Altre Resistenze
Due ragazzi a Genova, sessant’anni dopo
Mi hanno colpito due giovani, tra i tanti alla giornata di Libera a Genova il 17 marzo, che ho visto quella mattina alle 8 dirigersi con passo spedito verso il corteo. Davano l’impressione di voler marciare “su” Genova, non a Genova. Qualcosa me li ha fatti sentire immediatamente cari e li ho avvicinati. Mi hanno raccontato del loro lungo viaggio in treno e mentre intorno a noi si confezionavano le bandiere che avrebbero sfilato, mi hanno mostrato orgogliosamente la loro scritta con un pennarello appena prima di partire: troppo poveri, mi hanno detto, per averne una ufficiale.
Avevano viaggiato tutta la notte e sarebbero ripartiti la notte successiva, stanchi ma felici come si usa dire. Ho chiesto di poterli fotografare, hanno accettato con gioia. Ci siamo salutati senza neppure presentarci.
Giorni dopo riordinando le tante fotografie di quelle giornate sono ritornata più volte sulla loro. Mi ero ripromessa di approfondire la loro conoscenza, la foto sarebbe stato il tramite. L’ho mandata a Radio Siani con una mail in cui dicevo quello che di loro mi aveva colpito, la bellezza della loro semplicità.
Il primo a scrivermi è stato Michele “quello grosso” come si è definito : una mail solare come il suo sorriso, piena di ringraziamenti e di entusiasmo. Poi è arrivata la mail di Vincenzo, quello magro e pensieroso. Le due facce di un corteo mi venne da pensare.
La voglio condividere qui, perché in giorni come questi in cui tanto si parla di Resistenza, offre uno spunto in più di riflessione. La Resistenza non può più essere solo memoria e sopravissuti, deve rivivere in nuove forme attraverso altri giovani e non solo perché c’è ancora bisogno di essere “liberati”.
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< Cara Cinzia, Io sono Vincenzo (l’altro ragazzo della foto), del presidio Libera Afragola . Sono stato molto contento nell’aver letto le vostre mail, sì. Mi ha fatto molto piacere essere a Genova. certo, è stato massacrante, siamo stati tutta la notte in viaggio, arrivati di mattina presto a Genova; per poi ritornare a Napoli verso le 5 del mattino successivo. Ma ne è valsa la pena, perché abbiamo incontrato una parte di Italia che continua a resistere.
Purtroppo dalle nostre zone è molto raro assistere a manifestazioni di questo tipo. La camorra inquina soprattutto la mentalità delle persone, degradando il livello culturale in generale. Se mi sono iscritto a libera e sono venuto a Genova è stato per questo. Per riuscire a dimostrare che in realtà è possibile vivere diversamente.
Ci sono molti concittadini che non solo non denunciano e non disdegnano le organizzazioni criminali, ma anzi si sentono protetti dai vari boss. Quasi come se la camorra fosse una sorta di stato assistenziale e i camorristi dei benefattori. Anche attraverso film, canzoni e giornali locali (sempre monopolizzati dalla camorra) è sempre passato questo tipo di messaggio.
Se vuoi posso illustrare anche come questo tipo di sottocultura si è imposto a livello locale. E ahimè è molto triste constatare come ciò spesso è ignorato dai media. Il discorso è molto lungo. Noi in meridione, non abbiamo conosciuto il fenomeno della resistenza antifascista come si è diffuso al nord, con tutte quelle vittime. Però qui, forse, una certa militanza antimafiosa può richiamare quel tipo di resistenza.
C’è una diversa forma di resistenza. Ricordare le vittime uccise innocentemente, significa prendere parte. Ed è stato bello incontrare a Genova tante realtà accomunate da quello stesso spirito di rinascita, resistenza, cambiamento. L’Italia migliore, che indifferenza e malaffare vogliono spegnere.
Grazie ancora per le email. Ci risentiamo presto. Cordialmente, Vincenzo >