domenica, Novembre 24, 2024
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Due ragazzi a Genova, sessant’anni dopo

Mi hanno colpito due giovani, tra i tanti alla giornata di Libera a Genova il 17 marzo, che ho visto quella matti­na alle 8 dirigersi con passo spedito verso il corteo. Davano l’impressione di voler marciare “su” Genova, non a Genova. Qualcosa me li ha fatti senti­re immediatamente cari e li ho avvici­nati. Mi hanno raccontato del loro lun­go viaggio in treno e mentre intorno a noi si confezionavano le bandiere che avrebbero sfilato, mi hanno mostrato orgogliosamente la loro scritta con un pennarello appena prima di partire: troppo poveri, mi hanno detto, per averne una ufficiale.

Avevano viaggiato tutta la notte e sa­rebbero ripartiti la notte successiva, stan­chi ma felici come si usa dire. Ho chie­sto di poterli fotografare, hanno accettato con gioia. Ci siamo salutati senza neppu­re presentarci.

Giorni dopo riordinando le tante foto­grafie di quelle giornate sono ritornata più volte sulla loro. Mi ero ripromessa di approfondire la loro conoscenza, la foto sarebbe stato il tramite. L’ho mandata a Radio Siani con una mail in cui dicevo quello che di loro mi aveva colpito, la bellezza della loro semplicità.

Il primo a scrivermi è stato Michele “quello grosso” come si è definito : una mail solare come il suo sorriso, piena di ringraziamenti e di entusiasmo. Poi è ar­rivata la mail di Vincenzo, quello magro e pensieroso. Le due facce di un corteo mi venne da pensare.

La voglio condividere qui, perché in giorni come questi in cui tanto si parla di Resistenza, offre uno spunto in più di riflessione. La Resistenza non può più essere solo memoria e sopravissuti, deve rivivere in nuove forme attraverso altri giovani e non solo perché c’è ancora bi­sogno di essere “liberati”.

* * *

< Cara Cinzia, Io sono Vincenzo (l’altro ragazzo della foto), del presidio Libera Afragola . Sono stato molto con­tento nell’aver letto le vostre mail, sì. Mi ha fatto molto piacere essere a Geno­va. certo, è stato massacrante, siamo stati tutta la notte in viaggio, arrivati di matti­na presto a Genova; per poi ritornare a Napoli verso le 5 del mattino successi­vo. Ma ne è valsa la pena, perché abbia­mo incontrato una parte di Italia che con­tinua a resistere.

Purtroppo dalle nostre zone è molto raro assistere a manifestazioni di questo tipo. La camorra inquina soprattutto la mentalità delle persone, degradando il li­vello culturale in generale. Se mi sono iscritto a libera e sono venuto a Genova è stato per questo. Per riuscire a dimo­strare che in realtà è possibile vivere di­versamente.

Ci sono molti concittadini che non solo non denunciano e non disdegnano le or­ganizzazioni criminali, ma anzi si sento­no protetti dai vari boss. Quasi come se la camorra fosse una sorta di stato assi­stenziale e i camorristi dei benefattori. Anche attraverso film, canzoni e giornali locali (sempre monopolizzati dalla ca­morra) è sempre passato questo tipo di messaggio.

Se vuoi posso illustrare an­che come questo tipo di sottocultura si è imposto a livello locale. E ahimè è molto triste con­statare come ciò spesso è igno­rato dai media. Il discorso è molto lungo. Noi in meridione, non abbiamo cono­sciuto il fe­nomeno della resistenza anti­fascista come si è diffuso al nord, con tutte quelle vittime. Però qui, forse, una certa mili­tanza antimafiosa può richia­mare quel tipo di resistenza.

C’è una di­versa forma di resistenza. Ri­cordare le vittime uccise innocentemente, significa prendere parte. Ed è stato bello incontra­re a Genova tante realtà accomu­nate da quello stesso spirito di rinascita, resisten­za, cambiamento. L’Italia miglio­re, che indifferenza e malaffare vogliono spe­gnere.

Grazie ancora per le email. Ci risentia­mo presto. Cordialmente, Vincenzo >

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