Abruzzo, valanghe, seveso, megadiscariche e altro
La “carta delle valanghe – che permette di individuare con precisione i punti in cui è possibile che si verifichino le slavine – manca da almeno venti anni e la Regione Abruzzo ha avviato da poco il bando per redigere quella del Gran Sasso, una parte ancora piccola per una regione in cui il 65 per cento del territorio è composto da sistemi montagnosi” sottolinea un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano.
È un altro dato, forse ancor più importante e determinante di altri, che porta nuove argomentazioni e convinzioni a chi in questi giorni ha duramente contestato quel che si è arrivato a definire anche il generale e complessivo fallimento delle istituzioni (cito dal documentato e puntuale comunicato stampa del Forum dei Movimenti per l’Acqua).
Alla luce di questo, e altre situazioni emerse in questi giorni (per chi ha voluto vedere), alcune considerazioni mi sorgono spontanee. In un dossier per PeaceLink e Associazione Antimafie Rita Atria, datato 10 luglio 2014, e in un articolo per il numero di “Terre di Frontiera” di Aprile 2016, mi sono soffermato sulla pubblicazione web dei PEE (Piani di Emergenza Esterna) previsti per gli Stabilimenti a Rischio d’Incidente Rilevante (definiti in base alle leggi che hanno recepito le Direttive europee Seveso). Basta scorrere l’elenco per avere coscienza della loro realtà nella nostra Regione: stiamo parlando di situazioni estremamente delicate e complesse, che meritano grande cura e attenzione. Ma in questi giorni non mi sembra siano mai minimamente comparsi. Considerate anche le scosse di terremoto, e la grandezza di questa “emergenza neve”, sono stati monitorati questi stabilimenti? C’è un quadro della situazione aggiornato agli ultimi giorni? Sono stati tenuti in considerazione? Domande analoghe che, ovviamente, non possiamo non fare per luoghi dove insistono vere e proprie “minacce ambientali continue”, a partire dalla mega discarica di Bussi. Una situazione, a ormai dieci anni dalle prime denunce ambientaliste, che attende una qualche soluzione ancora delicatissima e pericolosissima (come riportato, riprendendo quanto reso noto e documentato dal Forum Abruzzese dei Movimenti per l’Acqua Pubblica, anche nell’articolo di pagina 10 del numero di Gennaio 2017 di “Terre di Frontiera”).
Colpisce quel che sta accadendo intorno alla Commissione “Grandi Rischi” che, secondo un’agenzia ANSA, si è riunita il 20 Gennaio “mettendo in guardia da possibili nuovi eventi ancora più intensi nelle zone vicine, fino ad una magnitudo 6-7 della scala Richter”. Antonietta Centofanti, zia di Davide (uno dei ragazzi strappati alla vita la maledetta notte del terremoto a L’Aquila del 6 Aprile 2009), del comitato dei familiari delle vittime della “Casa dello Studente”, ha ricordato indignata cosa accadde ormai quasi 8 anni fa. “Già, prima del sisma del 6 aprile, Bertolaso si era dato da fare per tranquillizzare una popolazione con i nervi a fior di pelle per via del continuo sciame sismico e degli annunci di Giampaolo Giuliani, secondo cui un forte terremoto avrebbe colpito Sulmona. Bertolaso il 30 marzo aveva chiesto ai luminari del terremoto di riunirsi il giorno dopo all’Aquila per zittire subito qualsiasi imbecille, per tranquillizzare la gente e per dire che cento scosse servono a liberare energia e non ci sarà mai la scossa quella che fa male. Capito?”. I luminari capiscono. E il 31 marzo vengono a L’Aquila, dove si tiene la Commissione Grandi Rischi. C’è una seconda intercettazione del 9 aprile 2009. Bertolaso continua a chiedere alla Commissione Grandi Rischi dichiarazioni che avessero lo scopo precipuo di tranquillizzare la popolazione. Mi hanno chiesto: ma ci saranno nuove scosse? – dice in una telefonata al sismologo Enzo Boschi. Proprio quel giorno la Commissione si sarebbe riunita nella sede dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia a Roma. Prima dell’incontro Bertolaso spiega al suo interlocutore – La riunione di oggi è finalizzata a questo, quindi è vero che la verità non la si dice. E ancora – Alla fine fate il vostro comunicato stampa con le solite cose che si possono dire su questo argomento delle possibili repliche e non si parla della vera ragione della riunione. Va bene? La risposta di Boschi non si lascia attendere: Non ti preoccupare, sai che il nostro è un atteggiamento estremamente collaborativo. Facciamo un comunicato stampa che prima sottoponiamo alla tua attenzione. Quale fosse quella verità ancora oggi non ci è dato saperlo”. Una vergognosa e offensiva campagna mediatica, che non soltanto ignorava tutto questo ma di fatto lo negava e stravolgeva (facendo come minimo dubitare della buona fede di molti megafoni…), strepitò contro un inesistente “processo alla scienza”. In tribunale alla Commissione “Grandi Rischi” (processo nel quale, come ha ricordato Antonietta Centofanti, è stato condannato l’allora vicecapo della Protezione Civile De Bernardinis) “è stata contestata l’errata analisi dei rischi, che ha comportato una informazione non corretta”. Non ci fu nessuna accusa, al contrario di quel che la canea mediatica voleva far credere, di non aver previsto il terremoto. Una previsione che, si disse, era impossibile. Era perché, a quanto pare, otto anni dopo è diventato possibile?
In questi giorni di emergenza, dramma, dolore e sofferenza i volontari della Croce Rossa, delle Brigate di Solidarietà Attiva, del Soccorso Alpino, della Protezione Civile, cittadini, i medici, gli infermieri, gli operatori della Guardia Costiera e tutti coloro che in queste ore stanno salvando vite e soccorrendo in condizioni disumane, meritano solo ammirazione, plauso ed è dovere civico e umano stringersi intorno a loro. Il dolore e la sofferenza dei familiari delle vittime, e di chi ancora adesso è prigioniero dell’emergenza, meritano totale rispetto. Tutto questo è sacrosanto. Al contrario di quel che il “pensiero dominante” e una certa “narrazione mediatica” pretenderebbe, l’indignazione, la rabbia, la sacrosanta richiesta di individuare e denunciare responsabilità istituzionali che, per chi conosce minimamente la storia di questa Regione e quel che il territorio è costretto a subire, sono nette, nulla c’entrano con questo sacrosanto rispetto. Come ha scritto Giulio Cavalli nessuno si può “fare scudo con i volontari”. Anzi è doveroso, anche nei confronti di chi in questi giorni sta donando tutto se stesso, cominciare a chiedere a qualcuno in determinati vertici (ogni riferimento NON è puramente casuale) di prendersi una volta per tutte le sue responsabilità e dimettersi.