Caste o istituzioni?
Un mestiere come un altro?
Il vitalizio (anche questo termine era indicativo di una funzione specifica) è, dopo le critiche recenti, diventato una “pensione” (il che significa che quella di parlamentare sta diventando un mestiere come un altro). Forse è giusto così, ma allora il legislatore che fa le leggi ed è ancora commisurato con il magistrato che le applica, potrebbe essere equiparato ad un manager, i cui emolumenti di casta sono ben più onerosi per la società.
Alcune critiche investono gli assistenti (portaborse). Chi fosse stato in Parlamento prima degli ’80, se pensava che rappresentare il paese non significava scrivere lettere e attaccare francobolli, trovava qualche collaborazione “in nero”
Quando se ne riconobbe il diritto (e davvero la complessità dei problemi via via crescenti ne comporta la necessità), la Camera caricò lo stipendio del segretario sull’indennità parlamentare e così incominciò la serie degli impieghi ad amanti o zii o ad apparati di partito.
La contorta storia degli abusi
Oggi ci si è finalmente decisi alla trasparenza e le assunzioni le fa la Camera con contratti a termine, cosa che non era possibile quando c’era il rischio di perdita del lavoro per elezioni anticipate, Gli abusi talvolta hanno una loro storia contorta.
E’ ovvio che io ritengo non democratico non aver provveduto per tempo a dare il massimo di trasparenza ai bilanci di Camera e Senato: non importa se qualche milione in meno non avrebbe dato grandi benefici alternativi, perché ci sono questioni di assoluto principio e le istituzioni non possono decadere in dignità.
Non esistono giustificazioni neppure per il costume italico, quello per il quale all’estero siamo, quando ci va bene, derisi. Non è questione di indulgenza, ma quando le cose erano inconfrontabili con il malcostume indotto da vent’anni di berlusconismo e di grandi fratelli (pensiamo solo al degrado del linguaggio nelle istituzioni), l’etica politica stava già con un piede sul piano inclinato.
Clientelismo e raccomandazioni, le pensioni di falsa invalidità erano prassi elettorale democristiana e nelle missioni all’estero c’era chi, se per caso restava una serata per un teatro, voleva caricare il biglietto sulle spese istituzionali. Cose da poco, su cui c’è chi ha fatto mangiatoie e corruzioni.
Il senso della rappresentanza
Oggi, proprio perché sono molto preoccupata che si stia perdendo il senso della rappresentanza e, quindi, del voto (per conquistare il quale tanti sono morti), vorrei che ci fosse – soprattutto da parte dei giovani – voglia di capire che cosa si fa quando si va a dare un voto a una lista o a una persona (ovvio che ci vuole un’altra legge elettorale, ma per ora in Parlamento deve avere il voto del PdL) e che cosa deve e può fare chi viene “eletto”, cioè “scelto per rappresentarmi”. Imparando anche dai limiti ineliminabili nel confronto tra parti diverse (che, da noi, non si uniscono mai), ma esigendo che chi mi rappresenta mi dia modo di esercitare un controllo, di sapere che cosa fa davvero: oggi non conosciamo altro che quello che fa rumore.
Ma davvero “sono tutti uguali”?
Ma non si può andare avanti pensando che sono tutti uguali: c’è il rischio che, per il disgusto dei peggiori (pur liberamente votati dalla maggioranza del popolo) si rinunci a ridare dignità alle istituzioni. Cioè a noi stessi.