ARRIVA IL CAPITANO!
“Ma perchè, perchè voi catanesi ce l’avete con me? Che vi ho fatto??”
Quasi piangeva, il senatore capitano, e poi ancor più lacrimevole, aggiungeva:
“Due estati fa avete fatto scendere dalla nave Diciotti quei barbari negri che volevano invadere il suolo della patria, ed io, unico difensore dei confini nazionali, lo volevo impedire.
Siete arrivati da tutta Terronia in tremila, mi avete urlato contro! Ma che vi ho fatto?
L’estate scorsa eravate tutti là intorno al vostro ” liotru” e mentre io stavo a dare ordini e davo ordini al podestà Pogliese e al gerarca Cantarella, voi da sotto quel balcone mi avete cacciato via a fischi e a…”.
Poi si riprende e assume una posa da vero capitano, mascella volitiva, mani ai fianchi e petto in fuori e urla:
“Miei prodi leghisti! In marcia verso il sud! Andiamo a Catania! Là quei magistrati comunisti mi vogliono processare, e per che cosa? Perchè dico Prima gli italiani! Andiamo, uomini forti del Nord! Conquisteremo Catania e ci bivaccheremo per tre giorni, in quel porto di Catania, che vide la mia sconfitta e ora vedrà la nostra vittoria!.
Abbiamo gli amici degli amici discotecari, alla vecchia dogana, e se qualcuno dice che sono mafiosi, che importa! A tutti gli uomini d’onore calunniati faremo restituire i beni che gli hanno confiscato ingiustamente. Ordine, camerati! Ordine e decoro!”.
Sì, ma ai giudici che gli conti?
“Ai giudici gli dirò che il capitano dei veri italiani sono io: come pretendono di giudicarmi loro? Li guarderò dritti negli occhi, senza la mascherina perché di me pure il virus ha paura!”.
E mentre il capitano se la vede coi giudici, in una piazza di Catania uomini e donne, anziani e bambini, ballano e cantano attorno al loro vecchio e buon Liotru. E quando, sotto la statua della dea bendata con la giustizia in mano, appare il capitano, sconfitto una volta ancora, tutto il popolo ride e sghignazza, tanto da fare ridere anche la statua di bronzo.
Nuovamente piangente, il capitano urla ai suoi:
“Andiamo via, scappiamo, Catania non ci vuole!”