Confindustria e strani amici
L’imprenditore-boss di Cosa Nostra Vincenzo Arnone (a sinistra nella foto) e Antonio Calogero Montante, nella sede della Confindustria di Caltanissetta, in occasione della nomina di Antonello Montante a capo dei giovani industriali locali (metà anni ’80). Antonello Montante è oggi il Responsabile Nazionale per la Legalità di Confindustria.
A destra, il certificato di matrimonio di Antonio Calogero Montante. Nell’ingrandimento, in evidenza la firma del testimone di nozze dello sposo: Vincenzo Arnone
Nasce da una denuncia a Caltanissetta l’inchiesta, finita per competenza alla Procura di Catania, che coinvolge il leader di Confindustria Sicilia e responsabile nazionale della Legalità degli industriali italiani e il sospetto mafioso Vincenzo Arnone.
Le indagini partono però dal 27 aprile 2010, quando in casa di Vincenzo Arnone, imprenditore di Serradifalco contiguo a Cosa Nostra, vengono ritrovate foto che lo ritraggono insieme ad Antonello Montante. Arnone, figlio del patriarca mafioso di Boccadifalco e già arrestato per associazione mafiosa il 27 marzo 2001).
Arnone veniva in quel momento nuovamente arrestato per una serie di false certificazioni su calcestruzzi depotenziati (che mettevano in pericolo ponti e viadotti) costruiti dalla “Calcestruzzi” con l’aiuto di ditte vicine a Cosa Nostra: un business descritto nel processo “Doppio colpo 3” da Carmelo Barbieri, già braccio destro del boss Daniele Emmanueli. La foto risalirebbe al primo incarico confindustriale di Antonello Montante, nel ’96.
“Sapevo della condizione di Paolo Arnone – dichiara il pentito Leonardo Messina – fin dal momento del mio ingresso a Cosa Nostra e lo ebbi presentato ritualmente dal figlio Vincenzo che conosco molto bene”. Per i carabinieri di Caltanissetta “Vincenzo Arnone è personaggio di elevato spessore criminale e punto di riferimento per gli appartenenti a Cosa Nostra che operano a Serradifalco, San Cataldo, Sommatino e Montedoro”.
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Il cavaliere del lavoro Antonello Montante, confermato all’unanimità a capo di Confindustria Sicilia per un altro biennio, ora è anche Responsabile nazionale per la Legalità di Confindustria.
UNO SCAMBIO DI MAIL SU QUESTO ARTICOLO
Ugo M.:
oggetto: a chi serve?
Caro Riccardo,
sono almeno 25 anni che tengo (per scelta, non per opportunismo) un piede in Confindustria e l’altro nei movimenti, prima di tutti in quelli antimafia.
E sono almeno 25 anni che faccio una fatica bestia a cercare di capire di chi fidarmi, in Confindustria. Anche con qualche errore/delusione.
Il successo della “svolta” del 2007, ha sorpreso anche me. Visti i precedenti.
Sai bene più di me, cosa significhi, oggi, l’impegno di Confindustria Sicilia per la società siciliana.
Ho sostenuto molte volte, dentro e fuori gli ambiti confindustriali, che se uno “di noi” (quelli che si sono più esposti) viene preso con le mani nella marmellata, la pena prevista andrebbe triplicata. Perché ci deleggittima tutti.
Il fango no, però. Dal fango bisogna difendersi proprio per non essere delegittimati tutti. Imprenditori e non. Tutti.
Quando ho visto l’articolo a pag. 22 dei Sicilianigiovani, ho fatto un salto. Dopo averlo letto, però, l’ho fatto doppio!
Non c’è niente, in quell’articolo. Non c’è una denuncia. Non c’è un fatto rilevante. Niente.
Che l’avete pubblicato a fare? c’è una ragione? o non avete resistito, nemmeno voi, il cui rigore giornalistico conosco bene dai tempi di Pippo Fava, a schizzare un po’ di fango così … tanto per fare scruscio?
Conosco la tua onestà intellettuale da almeno 25 anni. E ti chiedo: c’è qualcosa di serio? oppure … così, senza pensarci, neanche tu ti rendi conto di delegittimare, con Antonello Montante, anche me? E te?
La risposta, se vuoi, puoi darla a me. Sarà comunque ben accetta.
Giornalisticamente, però, credo che un chiarimento tu debba darlo su Sicilianigiovani. Lo devi a tutti.
