Abolite le province? No, aboliti i servizi
Sono passati quasi sei anni, le province siciliane in teoria sono diventate “ex province” ma in realtà l’unica cosa che è cambiata è tutta la serie di servizi che prima c’erano e ora non ci sono più.
Il 3 aprile 2013 il presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta affermò che l’indomani avrebbe fatto presentare una proposta di legge che avrebbe reso la Sicilia prima regione in Italia ad abolire le province.
Sono passati quasi sei anni e le province in Sicilia ci sono ancora.
Quell’annuncio ha dato il via a un processo di estinzione non tanto degli organi provinciali quanto dei servizi che essi garantivano al territorio.
Le province siciliane sono diventate “ex province”, ufficialmente si chiamano “Liberi Consorzi di Comuni” e conservano la struttura che già avevano 5 anni fa, con eccezione degli organi elettivi, che Crocetta, come ultimo atto del suo mandato, ha provato a reintrodurre.
L’Assemblea Regionale Siciliana a fine dell’ultima legislatura, aveva approvato una legge (l.17 del 2017) che cancellava 5 anni di discussioni e prevedeva l’elezione diretta delle istituzioni politiche provinciali. Mossa elettorale? A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. È di recente intervenuta però la Corte Costituzionale, che nella sentenza n.168 del 2018 ha dichiarato incostituzionali gli artt. da 1 a 6 e 7, lettere b), c) ed e) della legge 11 agosto 2017 n. 17 della Regione Siciliana – difesa adesso anche dal nuovo Presidente della Regione Musumeci – perché in palese contrasto con la legge nazionale n. 56 del 2014, c.d. Legge Delrio, che prevede l’elezione indiretta delle cariche provinciali e delle città metropolitane su tutto il territorio nazionale. Restano quindi i Commissari, che tra varie carenze, si occupano essenzialmente dei pochi affari correnti, in attesa delle annunciate elezioni indirette, che dovevano, a detta del Presidente Musumeci svolgersi entro l’autunno 2018.
Ma non sono soltanto gli organi elettivi ad essere scomparsi dalle attuali “ex province”. A mancare, alle province siciliane, attualmente sono soprattutto i fondi. Nella sua sbandierata riforma di cancellazione e poi di reintroduzione, Crocetta, la sua giunta e i partiti che lo sostenevano, avevano previsto quasi tutto, tranne che le somme con cui avrebbero dovuto finanziarsi i tantissimi servizi offerti dalle “ex province”. Somme che prima erano garantiti soprattutto da trasferimenti regionali e statali e che dopo la riforma sarebbero dovuti arrivare, in teoria, dai comuni consorziati, ma senza alcuna certezza, essendo quest’ultimi in fortissima crisi economica (come testimonia il caso Catania su tutti).
Adesso il quadro è desolante. La provincia di Siracusa, incapace di sostenere le spese, ha già dichiarato il default e presto, se non avverrà un miracolo, lo dichiareranno tutte le altre. Ciò che rende ancor più amaro il tutto è il fatto che le 9 province avevano accumulato negli anni molti meno debiti di altri enti territoriali, alcuni erano economicamente in ottima salute prima del 2013, per cui il fallimento sarà dovuto, quasi essenzialmente, alle scelte scellerate e alle vicende che hanno chiuso i rubinetti economici. Se il dissesto sarà dichiarato, lo subiranno per primi i dipendenti precari, che saranno immediatamente licenziati e poi tutti gli altri dipendenti che negli ultimi anni hanno visto sempre più compresso il raggio d’azione e che in ristrettezza hanno comunque dovuto garantire almeno un minimo di servizi. Negli uffici provinciali ci si è trovati, in poco tempo, nella stessa situazione di una famiglia nella quale, da un giorno all’altro, entrambi i genitori hanno perso il lavoro, trovandosi comunque costretti a dover “mantenere” i figli, una casa, una macchina… con un conto in banca che, nonostante i sacrifici ed una vita condotta sempre con oculatezza, si assottiglia sempre di più.
Ad aggravare la situazione, tra l’altro, il prelievo forzoso cui sono sottoposti gli enti, operato puntualmente dal Governo nazionale, come concordato in un accordo concluso qualche tempo fa dal governo regionale di Crocetta con il governo nazionale presieduto da Renzi. Crocetta ha infatti rinunciato a quasi tutti i contenziosi pendenti tra Stato e Regione, in cambio di pochi finanziamenti liquidi da poter subito investire.
E pensare che, subito dopo quella dichiarazione del 2013, si erano levate da più parti voci entusiaste. C’erano studi che affermavano che la riforma avrebbe portato ad un risparmio per la Regione di 2 miliardi di euro (non spiegando come questo risparmio si sarebbe ottenuto), sbandierati politicamente da più parti a livello locale e nazionale!
Qualche giorno fa, la Regione pare abbia messo la pietra tombale sulla questione, inserendo nella proposta di assestamento di bilancio approvata dall’apposita Commissione, solo 20 milioni di euro quale fondo di salvaguardia degli enti locali, di cui solo il 20 per cento alle ex Province, pari a 4 milioni di euro, con l’obbligo di assegnarne 2 a Siracusa (come detto già in dissesto). Le altre 8 ex province (Consorzi o Città Metropolitane), dovranno dunque spartirsi solo 2 milioni di euro suddivisi in base alla popolazione. Soldi che, come facilmente si intuisce, servono a poco, per non dire a nulla. Addio ai servizi che ancora le “ex province” hanno sulle spalle dunque. Stop agli interventi nella viabilità provinciale (con strade che sono già un colabrodo), agli interventi di manutenzione degli istituti scolastici, ai servizi per i disabili (in palese contrasto con l’art 3 della Costituzione) e rischi altissimi per tutti gli 8 mila lavoratori.
L’assessore regionale agli Enti locali, Bernadette Grasso, in più occasioni alla domanda: “che fine faranno gli Enti?” ha allargato le braccia e ha ammesso che non ci saranno soluzioni. Per giorni, quasi unanimemente, come se fosse stato concordato, in tutte le esternazioni pubbliche la giunta regionale ha addossata al Governo nazionale la responsabilità del prelievo forzoso da operarsi e quindi del colpo di grazia per tali enti. Ma proprio il Governo e la legge di bilancio, attualmente in discussione alla Camera, pare possano aprire l’unico spiraglio in questa vicenda.
Il 20 dicembre Musumeci e alcuni parlamentari di maggioranza siciliani, hanno rivelato l’esistenza di un accordo tra il ministero dell’Economia e Finanza e la regione Sicilia che prevede, tra le altre cose, un trasferimento di 540 milioni di euro da destinare ai Liberi Consorzi e Città Metropolitane per le spese di manutenzione straordinaria di strade e scuole, da erogare nei prossimi sei anni. Ancora tutto sulla carta e ancora troppo poco per permettere agli enti provinciali di tornare a svolgere il ruolo che formalmente dovrebbero svolgere. Se questi fondi fossero effettivamente erogati e ben utilizzati, sarebbe comunque una buona notizia.