Borsellino e il generale “punciutu”
Cavaliero: “La vedova Borsellino mi disse che Subranni era…”
Palermo. “Circa dieci anni fa, sei o otto mesi prima del matrimonio di Manfredi (Borsellino, ndr), la signora Agnese utilizzò un’espressione nei confronti del generale Subranni”.
Le parole dell’ex sostituto procuratore di Marsala, Diego Cavaliero, amico e collega di Paolo Borsellino negli anni di Marsala, ora giudice del lavoro a Salerno, hanno riacceso l’attenzione su una rivelazione di cinque anni fa. “La signora Agnese – ha specificato Cavallero deponendo al processo sulla trattativa – mi disse che poco tempo prima di morire, in un momento di rabbia, il marito le aveva detto che il generale Subranni era punciuto (affiliato a Cosa Nostra, ndr). E che in quella occasione Paolo aveva vomitato appena tornato a casa”.
Alle domande del pm Roberto Tartaglia Cavaliero ha risposto senza esitazione. Anche quando ha ricordato “la frenesia” di Borsellino al pensiero di aver perduto la sua agenda rossa. Era il 12 luglio 1992 e il giudice palermitano era venuto a Salerno per fare da padrino al battesimo del primo figlio di Cavaliero. “Lo andai a prendere a Baia e andammo da mia madre. Ricordo che Paolo aveva appoggiato l’agenda rossa sul letto. Appena scendemmo dalla macchina Paolo ebbe la percezione che non aveva l’agenda. Era visibilmente agitato. Mi fece ‘smontare’ la macchina, alzare i sedili… Non trovandola mi fece tornare a Baia, e lì la trovammo sul letto dove l’aveva lasciata. Solo allora si tranquillizzò. Era un maniaco delle annotazioni. Era l’archiviazione fatta persona.”.
“La consapevolezza della fine”
“Il 28 giugno 1992 – ha raccontato ancora Cavaliero – c’incontrammo a Giovinazzo per un congresso. Le misure di protezione per Borsellino erano aumentate. Mi manifestò la sua forte preoccupazione, non lo disse apertamente, mi invitò ad accompagnarlo a prendere le sigarette e mi disse: Sai, quando muore una persona cara tu vai al funerale e ti addolori perché hai la consapevolezza che la tua fine è più vicina. La cosa mi turbò molto”.
“Il suo umore era completamente diverso, aveva perso quella giovialità che lo caratterizzava, e il 12 luglio, al battesimo, si vedeva che era ‘assente’. Io venni a Palermo dopo la morte di Falcone e alloggiai a casa di Borsellino. Lui era preoccupato. Ricordo la camera ardente… Paolo mi aveva detto: Fino a quando c’è Giovanni mi fa da parafulmine”. Cavaliero ha quindi ricordato “il moto di stizza” di Paolo Borsellino nel sapere della telefonata della batteria del Viminale che lo cercava da parte del prefetto Vincenzo Parisi.
La percezione del significato della “fretta” che aveva Borsellino per cercare di “fornire una chiave di lettura di quella che era stata la morte di Falcone” è stato un altro aspetto fondamentale della deposizione di Cavaliero. “Che Paolo avesse fretta era evidente – ha specificato – Diceva di avere bisogno di una giornata di 48 ore. Era evidente che stesse inseguendo qualcosa dal punto di vista investigativo”.
Il pm Tartaglia ha ripreso il verbale di interrogatorio di Cavaliero del 2012 in cui emergevano ulteriori dettagli in merito alle confidenze della vedova del giudice.
“C’era una nota fondamentale di amarezza nella signora Borsellino, di carattere generale – aveva deposto allora – per ciò che riguardava gli sviluppi investigativi, ciò che più o meno stava succedendo nell’ambito delle indagini dell’epoca per la morte del marito.
Mi disse che praticamente il marito aveva capito, non si capisce bene cosa, in quella condizione di frenesia…”.
Ma cosa poteva aver capito il giudice Borsellino in quei 57 giorni tra la strage di Capaci e quella di via D’Amelio? Nel periodo successivo al 19 luglio ’92 il rapporto tra Cavaliero e la famiglia Borsellino si era rinsaldato ancora di più. Nel mese di agosto del ’92 lo stesso magistrato campano aveva portato la signora Agnese e i suoi tre figli nella sua casa di villeggiatura vicino Salerno per dar loro un po’ di respiro. “In quel periodo la signora Agnese è sempre stata molto critica su tutto ciò che le gravitava attorno, si lamentava che c’erano amici e conoscenti che non avevano mai partecipato alla loro vita e che ora invece volevano un posto in prima fila…”.
Alla domanda se avesse mai conosciuto una persona di nome Angelo Sinesio Cavaliero ha risposto negativamente.
Quella strana lettera del “corvo”
Sul ruolo di Sinesio non è stata fatta ancora piena luce. Si sa che è stato un agente dei Servizi segreti dal passato decisamente misterioso e che attualmente è Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie. Ma soprattutto è stato tra coloro che nel ’92 si erano particolarmente preoccupati dell’esposto anonimo “Corvo2”, di quella strana lettera, scritta tra il 23 maggio e il 19 luglio del ’92, inoltrata a trenta destinatari fra cui anche Paolo Borsellino.
In essa si riferiva di una sorta di canale di comunicazione, in seguito all’omicidio di Salvo Lima, tra esponenti politici, tra cui Calogero Mannino e i vertici di Cosa Nostra. Poco dopo la strage di via D’Amelio lo stesso Sinesio aveva chiesto ossessivamente al pm Alessandra Camassa quali fossero state le ultime indagini di Borsellino senza ottenere, però, alcuna informazione.