domenica, Novembre 24, 2024
-rete-PaesiSocietà

Altri droni italiani per le infinite guerre mediorientali

I più moderni aerei senza pilota made in Italy alle belligeranti petromonarchie arabe.

Durante il Farnborough International Airshow in corso in Gran Bretagna, i manager della holding militare-industriale Leonardo-Finmeccanica hanno comunicato che un numero imprecisato dei droni “Falco Evo”, la versione evoluta del sistema a pilotaggio remoto Falco, saranno consegnati a due misteriosi paesi, “rispettivamente del Medio Oriente e della regione del Golfo”.

“L’azienda italiana non ha voluto fornire I’identità dei clienti ma ha spiegato che essi già operano con i velivoli Falco”, ha riferito l’agenzia specializzata statunitense Defense News. “Dato che ad oggi, i paesi e le organizzazioni internazionali che hanno acquistato i Falco sono Giordania, Arabia Saudita, Pakistan, le Nazioni Unite e il Turkmenistan, è presumibile che i due nuovi clienti dei Falco Evo siano le forze armate di Arabia Saudita e Giordania”.

Il controverso regno saudita siglò un primo accordo con Finmeccanica per l’acquisizione di alcuni droni a medio raggio “Falco” il 13 luglio 2012 e i velivoli sarebbero utilizzati per operazioni di sorveglianza e riconoscimento nel sanguinoso conflitto in Yemen. Con la versione più evoluta del “Falco Evo” (quote di volo e velocità più elevate e maggiori capacità di carico), è verosimile che i sauditi possano utilizzare i droni italiani anche per vere e proprie operazioni d’attacco con missili aria-terra. Per i bombardamenti contro obiettivi civili e militari in Yemen, la petromonarchia saudita sta utilizzando bombe prodotte in Italia. La Rete italiana per il Disarmo che ha presentato alcuni esposti per violazione della legge n. 185 del 1990 che vieta l’export di armamenti a Paesi che si trovano in stato di conflitto armato, ha documentato nell’ultimo anno almeno sei invii in Arabia Saudita di bombe prodotte dalla fabbrica RWM Italia di Domusnovas (Sardegna), di proprietà della holding tedesca Rheinmetall. Secondo i dati ufficiali del governo, il valore delle vendite di armamenti italiani al paese arabo è passato da 163 milioni di euro nel 2014 a 258 milioni nel 2015.

Selex ES, l’azienda di Leonardo-Finmeccanica che realizza i droni “Falco Evo”, opera in Arabia Saudita da oltre tre decenni fornendo tecnologie avanzate nei settori aereo, terrestre e spaziale, e più recentemente in aree quali quelle della cyber security e della sicurezza delle informazioni, dei sistemi automatizzati e di gestione del traffico aereo e navale, della “sicurezza del territorio e della protezione delle infrastrutture critiche”. Entro la fine del prossimo anno, inoltre, Leonardo-Finmeccaica fornirà alla Royal Saudi Air Force sei sistemi per il controllo del traffico aereo di ultima generazione, di cui tre fissi e tre trasportabili, ognuno dei quali composto da radar primario e secondario, sistemi di comunicazione e centro di controllo. Thales Alenia Space, la joint venture italo-francese del settore aero-spaziale, partecipata al 33% da Finmeccanica, ha avviato negoziati in esclusiva con l’Arabia Saudita per la fornitura di quattro satelliti, due di osservazione e due per le telecomunicazioni militari, il cui valore potrebbe aggirarsi tra 2,5 e 3 miliardi di euro.

Ad accreditare invece l’ipotesi del trasferimento dei “Falco Evo” alla Giordania, c’è il memorandum di cooperazione e sviluppo industriale sottoscritto nel 2013 tra Finmeccanica, il King Abdullah Design and Development Bureau (KADDB) e i massimi vertici delle forze armate giordane, tra i cui obiettivi strategici c’è proprio la “promozione di tecnologie per la sorveglianza e dei sistemi a pilotaggio remoto UAS”.

