Antimafia da salotto e libri da caminetto
Il Rompiballe, 27 febbraio 2016
“Hai sentito? Escono tre libri contro l’antimafia“. Lo sguardo è sornione, quasi ammiccante, della serie “hai visto con chi hai a che fare?“, come se il sottoscritto non fosse consapevole che ci sono cose che non vanno nel movimento antimafia, tanto da aver coniato il termine “carrierista dell’antimafia” già 3 anni fa e proprio l’anno scorso, in occasione dell’anniversario della Strage di Via d’Amelio, ha approfondito e meglio esplicitato il concetto.
I carrieristi sono dappertutto, quelli dell’antimafia sono i più odiosi, perché cavalcano il sangue, a volte anche dei propri familiari, per costruirsi carriere che non avrebbero ragione di esistere, gettando ombre e fango su chi invece si fa un quotidiano mazzo al servizio della collettività e che, a differenza loro, è esposto agli esagitati da tastiera che su Facebook vedono il marcio ovunque. Come ho scritto poco prima di Natale, quello che mi faceva infuriare un tempo non era tanto il carrierista, quanto l’essere accomunato a lui, al suo arrivismo, alla sua totale ignoranza e deficienza. Questa era la cosa che mi faceva infuriare più di tutte, oltre a farmi male, perché noi non facciamo quello che facciamo per farci dire “bravi” da qualcuno ma perché noi alla mortalità del fenomeno mafioso in tutte le sue espressioni ci crediamo per davvero.
Eppure sono arrivato alla conclusione che, proprio con il moltiplicarsi degli scandali e anche a seguito di dolorose delusioni umane sul piano personale, non ha più senso stare a perdere tempo a rodersi il fegato per questa gente. Anzi, il modo migliore per espellerli dal movimento antimafia è quello di ignorarli, non dargli più spazio e continuare a fare il nostro lavoro, perché mentre noi stiamo a scannarci su questa o quella questione interna, Loro, i mafiosi, se la spassano allegramente e fanno tutto quello che vogliono a spese nostre, della nostra libertà e della nostra vita.
Non avrei mai potuto prevedere però che gli scandali e le mele marce che hanno caratterizzato gli ultimi 2 anni portassero alla nascita di un nuovo genere letterario, proprio a 25 anni dalla pubblicazione di “Cose di Cosa Nostra” di Giovanni Falcone, ancora oggi il più grande libro di mafia mai scritto: i libri contro il movimento antimafia.
Non ho intenzione di leggerne nemmeno uno, dato che se di libri di mafia fatti bene ce ne sono davvero pochi, figuriamoci i tre d’esordio del nuovo genere letterario in uscita, eppure mi domando: Lor Signori che sicuramente punteranno il dito contro i carrieristi (generalizzando la categoria a tutto il movimento) non stanno guadagnandoci, cioè non stanno perseguendo un fine che è poi quello stigmatizzato nei loro libri e imputato a tutto il movimento antimafia, senza distinzione alcuna?
Ma soprattutto: oltre a guadagnarci loro, chi ci guadagna da questa generalizzazione della presunta degenerazione morale di tutto il movimento antimafia? Le mafie, of course. Quindi, ben lungi da essere un buon antidoto ai carrieristi (che continueranno ad esserci, anzi, useranno gli argomenti intellettuali sfoderati per colpire la parte sana del movimento), questi novelli Sciascia (privi però del suo spessore culturale e letterario) diventeranno i principali alleati delle organizzazioni mafiose, alla stregua di chi oggi infanga il movimento con comportamenti indecenti.
Ma per tornare alla domanda che mi è stata posta in principio: “Hai sentito? Escono tre libri contro l’antimafia“, alla fine, dopo averci pensato un attimo, ho risposto: “togliti le pantofole, lascia il tuo salotto e quei libri, se proprio hai soldi da buttare, usali per il caminetto.” Tradotto: il modo migliore per correggere ciò che non va è far vedere come si fa. Se però non si fa e si sta solo a criticare, della mafia, dei carrieristi e dei cretini in generale non ci libereremo mai.
Ricordandoci quello che proprio 25 anni fa ci invitava a fare Giovanni Falcone, troppo citato e mai letto da certa gente: “Si può sempre fare qualcosa“. E non è certo una scusa smettere di lottare contro il male perché c’è qualcuno che usa la lotta per servire se stesso e non la Causa.
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