Con la stima di sempre,
Ugo
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Riccardo Orioles:
Caro Ugo, io non conosco Montante, e sinceramente non è mai stato al centro dei miei pensieri. Quando ho ricevuto quella foto e quel documento ho pensato semplicemente a verificarli. Dopodiché, non appartengono più a me ma ai lettori: io non ho alcun diritto di decidere cosa possono e cosa non possono vedere. Se si tratta di fango (cioé di falsi documenti) spiegami perché. Altrimenti sono documenti spiacevoli, che sarebbe stato meglio non fossero mai esistiti.
A parte questo, quei documenti non significano certo che Montante è mafioso. Significa che ha cattive conoscenze, come – per fare un esempio – Crisafulli. Non si va in galera per questo. Si resta semplicemente soli con la propria coscienza a decidere se continuare a fare il politico di sinistra, l’imprenditore antimafia ecc. Una decisione difficile, che spetta a loro.
Rileggi attentamente quello che hai scritto. Poi spiegami, se vuoi, perché parlando di me hai usato il termine “schizzare fango”. Non te lo chiedo perché sono offeso, sono solo curioso di capire il meccanismo.
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Ugo M.:
Caro Riccardo,
non avrei mai e poi mai pensato di essere costretto a fare, A TE, un appunto di correttezza giornalistica.
Posso risponderti, però, solo dicendoti cosa avrei fatto io, al tuo posto, se avessi avuto in mano quei documenti.
Per la correttezza giornalistica non è sufficiente la verfica dell’autenticità. Serve anche la verifica della contestualità. E anche l’opinione dell’interessato, se si vuole dare un’informazione completa. Un’informazione incompleta può pure essere solo “fango”.
Io, quindi, con quei documenti in mano, avrei intervistato Montante. E, poi, avrei pubblicato un’informazione completa. Tu non l’hai fatto. Mi dispiace. Mi dispiace assai che uno come te non capisca che, in assenza di completezza, ha solo “schizzato fango”.
Quanto alle tue osservazioni su chi possa sentirsi legittimato a fare l’imprenditore antimafia e chi no, il tuo “integralismo” non mi sorprende. Quello mi è ben noto.
Lasciami dire, però, che questo atteggiamento mostra una realtà deformata. E fa solo male alla “causa”.
Io ho grandissima stima, e tu lo sai, di chi, come te, ha dedicato una vita ai propri ideali. Tu dovresti riflettere di più, però, sull’onestà di chi è riuscito a mantenere la propria rettitudine lavorando in un “ambiente” imprenditoriale ambiguo e colluso.
Perché dovrebbe sporcare la coscienza l’aver conosciuto o frequentato un mafioso quando non si poteva sapere che era mafioso?
Te ne potrei raccontare …!
Ma ti risulta che Pippo Fava avesse un rimorso di coscienza o, addirittura, non si sentisse legittimato a fare quello che ha fatto per aver lavorato, prima, con Mario Ciancio? e per aver (addirittura!) pubblicato “Pagine” con la sua casa editrice privata?Per “capire il meccanismo” dello schizzo di fango, è facile: basta che ti metti, per un attimo, nei panni dello “schizzato”.
Sempre tuo,
Ugo
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R.O.:
Caro Ugo,
io intanto debbo pubblicare, sennò ruberei il dato materiale – la notizia – al lettore. Il caso rimane aperto, proprio per le ragioni (l’eventuale contesto) che dici tu; può intervenire Montante, può intervenire chiunque altro. Alla fine – fermo restando che il dato oggettivo è quello – il lettore farà la sua valutazione tenendo conto di tutto. Io, a questo livello finale, sono un semplice cittadino, la cui opinione vale quella di chiunque altro. Non è un’opinione positiva, perché dalla moglie di Cesare mi aspetto che se ha avuto amicizie le dichiari “prima” del consolato. Ma forse è un’opinione eccessiva e certo, di questi tempi, integralista.
Mi rincresce sinceramente di aver recato danno – se così è: ma non ne sono persuaso – proprio all’ala civile di Confindustria. Continuo a ritenere che in ogni caso si tratti di informazione e non di fango.
riccardo
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Ugo M.
Caro Riccardo,
non m’incazzo per me. E nemmeno per l’”ala civile di Confindustria”. Il danno è per TUTTI. Non è che se si salvano solo i “puri”, la “causa” non viene TUTTA danneggiata.
Una proposta. Non Provocatoria.
Perché non pubblichi, intanto, questo nostro scambio di e-mail?
Ciao,
Ugo