giovedì, Novembre 21, 2024
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Cosa accade nel nostro Paese se sei figlio di un Testimone di Giustizia?

Mi chiamo Giuseppe Cutrò, ho 23 anni; apparentemente uno studente come
gli altri, per chi non mi conosce. Si, apparentemente, poiché a
differenza dei miei coetanei sia per andare in università che per
uscire vengo seguito dai Carabinieri che mi scortano. Un ragazzo di 23
anni con la scorta e non è un politico? Sarà raccomandato! No,
purtroppo non è poi una cosa facile. Ho una scorta perché sottoposto
ad un programma di protezione per Testimoni di Giustizia. Testimone,
non collaboratore, già perché nel nostro Paese si tende a riconoscere
le due categorie come un’unica cosa. I Testimoni infatti, sono persone
che normalmente non provengono da ambienti malavitosi per come avviene
invece per i “pentiti”, ma occupanti normali posizioni nel tessuto
economico e sociale, spesso impegnati in attività imprenditoriali.
Costoro sono spesso vittime delle organizzazioni criminali e assumono
il ruolo di testimoni dopo aver subito estorsioni o aver assistito a
eventi criminosi, fornendo le loro testimonianze nei processi
scaturiti da tali reati. Mio padre ha permesso, grazie al suo aiuto e
le sue testimonianze, di portare in carcere e fare condannare alcuni
esponenti della criminalità organizzata locale. Ma cosa accade una
volta che sulla tua persona ricade un’esposizione a rischio elevata?
Nel nostro ordinamento esistono due alternative, o cambi nome e
abbandoni per sempre le tue origini o rimani a casa tua e continui a
combattere. Noi abbiamo scelto la seconda possibilità. Anche se a
differenza degli altri ragazzi, figli di Testimoni, non ho subìto un
cambio di identità, credo di poter parlare anche a nome loro.
Innanzitutto, purtroppo non solo per questo, subisci per i crimini a
danno dei tuoi cari e ti trovi lì, impotente a non poter fare
null’altro per assisterli maggiormente. Già, perché quando la mafia,
anche con mano invisibile, viene a bussare alla tua porta, non è che
siamo quasi a Natale e ti porta doni. Ti porta mezzi incendiati,
danneggiamenti ai cantieri, lettere anonime, cartucce dietro la porta,
bottiglie incendiarie, lumini funebri e tanti altri strumenti di
danneggiamento o intimidazione. E quindi un ragazzo, o una ragazza
cosa può fare se non subire con i suoi genitori e dare un minimo di
coraggio? Ti trovi di fronte a due situazioni: tuo padre vuole
proteggerti, tu vuoi che non succeda nulla a tuo padre. In questi
casi, quando sei immerso fino al collo dalla paura, prevale l’istinto;
l’istinto ti fa fare la cosa giusta: denunciare. Al mio paese ci hanno
addossato tanti nomignoli, dallo sbirro all’attore, poi c’è chi
esplicitamente afferma che abbiamo rovinato l’immagine del paese, chi
poi sostiene che non è niente vero e che la popolazione ci è stata
vicina; questa non è colpa loro, ma responsabilità di un sentimento
chiamato paura. Se tuo padre denuncia, e ti trovi in Sicilia, i tuoi
amici scappano; le persone che tu ritenevi care, spariscono dalla sera
alla mattina. Già, perché è più rispettoso portare solidarietà e
vicinanza al boss e la sua famiglia, ma per terrore. Non sostengo che
i miei compaesani siano tutti mafiosi, non sia mai, ma hanno solo
paura e queste scelte le abbiamo fatte noi, loro stanno vivendo un
film; solo alcuni ho visto dietro la mia porta. L’unica famiglia che
ti rimane accanto è lo Stato. La Magistratura, le Forze dell’Ordine,
ed altri organi con cui dovresti avere a che fare. Ma cosa significava
essere un ragazzo prima della scorta? Sicuramente, io ho iniziato a
vivere queste situazioni a 16 anni e, vivevo i miei rapporti, le mie
amicizie ancora, ancora ma quando uscivo e rientravo a casa,
soprattutto se si era fatto buio non erano bei momenti. Sei sempre con
il fiato sul collo, anche perché in un primo momento combatti contro
un nemico invisibile, capace a tutto per tutelare i propri interessi.
Ricordo che la Magistratura, in una lettera, scrisse alla Prefettura
di Agrigento di adottare delle misure di protezione per mio padre e la
sua famiglia già nel settembre del 2008, ma all’epoca fu attribuita la
protezione solo a mio padre. Di sicuro in quel momento materializzi
che, anche a seguito delle ordinanze di custodia cautelare in carcere
dei soggetti imputati, su di te si è acceso un bersaglio. Non potendo
arrivare a tuo padre, possono avvicinare te. Poi nel 2011 è arrivata
anche per noi la protezione, qualcosa è cambiata; sostanzialmente ti
sposti con dei carabinieri armati che ti devono proteggere durante i
tuoi spostamenti. Ma se hai una scorta, chi la dispone, si comporta
come quando la deve organizzare ad un pezzo dello Stato o politico?
Beh, diciamo che cambia qualcosa se sei figlio di Testimone di
