerare ancora un tale atteggiamento da parte di un semplice manager?