Catania. E ora ti “riformo” San Berillo
“L’edificio di via Caramba – dicono i nostri interlocutori – è di pregio architettonico e la demolizione, insieme ad altri, permetterebbe una comunicazione tra piazza delle Belle e via Pistone e la creazione di un parcheggio interrato. In realtà vogliono demolire tutta la zona, e per farlo la definiscono, ai sensi della Legge della Regione Siciliana sui centri storici del 2015, zona di ristrutturazione urbanistica, quindi edilizia non qualificata”.
A parlare, sono alcuni dei sottoscrittori, insieme ad altri professionisti, di un articolo sulla riqualificazione del quartiere San Berillo pubblicato dall’Associazione Nazionale Centri Storico Artistici (ANCSA) e degli atti del Seminario “Città in trasformazione” 2015 dell’Università di Camerino.
Esiste ancora un quartiere che, seppur dilaniato e moribondo, si dimena ancora nella strenua lotta per la sopravvivenza. Questo quartiere è San Berillo.
Fu sventrato negli anni ’50. “Creiamo qualcosa di bello per la città di Catania”, diceva la propaganda. Ai cittadini promisero un quartiere con vie larghe, portici, banche, negozi e alberghi, mentre agli abitanti del quartiere furono promesse case popolari più dignitose di quelle in cui vivevano. In realtà quello che avvenne fu la più grande operazione di speculazione edilizia mai vista, ad opera dell’Istituto Immobiliare di Catania IST.ICa.
Sono trascorsi parecchi anni, e c’è ancora chi vuole approfittare delle briciole rimaste – che poi tanto briciole non sono – realizzando un’ulteriore opera di speculazione, e creando – come la prima volta – un precedente valido dappertutto. Ma questa volta a leccarsi le dita saranno squali molto più grossi.
Ma com’è stato possibile sventrare un quartiere storico come San Berillo, in una nazione come la nostra che è l’unica ad avere nella Costituzione un articolo che “tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico”? L’hanno fatto e continuano a farlo giorno per giorno rosicchiando di qua e di là, segando le gambe alle sovrintendenze. Hanno iniziato con la legge Ronchey e adesso sono giunti alla riforma Franceschini, ma il colpo grosso è la Costituzione.
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Tomaso Montanari, docente di storia dell’Arte moderna, durante l’incontro al Caffè letterario delle Murate a Firenze, il primo marzo del 2016 ha letto parte di un documento che lascia intendere quali siano gli obiettivi da raggiungere per l’attuale governo: “Il nostro problema principale è la Costituzione nata dall’antifascismo. Questa Costituzione mostra una forte influenza socialista, riflesso della forza politica che le sinistre conquistarono dopo la sconfitta del fascismo. Perciò questi sistemi politici periferici hanno tipicamente le seguenti caratteristiche: governi deboli rispetto ai parlamenti, Stati centrali deboli rispetto alle regioni, tutela costituzionale del diritto al lavoro, diritto di protestare contro ogni cambiamento. La crisi che viviamo è la conseguenza di questi diritti, ma qualcosa sta cambiando: il test essenziale per il mondo sarà l’Italia, dove il nuovo governo può chiaramente impegnarsi in importanti riforme politiche”. Il documento, del maggio 2013, è uno studio riservato della banca d’affari statunitense J.P.Morgan, apparsa alle cronache internazionali perché denunciata dal governo federale Usa, nel 2012, come causa della crisi del 2008 []. “A grandi linee, sembra il programma del governo Renzi” commenta Montanari.
Se la “riforma costituzionale” di Renzi dovesse essere approvata, saranno fra l’altro delegittimate le attuali sovrintendenze. La tutela e la salvaguardia del paesaggio verrà affidata ai prefetti, senza obbligo di un consulto tra tecnici competenti. Verrebbe meno la salvaguardia di beni e interessi primari per la vita culturale del Paese e la fruizione da parte della collettività.
Ma che ci azzecca San Berillo con tutto questo? Beh, a San Berillo si prevede di fare un parcheggio interrato, anzi due.
Quel che resta di San Berillo è stato ridefinito in una nuova mappatura nel 2015, grazie ad un progetto di “Rigenerazione Urbana”, che metteva insieme una parte della cittadinanza attiva e diversi tecnici tra architetti e ingegneri, molti dei quali sono sottoscrittori degli articoli dell’ANCSA e degli Atti del Seminario di Camerino. La mappatura da loro redatta ha ridefinito le tipologie edilizie ancora presenti nel quartiere, individuando gli edifici di pregio architettonico e d’interesse storico-tipologico che risalgono al Settecento e Ottocento.
Ma i professionisti che hanno lavorato alla mappatura, hanno redatto qualcosa di scomodo, qualcosa che impedisce di far crescere il nostro ciclone. “La mappatura è scomoda perché contrasta vistosamente con quella realizzata dai tecnici del comune, che evidenziano parecchi edifici come edilizia non qualificata”. Il nostro ciclone inizia a muoversi…
Lasciati lì a cadere, ad ogni pezzo che viene giù qualcuno esulta, e qualcun altro si dispera, un pezzo di storia che si cancella! Così nessuno saprà mai quanto furono tenaci i catanesi nel ricostruire la propria città, sempre nello stesso luogo, nessuno capirà mai cos’è questo imprinting misto a fatalismo, nessuno ricorderà che a ridosso degli antichi bastioni cinquecenteschi esisteva un quartiere dove vivevano nobili e borghesi, operai e artigiani, dove tutti potevano commerciare qualsiasi cosa, compreso il sesso.
