Appunti di viaggio di un 21 MARZO
La pelle del bus era blu. I bagagli riposavano nel suo ventre e noi sulle sue scomode poltrone. Saremmo potuti andare con il viaggio organizzato, ma il nostro programma non poteva prevederlo.
L’Unione degli Studenti (UdS), cui facevamo parte, imbastiva un coordinamento nazionale di un giorno dopo la manifestazione, approfittando anche dei rimborsi per le spese di viaggio di Libera. Così, a ridosso di quel 21 marzo 2010, XV giornata memoria e impegno in ricordo delle vittime delle mafie, partivamo verso Milano: manco a dirlo, tutto il carico del nostro bistrattato idealismo ci faceva sembrare questa storia di quasi picari una romantica avventura.
Piero, allora coordinatore della sezione dell’UdS Ragusa, andava allo scientifico, all’ultimo anno. Era l’incarnazione dello stereotipo di Sinistra: i dreadlocks raccolti in una fascia, vari e lunghi discorsi in tasca, pretese di ragionevole cambiamento. Eravamo solo in due a partire, anche per via della fifa matta di essere bocciati che hanno gli studenti al secondo quadrimestre. Raccolto nella paura ben più concreta del freddo nordico, m’ero equipaggiato di eskimo in poliestere, diffidenza alle sale da barba, gigantesco zaino militare modello “Grande Guerra”, con sacco a pelo annesso; Piero optava per una sobria giacca a vento e uno zainetto reduce delle medie. Eravamo due profughi.
Alle tre del pomeriggio, la corriera partì. Ci lasciammo alle spalle le livide pietre di Ragusa, l’insistente attitudine alla pioggia del suo cielo, la massa indifferente dei concittadini. Quest’ultima, nostra conoscente stretta, s’era palesata quando i megafoni della protesta gracchiavano contro Gelmini, Fioroni e Moratti, in piazze semivuote o mal riempite. Era successo, all’ombra dell’imperiale aquila, sull’asfalto a forma di M di uno spazio che i più vecchi chiamano ancora “piazza Impero” o di fronte alla lastra dei caduti per mano del fascismo, di faccia alla cattedrale, in piazza San Giovanni.
L’arte ricorda Giovanni Spampinato
Canzone
“Questa è la triste storia di Giovanni Spampinato,/cronista del ragusano che cercava la verità./Da solo andò /fino in fondo, ma poi venne ammazzato/dal figlio di un magistrato e dai silenzi di una città” fa il pezzo del pozzallese Filippo Susino, “Lone Wolf”. A tutt’oggi, è l’unica canzone che perviene sul tema, a quarant’anni dalla morte del giornalista.
«La storia di Spampinato io l’ho conosciuta tanti anni fa tramite un libro di Carlo Ruta. Mi sono subito appassionato del suo personaggio e mi sono documentato più approfonditamente… E dopo circa 2/3 anni mi sono deciso a dedicargli una canzone!» dice il ventinovenne, ex bassista degli Skaramanzia. «Lui era nominato da tutti “lupu solitariu” perché conduceva le indagini sempre da solo… Era una persona diffidente…. Per questo Lone Wolf (dall’inglese “lupo solitario”)». I più, però, di Giovanni Spampinato non sanno nulla. Qualcuno del settore, pessimista, ci dice che gli artisti sono autoreferenziali, non interessa loro fare certi discorsi, neppure fuori dai cd.
Teatro
“L’Ora di Spampinato” è un lavoro portato avanti da Danilo Schininà e Vincenzo Cascone, finanziato anche attraverso libere sottoscrizioni. Il prodotto verrà presentato in via definitiva nel quarantennale della morte del giornalista, il 27 ottobre 2012. Danilo Schininà, insieme a Roberto Rossi, è anche autore de “Il caso Spampinato. Inchiesta drammaturgica”.
«Per me dar voce a Spampinato ha una doppia importanza. Da un lato, mi riempie di orgoglio e di responsabilità interpretare- anche se solo vocalmente- un personaggio realmente esistito, che ha vissuto le strade e le piazze che vivo anche io ogni giorno, un giovane curioso e brillante come anche io spero e sogno di essere che ha inevitabilmente scritto una pagina importante di storia della nostra città, portando la gente del tempo ad interrogarsi su cose che stavano un po’ più in basso della superficie. Dall’altro lato, è compito del progetto “L’ora di Spampinato”, quindi anche mio, togliere la sabbia che in questi pochi decenni si è venuta a creare intorno a questa faccenda, sabbia che ha impedito a moltissime persone- specie della mia generazione- di venire a conoscenza della storia e della vita di Giovanni Spampinato, e di tutto il suo impegno politico e professionale» dice Giovanni Arezzo, giovane attore ibleo già diplomato alla “Silvio D’Amico”.
Cinema
C’è una sceneggiatura mai tradotta in pellicola, “Il caso Spampinato – morte di un giornalista curioso”, che ha ricevuto una menzione speciale al Premio Mattator. «La sceneggiatura su Spampinato, nonostante abbia avuto un riconoscimento importante a livello nazionale, a Ragusa è stata ignorata anche da chi avrebbe potuto avervi interesse. La sceneggiatura è stata anche sottoposta alla Rai tramite uno sceneggiatore televisivo che faceva parte della giuria del concorso per sceneggiature Mattador 2011» dice Francesco Greco, uno degli autori.
(g.p.)