Giustizia. In tutte le scorte andrebbero impiegati mezzi idonei e
personale qualificato, a seguito di un lungo corso di addestramento –
che non tutti superano-, ma spesso non accade. Non dobbiamo dilungarci
troppo nel discorso, basta fare riferimento a pochi giorni fa: “Studio
in una città, dove c’è proprio un reparto specializzato a fare le
scorte, arrivano altre personalità, e che personalità, quindi sul tuo
servizio verranno impiegati carabinieri che mai hanno fatto un
servizio di protezione, per impiegare “gli specializzati” su dei
servizi più importanti. Non tanto per me, per chi proteggono, ma in
caso di pericolo questi militari anche più piccoli di me, non
saprebbero dove mettere le mani e rischiando la loro di incolumità. E
perché farli rischiare? Comunicatemi direttamente che devo uscire da
solo in quel giorno perché arrivano persone “importanti”, almeno
rimango a casa tranquillo e protetto “fai da te”. Ho incontrato tante
brave persone nell’arma, ci mettono la loro vita, ma come in ogni
famiglia numerosa ognuno ha le sue aspettative e magari vista la tua
giovane età sono convinti che puoi sottostare ad alcuni regimi
inventati sul momento: “Ho gli stessi diritti di qualsiasi altro
scortato- mi verrebbe da dire”. Alcune delle motivazioni, che in
confidenza mi sono state riferite nel tempo, sui servizi dei Testimoni
di Giustizia è che possono gestirli come voglio perché un Testimone
oltre a sfogarsi su facebook, mica può arrivare alle alte cariche come
politici. Quindi chi ti teme? Non sei nessuno, un cittadino che ha
fatto il proprio dovere ma “un politico per me è più importante” mi fu
riferito da un comandante dell’arma. Da tre anni che ci hanno
sottoposti al sistema di protezione ma, mai e ribadisco mai, nessuno
che rappresenta le istituzioni mi ha chiamato per chiedere cosa accade
ad un ragazzo con la scorta o quali possono essere gli interventi per
migliorare questo tipo di approccio. Ad esempio, mia sorella visto che
è una ragazza potrebbe avere delle ragazze a proteggerla ma una volta
nel confrontarmi con un capitano, scherzosamente indicandomi un
militare, mi riferiva: “possiamo mettere una parrucca a lui per avere
una donna”. Quanto meno, non potendo impiegare una donna mantenete lo
stesso personale, le stesse facce; no, sui nostri servizi non possono
essere predisposte squadre fisse come gli altri, a volte per il numero
di gente che vedo in una settimana mi sembra d’avere a che fare con un
ufficio di relazioni con il pubblico. Sono piccole cose, che se non
sei figlio di chi comanda non avrai mai. Intaccano la tua privacy,
semplicemente ti spezzano; tante volte sembrano piccolezze ma quello
che facevo in un giorno, durante le mie esigenze e magari i miei
incontri con a seguito i carabinieri A e B, l’indomani mi veniva
raccontato da C e D, tendi a chiuderti in te stesso, i tuoi spazi
vengono invasi. Spesso anche nelle Prefetture, trovandomi a fare delle
richieste come tutti gli altri potrebbero fare, ti trovi a sentire ma
lei ha una situazione particolare, quasi a dire che sono figlio di
pentito, e se ne lavano le mani, giusto, si, anche i pezzi dello Stato
non comprendono la differenza a volte tra pentito e testimone,
fregandosene dei tuoi problemi e portandoti a riflettere. Bisognerebbe
fare una campagna informativa del ruolo che assume il Testimone di
Giustizia nella società, giusto per eliminare l’ignoranza. La gente ha
voglia di cambiamento, ma se tutti ci troveremo uniti in questa lotta,
di certo non avrei io la scorta, ma quella persona collusa che durante
gli spostamenti carcere-tribunale verrebbe invaso dai cittadini con
striscioni che ridicolizzano la mafia ed i loro comportamenti da
codardi: il nostro Paese ancora, deduco che non sia pronto. Tante
volte ho incontrato nuovi ragazzi, ho fatto nuove conoscenze ma non
appena notavano che non ero solo accanto a loro, magari non me lo
dicevano capendo cosa facevano, ma vedevo nei loro occhi che si
trovavano a disagio; queste scene sono abituati a vederle solo nei
film per come mi ha confessato una ragazza. Qualcuno provi a mettersi
nei nostri panni, qualcuno inizi a vedere le cose con i nostri occhi o
ci tenga semplicemente in considerazione chiedendo cosa accade ai
figli dei Testimoni di Giustizia, cambierà anche il suo modo di vedere
le cose e forse comprenderà lo stato di abbandono e disagio in cui
viviamo. Nessuno vuole riconoscimenti, o esigere la pietà, vogliamo
solo essere gente normale per le scelte normali che abbiamo fatto
senza essere ritenuti merce di scambio.

salvatore.ognibene

Nato a Livorno e cresciuto a Menfi, in Sicilia. Ho studiato Giurisprudenza a Bologna e scritto "L'eucaristia mafiosa - La voce dei preti" (ed. Navarra Editore).

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