Case, e tavoli zoppi
Chi decide il senso dell’emergenza abitativa a Catania
Un vertice, un tavolo di crisi, una cabina di regia sull’emergenza abitativa – non si sa più che nome affibbiare per nascondere il problema! – è stato convocato giovedì mattina dall’assessore ai servizi sociali, Fortunato Parisi. Presenti i sindacati, i rappresentanti dei proprietari e degli inquilini, e persino lo IACP. Ogni tanto pure qualche giornalista faceva capolino nella stanza dell’assessore, per fare due scatti veloci e poi scrivere il pezzo riportando solo le parole dell’assessore.
“Servono soluzioni immediate” ribadisce più volte lo stesso. E chiede alla dottoressa Giambarveri, dello IACP, entro quanto il Comune potrà avere consegnati un tot di alloggi di emergenza. “Io spero che anche quello in via xxx potrebbe essere ultimato il 30 aprile. Quindi otto+uno, sarebbero nove”. Il viso dell’assessore si distende un pochino, come se attraverso quel numerino potesse intascare chissà quale grande risultato. Ma la rappresentante dello IACP precisa che nella politica abitativa bisogna cooperare “non è possibile che ci incontriamo dopo sei-sette mesi e siamo sempre allo stesso punto. Io vorrei portare un po’ avanti il percorso”. Gli alloggi popolari occupati da multiproprietari non sono stati mai sgomberati, nonostante un dossier e dei nominativi che sono a disposizione di chi dovrebbe procedere. Che di certo non è l’architetto Iannizzotto, dell’ufficio case, perché continua a ribadire “coi vigili urbani non possiamo effettuare sgomberi. Servono le forze dell’ordine, la circolare Minniti pone limiti incredibili…”. L’assessore a un certo punto gli chiede “che dice questa circolare Minniti?”.
A questo tavolo, un po’ deformato come il cerchio di sedie che ospita i vari soggetti, si continuano a dire cose che si dicono da anni, spacciandole per “novità”, senza nessun rossore. “L’assessore ha proposto il versamento diretto del bonus casa di duecentocinquanta euro ai proprietari e i sindacati si sono mostrati favorevoli” si legge sul trafiletto del giornale di Mario Ciancio – uno dei più ricchi costruttori edili (e non solo) della città, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Noi aggiungiamo che i rappresentanti dei proprietari, continuavano a fare una sola domanda “Ma il Comune garantisce in caso di mancato pagamento?”. Il Comune eroga (il bonus), ma non garantisce – si premurano a precisare l’assessore e la responsabile ai servizi sociali.
È possibile continuare ad affrontare l’emergenza soffermandosi soltanto sull’accoglienza di primo livello, cioè ricoveri che dovrebbero essere temporanei per le famiglie (massimo 15 giorni, per legge) e che invece diventano una specie di limbo senza tempo – e si spendono centinaia di mila euro? È possibile continuare a contravvenire alla legge? Oppure contare solo sugli immobili dei privati, con tutti gli edifici comunali che versano nell’abbandono a Catania? Quando si passerà a un’accoglienza di secondo livello, cioè alle case vere e proprie?
Queste domande irritano l’assessore Parisi che ammonisce di blindare i prossimi tavoli in Prefettura, o addirittura di farli separatamente con i vari rappresentanti. “Servono soluzioni immediate” continua a ripetere. Otto-nove alloggi entro aprile, quando le famiglie richiedenti sono quasi 5mila, sarebbero “soluzioni immediate”?
Quando il Sunia chiede quale sia il senso di convocare tavoli separati, l’assessore Parisi si lascia sfuggire un “Qua il senso lo decido io!”. Abbandona il cerchio di sedie e va a ripararsi dietro la sua scrivania. Lì starà al sicuro. Al contrario di Adriana, Lucia, Alessandro, Anna e tantissimi altri bambini che stanno crescendo in stanze di b&b, per strada, o in palazzi occupati.