giovedì, Novembre 21, 2024
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Abruzzo, la mafia dei pascoli

L’emergenza coronavirus sarà seguita da una gravissima crisi economica, moltissime attività rischiano il tracollo e non di poter riaprire più. E della povertà in aumento, delle attività economiche ridotte sul lastrisco le mafie sono pronte ad approfittare. I mafiosi “si presentano come benefattori dando l’opportunità di una facile liquidità, ma ciò si tradurrà in una cessione della propria azienda nelle mani della criminalità organizzata” ci ha dichiarato Luigi Cuomo di SOS impresa; intervistato da Wordnews il magistrato anti camorra Catello Maresca ha denunciato che le mafie “stanno già ragionando su come infiltrarsi nei settori legali, comprando negozi ridotti sul lastrico, prestando soldi e diventando soci di attività imprenditoriali” (https://www.wordnews.it/maresca-la-criminalita-organizzata-non-e-in-quarantena ) perché la criminalità organizzata non è mai andata in quarantena.

La crisi economica rischia di favorire il riciclaggio e l’infiltrazione nell’economia legale delle mafie. L’Abruzzo non è esente e oltre settori classici per le mafie come rifiuti, speculazione edilizia e gioco d’azzardo le mafie hanno messo le mani anche sull’allevamento.

E’ la cosiddetta mafia dei pascoli, l’ennesima rete criminale che tra l’altro lega la regione adriatica con la Sicilia. L’ultima maxi inchiesta, condotta dalla Direzione Investigativa di Messina, nel gennaio scorso ha documentato lo sfruttamento da parte del gruppo mafioso dei Batanesi di terreni intestati fittiziamente nei comuni abruzzesi di L’Aquila, Barisciano, Ofena, Pettorano sul Gizio, Crognaleto, Cortino, Valle Castellana, Rocca Santa Maria, Isola del Gran Sasso, Caramanico e Castel del Monte. Un’organizzazione criminale, scrisse il gip di Messina Mastroeni nell’ordinanza dell’operazione giudiziaria – che non costituisce ricchezza per il territorio, non sviluppa agricoltura e pastorizia, ma fa ditte di carta, ingurgita profitti milionari, che come tutti i profitti di mafia spariscono e niente lasciano alla gente, al territorio, alla vera agricoltura e pastorizia”.

Dinamiche e fatti che aveva già documentato, in uno studio decennale insieme ai propri studenti, la professoressa Lina Calandra dell’Università dell’Aquila. Tra le vicende su cui lo studio ha acceso i riflettori c’è stato un progetto europeo avviato, dichiarò l’anno scorso la professoressa Calandra, “in un clima crescente di tensione perché accanto a chi è interessato alla regolamentazione dei pascoli e confida sinceramente nel Parco in quanto soggetto sovraordinato in grado di mettere a disposizione adeguate risorse” sono presenti soggetti forti “di un potere che trae la sua forza da una enorme disponibilità finanziaria di ingannevole provenienza e una rete di soggetti che si muovono nei meandri di cavilli e codicilli burocratici, nei sistemi informatici e, sul territorio, con prestanomi e poveri ingenui”.

Durante la ricerca universitaria almeno un centinaio furono le segnalazioni di fenomeni criminosi tra cui mezzi agricoli rubati, traffico di marchi auricolari e atti intimidatori, è la denuncia del febbraio scorso. Mentre nello sfruttamento dei fondi pubblici “si è innescato un vero e proprio mercato di titoli anche grazie a incentivi per giovani e donne che ha innescato un sistema che vede aziende senza un animaleperché l’Italia è l’unico Stato europeo ad aver lasciato il paese come un’unica regione, quindi chiunque può spalmare i propri titoli ovunque in lungo e in largo per la penisola. Gli allevatori abruzzesi avevano titoli bassi rispetto ai grandi allevatori di altre regioni, quindi sono stati tagliati fuori”.

Intervistata da Wordnews (https://www.wordnews.it/mafie-dei-pascoli-ci-sono-territori-che-non-ci-appartengono-piu ) la professoressa Calandra nelle scorse settimane ha dichiarato che durante le ricerche universitarie hanno ricevuto “segnalazioni di vere faide paesane e di amministrazioni cadute per quanto succede intorno ai pascoli fino a vere pedine inserito da queste organizzazioni in consigli comunali di comuni molto piccoli”. La mafia dei pascoli, conclude, “non crea economia vera e scatena sui territori un putridume a più livelli. La mafia dei pascoli è quel sistema che quando guardi le nostre bellissime montagne ti impedisce di riempirti di meraviglia perché provoca angoscia pensando alle aziende che muoiono o si piegano ai ricatti”. Quel putridume che fa si che ci sono “territori che non ci appartengono più, che sembrano non appartenere più alla Repubblica Italiana, alla democrazia e ai meccanismi dell’economia tradizionale”.

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