Addiopizzo: l’antimafia a scuola
Incontro con un imprenditore che si è ribellato
L’aula, fino a quel momento densa di chiacchiericcio, è affondata nel silenzio. E’ lì Rosario. E racconta la sua storia. Rosario Barchitta, imprenditore di Scordia, ha deciso anni fa di denunciare i suoi estorsori ed oggi si racconta ad alcuni studenti mostrando le sue fragilità, il suo orgoglio, la sua forza, il suo essere semplicemente uomo. Non gli piacciono le cattedre, ed ha deciso fin da subito di scendere fra i banchi, fra quei ragazzi un po’ scalmanati, dalle rapide ore divorate alla velocità distratta dei loro motorini.
Eppure, in quel momento, a quel racconto inusuale fatto di coraggio e dignità, anche il loro tempo s’è fermato, e il famelico quotidiano consumare è diventato insolito assaporare.
Sono una trentina quei ragazzi. E non sanno chi sia Libero Grassi. La lotta alla mafia per loro è argomento da fiction o, di tanto in tanto, da manifestazione utile per bigiare un giorno di scuola. Non credevano che l’antimafia, quella mattina, avrebbe bussato alla porta delle loro classi raccontando con un linguaggio nuovo di volti sconosciuti.
A diciassette anni le illusioni infantili si scontrano con una realtà non sempre facile, e le storie di quegl’uomini barbaramente trucidati per strada, fatti saltare in aria o assassinati davanti agli occhi dei loro cari, lasciano un senso di morte che sembra più forte di qualunque lotta, di qualunque sogno. La morte sembra aver vinto sulla vita, su quella solitaria battaglia per la quale quegl’uomini hanno perso tutto quel che possedevano.
Ma un signore dai capelli bianchi, le mani grandi e lo sguardo fiero, si alza in piedi, si mischia fra loro, ed inizia a raccontare la sua storia: il perché abbia deciso di denunciare gli estorsori, di cosa significa farlo.
Ed è come avere in aula Libero Grassi: lì, vivo, nella storia e nella forza di Barchitta. Ed è in quel momento che la vita ha la meglio sulla morte.
Con semplicità e commozione Rosario racconta come sia possibile dir di no ai soprusi, alle prepotenze; di come il coraggio, con costanza e perseveranza, ripaghi sempre; di come sia importante sentirsi liberi e poter guardare in volto i propri figli senza vergognarsi, sentendosi, nella denuncia, migliore di ieri.
Nel nostro paese sono circa 160.000 i commercianti colpiti dal racket, fenomeno che riesce a muovere annualmente 9 miliardi di euro. Alla tradizionale richiesta estorsiva delle mafie si lega ormai il preoccupante aumento del reato d’usura che coinvolge circa 180.000 imprenditori per affari che oscillano intorno ai 35 miliardi di euro.
Proprietario di una cava, il pizzo Barchitta lo pagava attraverso il gratuito prelievo del materiale da parte degli estorsori.
«Quando tornavo a casa mi vergognavo a guardare mia moglie e i miei figli» racconta, «ho capito che denunciando avevo fatto la cosa giusta perché mi sono sentito nuovamente un uomo».
Attraverso l’esempio Rosario abbatte muri e i luoghi comuni, ricostruisce i ponti con lo Stato andati distrutti dalla solitudine, dal disagio sociale, dalla sfiducia nella politica e nelle istituzioni. Non è sotto scorta, non ha perso la sua attività, eppure è riuscito a mettere in ginocchio i suoi estorsori.