Appello agli uomini di buona volontà (e di fede)
Ci sono momenti storici nei quali tutti siamo coinvolti e chiamati a schierarci, perché non farlo significa indirettamente scegliere la parte sbagliata, quella che vive e prospera grazie al silenzio, all’indifferenza, alla sottesa complicità. Nella lunga lotta tra mafie e Antimafia, la scelta di parte, quella giusta, è non solo necessaria, ma l’unica possibile. Poiché non scegliere significa essere complici. Non esistono vie di mezzo, sfumature, perché in mezzo c’è quella dannata zona grigia dentro cui si stringono le mani più sporche e gli accordi più perversi.
Non solo Istituzioni e organi di Governo, ma anche i Cittadini devono fare questa scelta netta. Devono farlo non accettando le logiche mafiose, la prepotenza, i favori, le scappatoie, i codici culturali. Soprattutto devono contribuire alla giustizia e alla verità, impedendo che chi lavora per renderle possibili non rimanga da solo. I magistrati di Palermo sono sotto attacco da più fronti e si trovano in una condizione di immenso pericolo, su Nino Di Matteo pende una sentenza di condanna a morte. Intorno a tutto questo, il solito ignobile clima di veleni, allusioni, accuse volgari alimenta la sottovalutazione e l’isolamento, risvegliando oscenità già viste e sentite.
Quella parte di cittadinanza che ci permette ancora di provare meno vergogna nell’essere italiani, ha reagito scendendo in piazza, testimoniando vicinanza, solidarietà, gratitudine al pm palermitano e ai suoi colleghi. Tra tutti coloro che si schierano dalla parte dei magistrati di Palermo, il paese non sente quell’annuncio concreto del Vangelo. Manca una voce importante, necessaria. Che faccia per la prima volta, ufficialmente, un passo in avanti: la Chiesa.
Guardando attraverso la memoria e la storia del paese, vediamo con disagio una Chiesa che per troppo tempo, all’interno del proprio vissuto e della sua storia, non solo non si è schierata contro la mafia, ma anzi l’ha appoggiata, aprendo le porte ai soldi dei boss di provincia o di quartiere, donando loro un ruolo primario nelle processioni e in altre attività “istituzionali”. Non ha alzato la voce e ha lasciato solo chi si opponeva. Una Chiesa che, nella vita concreta delle sue comunità, tra annuncio, denuncia e vissuto pastorale, ha avuto come martiri, troppo soli in vita, don Pino Puglisi e don Giuseppe Diana, primi a operare e a trovare gli strumenti e il coraggio, testimoniando fino alla fine la lotta alla mafia e la volontà di liberazione per le donne e gli uomini di cui essi portavano il peso, da semplici preti.
Sono uomini di fede che hanno vissuto la propria missione al servizio del bene. Con coraggio e senza titubanze. Oggi che don Puglisi è stato proclamato beato (un segnale importante verso una direzione giusta), ci sono tanti altri uomini di fede che continuano nell’opera di contrasto alla mafia e lo fanno nella stessa solitudine e c’è una società che aspetta che la Chiesa vada oltre quel “Convertitevi!” urlato drammaticamente da Giovanni Paolo II in quel di Agrigento. C’è una società che si chiede perché la Chiesa non dia un segnale. Noi ribadiamo che qui e ora è venuto il momento.
La Chiesa, che per troppo tempo ha condannato solo formalmente l’esistenza della mafia e la sua violenza, oggi non può e non deve restare in silenzio, ci sono in gioco non solo la verità, la coscienza e l’azione pastorale delle comunità ecclesiali ma esponenzialmente la vita del paese, l’educazione alla legalità e il futuro di tutti.
Ora chiediamo coraggio a questa Chiesa. Noi vorremmo che Essa prendesse ufficialmente posizione a difesa della vita di Nino Di Matteo e dei magistrati di Palermo, che si mettesse al loro fianco, che coinvolgesse la gente delle parrocchie, i sacerdoti, i fedeli, tutti coloro che credono nel Bene. Perché siamo dinnanzi a un momento decisivo, siamo a una svolta, ma soprattutto viviamo il rischio concreto di un pericoloso ritorno al passato.
Chiediamo a tutti, e a tutta la Chiesa, specificatamente alle diverse diocesi e comunità ecclesiali del nostro paese, a tutto quel popolo di cristiani, di donne e uomini liberi e fedeli in Cristo, di osare un coraggio secondo, di alzare non solo il cuore ma anche la testa.
Chiediamo ai laici, ai vescovi, ai preti, ai religiosi, a tutti coloro che osano vivere il battesimo di dichiarare ufficialmente il no della Chiesa alla mafia, facendo seguire alle parole i fatti.
Chiediamo a ognuno di osare non soltanto l’annuncio del Vangelo, ma la difficoltà della parola alzata contro ogni banalità specifica alle mafie che stritolano e condizionano territori e vite umane.
Chiediamo un secondo coraggio, un grido che dalla base arrivi fino alle orecchie di Francesco. Perché dal vescovo di Roma, ritorni come un’eco la voce del popolo di Dio. Dal Vaticano la voce del Papa gridi questo no fino alle parrocchie di periferia, senza deroghe o concessioni di alcun tipo.
Salvo Ognibene – Massimiliano Perna
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