domenica, Novembre 24, 2024
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A proposito di antimafia e antimafiosi

Trapani. “Chi si rice?”. “Un si rice nente…”. Perché “a megghio pa­rola è chidda chi nun si rice”… 

A Trapani ad un anno dalla scompar­sa è stato ricordato il prefetto Fulvio Sodano. Nella Chiesa di Santa Maria di Gesù c’erano oltre mille persone. Se l’evento fosse stato organizzato da altri era certamente da catalogare tra i “grandi eventi”… ma tutto si è svolto senza dare eco nel silenzio più assoluto anche da parte di quei soggetti che van­no in giro a battersi il petto e cercano il fango in casa d’altri… 

Arrivi a Trapani e ti accolgono due car­telli: “Benvenuti a Trapani città della vela e del sale”; l’altro non è scritto però te lo fanno capire che esiste: “Benvenuti a Tra­pani, ma non parlate al guidatore e state accorti”. Anzi – magari vi spiegano me­glio – non parlate affatto se voleste chie­dergli di cambiare direzione di marcia; e se pro­prio volete parlare, parlate nella lin­gua del guidatore, rispettando i suoi desi­deri, e ri­petete: “Vossia assabinirica, vo­scienza mi cumannassi…”. A Trapani, quando due tra­panesi s’incontrano, il loro saluto si so­stanzia così: “Chi si rice?”. Risposta: “Un si rice nente…”. Perché “a megghio pa­rola è chidda chi nun si rice”.

Che c’entra con l’antimafia e gli anti­mafiosi? C’entra tanto, credeteci. A Tra­pani siamo passati dalla mafia che non esiste alla mafia sconfitta, così come dis­sero in coro, anche se in momenti diversi, alcuni sindaci.

Gli applausi a Sciascia 

A Trapani hanno applaudi­to quando Sciascia scrisse dei “professioni­sti dell’antimafia” (che, non dimentichia­molo, era una bordata contro un certo ma­gistrato che si chiamava Paolo Borsellino) e qualche anno dopo è stato scritto, ancora una volta da un sindaco, che l’antimafia è peggio della mafia. Scritto mentre magi­strati, giudici e forze dell’ordine andavano scoprendo gli altarini e le casseforti dei mafiosi e mentre un prefetto, coraggioso perchè faceva il proprio dovere (“sventu­rata la società che ha bisogno di eroi” scriveva Bertolt Brecht), sgomberava i mafiosi e le loro famiglie dai beni confi­scati da decenni. 

Diceva il questore Gualtieri… 

Una situazione che un questore, non uno qualsiasi, ma quel Giuseppe Gualtieri che da capo della Mobile di Palermo sni­dò il super latitante dell’epoca Bernardo Provenzano, così commentò: «Diciamo intanto che chi diceva che la mafia non esisteva probabilmente aveva magari un suo tornaconto politico e poi di conse­guenza economico; oggi la categoria di chi dice che la mafia è sconfitta è molto più eterogenea, c’è chi lo dice con orgo­glio e con grande buonafede, e c’è chi in­vece chi lo dice perchè magari gli convie­ne spostare l’attenzione sul problema ma­fia e magari dirottarla verso alcuni altri reati e problematiche sociali, con ovvia­mente il conseguente abbassamento della guardia nei confronti della lotta alla ma­fia, ottenendo anche maggior libertà. Io direi, e sono ottimista, i molti sono in buona fede, i pochi magari perchè attrez­zati e molto più “professionisti” nel soste­nere questa tesi, sono in malafede».

Sono trascorsi anni ma crediamo che se dovessimo risentire il questore Gualtieri non cambierebbe una virgola a queste sue dichiarazioni. Siamo convinti che anche l’attuale questore la pensi in questa ma­niera. Glielo chiederemo presto. 

Dall’Ottocento a Messina Denaro… 

Benvenuti a Trapani. La città dove Cosa nostra e massoneria continuano ad anima­re le stanze del potere segreto, che però è pubblicamente riconosciuto.

È una storia antica. Il prefetto Ulloa scriveva già il 3 agosto 1838:

“La venalità e la sommissione ai potenti ha lordato le toghe di uomini posti nei più alti uffici della magistratura. Non vi ha impiegato che non sia prostrato al cenno ed al ca­priccio di un prepotente e che non abbia pensato al tempo stesso a trae pro­fitto dal suo Uffizio.

Questa generale corruzione ha fatto ricorrere il popolo a rimedi oltre­modo strani e pericolosi. Vi ha in molti paesi delle Fratellanze, specie di sette. Il popolo è venuto a tacita convenzione con i rei”.

* * *

Sembra di leggere della Trapani di oggi dove la mafia è sommersa, bene infiltrata, qui comanda la mafia borghese, senza bi­sogno di coppole e lupare, una mafia che ha fatto diventare legale il proprio sistema illegale. Qui a Trapani continua a regnare quel crocevia misterioso dove, mafia affa­ri politica massoneria servizi segreti, ha regolato la vita non di una città, di una provincia, di una regione, ma la vita dello Stato.

Siamo a Trapani, dove solo adesso i familiari di Messina Denaro stanno su­bendo il sequestro dei beni, ma riescono a far sposare i loro figli dentro la Cappella Palatina a Palermo.

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