“C’è un altro mondo, fatto di cose belle…”
La storia non si legge con le sentenze di tribunale ma con le valutazioni che appartengono a chi si impone di leggere il territorio. Rita era consapevole che non avrebbero mai trovato le prove di alcune delle sue denunce. Ma comunque ha voluto lasciare traccia in un verbale della procura.
Rita ha scelto di testimoniare, anche senza prove, perché non era compito suo portare le prove… e Rita sapeva che con la morte di Paolo Borsellino anche la tenacia dell’azione giudiziaria sarebbe venuta meno. Ce lo dice la storia.
Nessuno l’ha convinta del contrario in quella settimana che separa il 19 dal 26 luglio ’92. La settimana che separa via D’Amelio da viale Amelia.
Il pomeriggio dell’uno giugno scorso i giovani del PRC di Partanna organizzano un incontro su mafia e politica in piazza Falcone e Borsellino. Tutto sembra surreale: una cinquantina di sedie in mezzo alla piazza, le persiane intorno chiuse, alcuni passanti con un gelato in mano passeggiano quasi non esistesse quel gruppo di “poveri pazzi” che parla di mafia e politica a Partanna…..
Eppure… proprio lì, in quel territorio considerato di competenza di Matteo Messina Denaro succede qualcosa.
Una decina di ragazzi fa sapere che vuol costituire il presidio partannese dell’associazione antimafie Rita Atria. Vogliono aderire ad un presidio che in ogni sua azione porti il nome di Rita; costituire un presidio indipendente sebbene parte di una associazione nata a Milazzo.
E’ un riconoscimento reciproco tra Milazzo e Partanna.
E’ come se quei ragazzi con questa adesione avessero voluto riconoscere all’associazione il merito di aver tenuto in vita la memoria di Rita e, da parte dell’associazione, è come se il presidio di Partanna (dove c’era come rappresentante lo storico Michele Tammuzza) sia il vero legittimato a portare quel nome.
Sono nate le rose nonostante il cemento e nonostante ad annaffiare i terreni partannesi fossero rimasti veramente in pochi. Rita aveva ragione “Forse un mondo onesto non esisterà mai, ma chi ci impedisce di sognare. Forse se ognuno di noi prova a cambiare, forse ce la faremo”…
Ce la faremo! ci hanno detto i ragazzi di Partanna. Oggi, io voglio togliere il forse e dire ce la faremo.
Movimenti
RITA ATRIA TORNA A PARTANNA
È un Belice che continua ad accendersi quello raccontato dalle cronache delle ultime settimane: divampano gli incendi che divorano gli uliveti in mano a Libera, si illuminano le menti di chi inneggia al solito Matteo Messina Denaro e, intanto, a pochi metri, si sviluppano nuovi fuocherelli, ad alimentarli un combustibile che promette fiamme ben più dure da domare.
Vent’anni dopo il suicidio di Rita Atria (la testimone di giustizia che si spense lentamente nel pieno dei suoi diciotto anni) un gruppo di giovani partannesi ha sentito l’esigenza di colmare quel vuoto di memoria civile non più tollerabile da parte dei concittadini. Il nove giugno scorso si è concretizzata una scelta contemplata da tempo, la costituzione di un presidio dell’Associazione Rita Atria a Partanna. A presenziare all’evento, Santo Laganà e Nadia Furnari, in rappresentanza dell’associazione che dal 1994 si è spesa in favore degli interessi della collettività, libera da condizionamenti, nel nome di Rita Atria.
“Il nostro obiettivo è costituire un osservatorio di legalità, insieme ai cittadini che sentono l’esigenza di destare le coscienze dormienti, analizzare le mafie e far conoscere ciò che accade nel nostro territorio – ha spiegato Enza Viola, castelvetranese componente del presidio – Bisogna passare dall’antimafia delle parole a quella dei fatti, trovare soluzioni comuni per un presente e un futuro alternativo. Nessuno vuol fare l’eroe ma oggi non basta più indignarsi, occorre denunciare”. Un’esigenza avvertita come preminente e condivisa da Antonella Nastasi, partannese, anche lei parte attiva del nuovo presidio: “Sono trascorsi vent’anni dalla morte di Rita Atria, di Falcone, di Borsellino e di tanti altri, loro vicini, nel combattere la mafia, vent’anni che impongono una riflessione, un bilancio, per capire ciò che è cambiato e ciò che non lo è. La presenza di un’associazione intitolata a Rita, nel suo paese natio, era doverosa, così come nel belicino, dove gli interessi e i traffici mafiosi e quelli “in odor di mafia” sono all’ordine del giorno, eppure accettati con una soccombenza agghiacciante. Noi vogliamo presentare la possibilità di un mondo onesto, dove vi sia la libertà di pensare e di costruire, senza sottostare alle regole di chi fa i propri interessi e cerca di tarparci le ali”. Una battaglia per la memoria, quella partannese, che si preannuncia anche di rivalsa, in un territorio dai lenti e travagliati cambiamenti, che custodisce al suo interno il potenziale per un riscatto.
Valentina Barresi