Venne chiamato dall’assessore Salvo di Salvo uno degli ingegneri facenti parte del progetto “Rigenerazione Urbana” per una consulenza tecnica, in quanto specializzato nella messa in sicurezza di edifici monumentali, in collaborazione con il geometra ai lavori pubblici e sotto il coordinamento dell’ing. Coco per la messa in sicurezza degli edifici di via Caramba.
“Ma la consulenza fornita al comune di Catania fondamentalmente non è piaciuta. Quello che ci venne chiesto di fare fu chiudere via Caramba”. Ci sono delle pressioni forti, la prima da parte del Comune, la seconda da parte della Questura, in quanto il proprietario del locale First (Giovanni Barone) che si trova in piazza delle Belle è nipote di un vicequestore che non gradisce la frequentazione promiscua di prostitute, trans e clienti. Di fatto chiudendo via Caramba isoli il ‘bubbone’ e ti godi piazza delle Belle da un unico accesso, quello di piazza Stesicoro. Questa consulenza non è buona per il ciclone che vuole crescere…
Gli architetti fanno notare come proprio quell’area tra piazza delle Belle e via Caramba va maggiormente salvaguardata in quanto: “via Caramba si ritrova nelle topografie storiche antecedenti il terremoto del 1693 e con molta probabilità in fase di ricostruzione sfruttarono il vecchio impianto viario”.
Ecco che accade qualcosa di previsto: il crollo dell’edificio di via Caramba nel novembre 2015. “Quando ci fu il crollo dell’edificio di via Caramba, l’ing. Coco era in ferie, così contattai subito il geom. Santonocito per recarci immediatamente sul posto e concordammo insieme che la soluzione migliore era quella di porre in sicurezza l’edificio con una struttura reticolare”, con un preventivo di quattromila e cinquecento euro.
Ma l’obiettivo non era solo mettere in sicurezza, ma chiudere via Caramba – “durante una successiva riunione con l’assessore Di Salvo viene presentato il progetto stilato dai tecnici comunali, con costi molto elevati, tra i cinquanta e i settanta mila euro, tanto da essere scartato e far impantanare la riunione”.
Adesso la “riforma” di San Berillo può andare avanti.
“Il parcheggio servirebbe tutta l’area, in quanto questa pianificazione era stata prevista nei fondi Prusst. Questo prevedeva lo sventramento di alcuni edifici, con una rotatoria per la viabilità e il parcheggio interrato e la realizzazione di un centro sociale, per un costo totale di cinque milioni di euro”.
La soprintendenza ha firmato le delibere incondizionatamente – “come può una soprintendente non conoscere che lì ci sono due vincoli di leggi dello Stato: vincolo di centro storico e vincolo del paesaggio?”
Dal verbale conclusivo sulla Conferenza dei Servizi, pubblicato il 6 giugno 2016, sull’acquisizione dei pareri sullo Studio di dettaglio del centro storico di Catania, ai sensi dell’art. 3 della legge regionale 10 luglio 2015 n. 14, “Norme per favorire il recupero del patrimonio edilizio di base dei centri storici”, emerge chiaramente che la soprintendenza ha firmato con riserva lo Studio di dettaglio presentato dal Comune. Le riserve poste, riguardano parecchi edifici del centro storico, ma leggendo il verbale ci è parso strano notare che non compaiono tra questi gli isolati 200 e 201, quelli compresi tra piazza delle Belle e via Caramba. Ci chiediamo come mai la soprintendenza non ha posto le riserve per gli edifici settecenteschi e ottocenteschi che costituiscono tali isolati? Sarà forse sfuggito al loro accurato controllo? Oppure c’è qualche altra spiegazione? Questi isolati non vanno forse tutelati e salvaguardati come tutti gli altri, in quanto costituiscono un unicum architettonico che ben si armonizza con il paesaggio urbano?
In ogni caso tutto questo, se approvato e portato avanti con il consenso politico e amministrativo, creerebbe un precedente non solo per Catania, ma per tutto il territorio nazionale. Città come Roma, Milano, Venezia, vedrebbero “riformare” parte dei centri storici per un riutilizzo speculativo.
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Nota sottoscrittori Atti Camerino: Prof. Carlo Colloca, Ing. Gaetano Randazzo, Arch. Paola Pennisi, Arch. Eliana Strano, Arch. Mariangela Marano, Arch. Barbara Di Gregorio, Dr. Ilaria Riggio, Luigi Lipani, e inoltre per articolo ANCSA: prof. Giovanni Salmeri, Arch. Giulia Sanfilippo.
Risposta alla domanda “come è stato possibile”: con la sudditanza “spetta” di noi catanesi che è continuata fino a ridurre nelle condizioni attuali la “Milano del Sud” . Prendiamone atto e combattiamo la “spittizza”dei politicanti che continuano a devastarci e depredarci.