Il “Falco Evo”, prodotto nello stabilimento di Selex ES di Ronchi dei Legionari (Gorizia) e il cui primo volo sperimentale fu completato nel luglio 2012 dalla base aerea di Cheshnegirovo (Bulgaria), è un sistema aereo a pilotaggio remoto in grado di svolgere missioni di sorveglianza in ogni condizione meteo, a lunga persistenza, fino a 20 ore e a una quota di volo di 6.000 metri (comparati ai 5.500 metri e 14 ore del Falco originario), con un raggio operativo di oltre 200 km e un carico utile fino a 100 kg. I droni sono dotati di sensori radar ad alta risoluzione che sondano metro per metro il terreno inviando le immagini ai centri di comando terrestri per una loro elaborazione. Sia il “Falco Evo” che il “Falco” possono montare vari tipi di radar di produzione Leonardo-Finmeccanica, tra cui il Gabbiano 20, il PicoSAR o il nuovo Osprey, entrambi a scansione elettronica. Nella versione killer, il “Falco Evo” può portare sotto le due ali più lunghe sino a un quintale di bombe o missili teleguidati.

I velivoli possono essere dotati anche di speciali sensori NBC che consentono al personale di terra di individuare possibili attacchi nucleari, biologici e chimici. I sistemi “Falco” possiedono inoltre capacità totalmente automatiche di decollo e atterraggio su piste semi-preparate e le stazioni di controllo a terra rispondono ai requisiti NATO per la pianificazione delle missioni e l’utilizzo dei dati acquisiti in ambito alleato.

Come abbiamo visto, i velivoli senza pilota di Selex ES sono stati acquistati da cinque clienti internazionali e svolgono attività di sorveglianza anche nell’ambito di due missioni ONU nella Repubblica Democratica del Congo (MONUSCO) e in Mali (MINUSMA). Per il Congo, le Nazioni Unite hanno sborsato nel dicembre 2013 una cinquantina di milioni di euro per cinque “Falco”, due dei quali sono andati perduti l’anno seguente a seguito di incidenti avvenuti nella regione orientale del North Kivu, al confine con il Ruanda. In Mali, i “Falco” made in Italy sono stati schierati dal luglio 2014 in numero di quattro nelle basi di Gao e Timbuctù dove già operano elicotteri da guerra francesi e olandesi.

Il “gioiello” di guerra di Selex ES è entrato pure a far parte degli arsenali delle forze armate del Pakistan. L’ordine di venticinque velivoli senza pilota, un’unità di volo di riserva e delle stazioni di controllo terrestri risale al giugno del 2008 e il trasferimento dei droni in Pakistan ha preso il via nell’estate 2009. Il battesimo sul campo è avvenuto in occasione della grande offensiva lanciata nella Swat Valley dalle forze armate pakistane nell’autunno 2009: come ammesso dalle autorità militari locali, i “Falco”, appositamente armati con missili a guida laser, furono lanciati per localizzare e bombardare “tutti i tipi di obiettivi, inclusi depositi munizioni, bunker, nascondigli e altre infrastrutture utilizzate dagli insorti”. Secondo la testata britannica Inner City Press, uno dei droni è precipitato nel 2013 per un problema tecnico durante una prova di volo nei pressi della base aerea pakistana di Mureed, ad alcuni chilometri di distanza dal distretto di Mianwali, Punjab. Un analogo incidente era accaduto qualche mese prima in Galles, durante un test del “Falco” Selex ES dal centro sperimentale droni di Parc Aberporth, nei pressi dell’aeroporto di Ceredigion.

Dall’ottobre 2015, Selex ES e Avio Aero, società interamente controllata dal colosso militare-nucleare statunitense General Electric hanno avviato una collaborazione con il CNR ITAE (Istituto di tecnologie avanzate per l’energia) di Messina per lo sviluppo tecnologico di un propulsore ibrido elettrico, destinato proprio a velivoli a pilotaggio remoto “Falco Evo”. La collaborazione s’inserisce nell’ambito di un progetto del valore complessivo di 5 milioni di euro, finanziato attraverso l’accordo di programma quadro in materia di ricerca Regione Puglia-MIUR e che vede come soggetto attuatore il Distretto Tecnologico Aerospaziale pugliese che punta a trasformare lo scalo aeroportuale di Grottaglie, Taranto, nella più grande base europea per la sperimentazione aerospaziale dei droni a uso civile e militare. Dirigente di ricerca del CNR ITAE di Messina è l’odierno vicesindaco della città dello Stretto, l’ing. Gaetano Cacciola, già direttore del CNR ITAE sino all’estate 2013.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *