giovedì, Novembre 21, 2024
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Acque torbide

Molti interrogativi, poca trasparenza

Conoscere quello che succede è fonda­mentale per poter intervenire sulla real­tà. Nel caso di Expo 2015 sembra però che le informazioni siano potute passare solo per vie secondarie. Quella traspa­renza ostentata nei documenti firmati all’inizio di questa storia si è infatti ri­velata molto offuscata. Questa esposi­zione universale doveva essere in termi­ni di informazione limpida come un lago alpino, ma si è rivelata torbida come una pozzanghera di città. 

La comunicazione che tre aziende ope­ranti nei cantieri erano indagate per diversi reati, è arrivata infatti prima grazie al sito del Gruppo Radicale e poi è stata divulga­ta sul territorio dal centro sociale rhodense Sos Fornace. Una volta appresi questi dati, gli attivisti del centro hanno indetto una conferenza stampa, poi pubblicata sulle pagine on line del Fatto Quotidiano. Pur­troppo anche per quasi tutti gli eventi suc­cessivi nella seconda strada di Expo ven­gono a mancare comunicazioni ufficiali, notizie chiare sullo stato dei cantieri ed elenchi dettagliati delle aziende e della loro storia. 

Dal 25 maggio negli archivi della Procu­ra di Milano c’è un fascicolo in più. I pm Paolo Filippini e Antonio D’Alessio, del pool specializzato in reati contro la pubbli­ca amministrazione, hanno infatti iniziato un’inchiesta per indagare su un possibile reato di turbativa d’asta per quanto riguar­da il primo cantiere di Expo. Questa inda­gine parte dalle dichiarazioni di un im­prenditore bergamasco, Pierluca Locatelli, ed è solo un altro capitolo di quell’inchie­sta sulla corruzione che nel novembre 2011 ha portato in carcere l’ex assessore regionale Franco Nicoli Cristia­ni. L’accusa della Procura si fonda sull’ipotesi che le aziende che hanno par­tecipato alla prima gara d’appalto siano ri­conducibili ad un «cartello». Si pensa cioè che abbiano creato un sistema che garanti­sca loro di spartirsi gli appalti pubblici, concordando offerte e strategie. Il progetto di fare di Expo 2015 il cantiere simbolo dell’onestà sembra essere sempre più com­promesso.

Fra le aziende che hanno in subappalto i lavori del primo cantiere dell’esposizione universale c’è anche, come avevamo detto, la Elios Srl. Il 6 luglio 2012 l’ufficio stam­pa di Expo Spa inoltra un comunicato in cui afferma che a questa azienda è stata re­vocata l’autorizzazione per lavorare nei suoi cantieri. Il motivo non è molto chiaro, pare infatti che la Prefettura di Milano ab­bia segnalato degli «elementi suscettibili di valutazione tali da pregiudicare il rap­porto fiduciario con Expo Spa».

Nel comunicato viene specificato che questi motivi non implicano l’infiltrazione mafiosa, fatto sta che l’azienda viene al­lontanata dai cantieri e i lavori, già sull’orlo del ritardo, vengono ulteriormen­te rallentati. Almeno fino alla decisione del TAR di reintegrare la Elios, come si vedrà poi. A questo punto parte però il se­condo appalto per l’esposizione universa­le, quello della famosa «piastra».

Questo è il cantiere più importante dei tre in programma, perché dovrebbe occu­parsi di creare tutto ciò che permetterà al sito di funzionare, dall’urbanistica agli im­pianti idrici ed elettrici, fino alla sistema­zione paesaggistica.

È quindi una gara molto complessa, che viene indetta all’insegna dell’offerta eco­nomicamente più vantaggiosa. Per definire quindi il vincitore finale non è stata tenuta in conto solo la parte economica, ma an­che altri criteri, come la qualità tecnica e i tempi di realizzazione.

Ad aggiudicarselo il 16 luglio 2012 è però il raggruppamento di imprese capita­nato da E. Mantovani Spa, che ha offerto il ribasso più consistente, scendendo al 41,80%. Il valore complessivo di tutto l’appalto ammonta a 165,13 milioni di euro, esclusa anche qui l’Iva e i costi per la sicurezza non soggetti a ribasso, ossia 16, 20 milioni di euro.

Oltre ad essere l’offerta più economica, questa viene valutata da Expo Spa anche come quella tecnicamente più valida. Da notare è però che se nel primo cantiere le proposte arrivate al vaglio finale erano tut­te intorno a quella che poi si è aggiudicata l’appalto, questa volta lo stacco dalle altre aziende è molto più consistente,i secondo ribasso più sostanzioso era infatti del 36 %, mentre gli altri si attestavo sul 20-30%.

La stessa classe politica che si era posta a garante della trasparenza sembra essere sulla medesima linea d’onda. Dichiara in­fatti il 17 luglio 2012 il consigliere regio­nale del PD Carlo Borghetti: «Formigoni illustra Expo 2015 in Consiglio Regionale, parla di tutto ma non fa nemmeno un rife­rimento alla legalità per gli appalti, né nel­la relazione iniziale né in replica, nono­stante gli abbia fatto notare in aula come il primo appalto Expo sia oggetto di indagi­ne per turbativa d’asta… Speriamo recu­peri presto la grave lacuna». Un altro epi­sodio che testimonia questa tendenza risa­le al 28 dicembre 2012, quan­do il respon­sabile della comunicazione di Expo spa, Fabrizio De Pasquale, consiglie­re comuna­le PdL di Milano interviene ad un conve­gno sugli sviluppi urbanistici del­la zona di Rho. L’incontro è stato organiz­zato da AIL (Associazione Imprenditori Lombardi) e da Comitato Risorgimento, l’associazione che riunisce gli industriali di Mazzo, fra­zione rhodense che sarà inte­ressata diretta­mente dalle opere di Expo. Nel suo inter­vento, De Pasquale parla di come si svi­lupperanno i cantieri, di come cambierà la viabilità, di quanta «trasparen­za» ci sarà nell’informazione verso i citta­dini. Ovvia­mente non vengono neanche citate le in­chieste, i milioni in gioco, i ri­schi.

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