“Caro Dell’Utri, grazie per il governo!”
Lo dice Miccichè, uno degli elementi-chiave del Letta-Berlusconi. E con buone ragioni…
E’ evidente che più che la regola della rappresentanza dei territori, inserita nel complicatissimo metodo cencelli utilizzato per costituire la squadra dei sottosegretari del governo Letta, ha concorso alla nomina del palermitano Gianfranco Miccichè l’imposizione di Berlusconi, coerente con l’ambiguità dimostrata nel non prendere mai posizioni sulla lunga e profonda faida dentro il PDL siciliano.
In realtà, erano altri i talenti di Micciché e con questa premessa, figurarsi se il cavaliere considerava come ostativi della nomina i tracolli elettorali ormai costanti del suo ex delfino. A questo punto sarebbe stato inevitabile rilevare per deduzione l’inquietante segnale dato da questa nomina.
Ma fin da subito non c’è stato alcun bisogno di fare congetture, perché ci ha pensato Micciché, con la spocchia di chi sente indiscutibile la sua potenza, a chiarire tutto tributando calorosi ringraziamenti per la sua rinascita politica a Marcello Dell’Utri e a Raffaele Lombardo, personaggi che anche sulla base di risultanze giudiziarie sui loro rapporti con la mafia non possono essere certo considerati punti di riferimento edificanti.
A questo punto, data l’evidenza dell’influenza intoccabile di Dell’Utri su Berlusconi, risulta impossibile immaginare quale artificio dialettico potrà giustificare il via libera dato dal PD e dal Presidente della Repubblica, vero tutore del governo di larghe intese, a questa operazione che tanto più inquietante e inaccettabile appare, tanto più dimostra la forza dei veri sponsor di Micciché.