Contiguo ma non troppo
Le motivazioni della sentenza Ciancio
Scrivono i giudici che hanno assolto Mario Ciancio nel processo per concorso esterno in associazione mafiosa.
“Già la formulazione del capo di imputazione, che pur ha riguardato un arco di tempo vastissimo, è evanescente e in certo senso contraddittoria, in quanto, a fronte di una contestazione di un’attività dell’imputato di “messa a disposizione” per decenni nei confronti di Cosa Nostra estesa a diversi settori e coinvolgente diverse attività di suo interesse, è per un verso priva di riferimenti a condotte e fatti specifici in astratto sussumibili nella fattispecie di reato contestata – fatti che sono stati disvelati e meglio precisati dalla Pubblica Accusa solo nel corso dell’istruttoria dibattimentale, attraverso la raccolta dei vari temi di prova – e per altro verso, se fosse stata provata tale messa a disposizione, proprio perché diffusa e permanente nel tempo, avrebbe semmai integrato gli estremi del delitto di partecipazione all’associazione mafiosa”.
“quanto alla linea editoriale, le condotte poste in essere dall’imputato sono apparse dimostrative di una elevata attitudine ed una spiccata inclinazione del Ciancio nell’esercizio dell’ampio potere finanziario, economico e di informazione detenuto ad adottare soluzioni diplomatiche, volte a evitare di crearsi inimicizie o di alimentare contrasti, sia con i poteri forti, che con le istituzioni e con la stessa criminalità organizzata, nonché di un giornalismo di mera informazione e non di inchiesta, esercitato con una linca editoriale morbida, omettendo notizie che potessero risultare particolarmente scomode o dando notizie scevre da giudizi che potessero suscitare polemiche, senza mai “schierarsi” apertamente da una parte o dall’altra, non già o non tanto per una imparzialità della Direzione del giornale, quanto piuttosto con l’obiettivo specifico di tutelare esclusivamente i propri personali interessi, nonché, in taluni casi, di effettuare una rincorsa allo scoop giornalistico ad ogni costo, a scapito della privacy, dell’etica o delle esigenze di giustizia.”
“Quanto ai rapporti con Cosa Nostra catanese, dal racconto dei collaboratori di giustizia è emersa una vicinanza o contiguità dell’imputato ad esponenti di vertice di Cosa Nostra, ma come è noto, secondo interpretazione consolidata e univoca della giurisprudenza di legittimità anche recentissima, tanto non è sufficiente a integrare il delitto in questione, non rientrando nel paradigma del concorso esterno, né ovviamente nella fattispecie tipica di cui all’art. 416 bis c.p., la mera “contiguità compiacente”, cosi come la “vicinanza” o la “disponibilità” nei riguardi di singoli esponenti, anche di spicco, del sodalizio”.
“Quanto, infine, ai cosiddetti grandi affari dal Ciancio Sanfilippo portati avanti nel settore dell’edilizia e della imprenditoria”[…] “l’istruttoria ha invece permesso di dimostrare l’indebita ingerenza nei confronti della Pubblica Amministrazione da parte dell’odierno imputato, il quale, in virtù del suo potere economico, finanziario e sull’informazione, è stato spesso in grado di condizionare le scelte da parte degli organi preposti all’amministrazione comunale e regionale, indipendentemente dai soggetti che vi fossero in un dato momento preposti, per la sua spregiudicata capacità di condizionare le scelte politico-amministrative per le quali aveva interesse (anche se per tali fatti-reato non risulta al Tribunale sia mai stata neppure esercitata l’azione penale)”.