A pranzo con Padre Solalinde
Esce dalla Basilica di Santo Stefano come un turista qualunque, viso umile e sorridente, mano sinistra impegnata a portare la sua giacca e braccio destro pieno di buste colme di agende e libri. Ma lui non è uno qualunque. È Padre Alejandro Solalinde, un eroe dei tempi moderni. Oltre ad essere coordinatore del “Centro Pastoral de Movilidad Humana Pacífico Sur”, il 27 febbraio del 2007 fondò il rifugiò per i migranti “Hermanos en el Camino” a Ixtepec, nello stato messicano di Oaxaca. Il rifugio sorge a pochi metri dai binari che portano migliaia di migranti centroamericani dal sud del Messico verso il tanto agognato confine statunitense, l’ultima tappa per una vita migliore. Da quel giorno Padre Solalinde non è diventato solo un uomo che fa del bene al prossimo, fornendo ai migranti cibo, acqua e un posto in cui dormire. È diventato l’incarnazione umana dell’ultima parte buona di Messico. Difensore dei diritti dei migranti, la sua figura è ormai divenuta pubblica perché ha il ‘vizietto’ di denunciare la violenza dei narcos e la connivenza di pezzi dello stato. È uno che parla chiaro, e chi parla chiaro in Messico molto spesso non vive a lungo. In numerose interviste presenti sul web, Padre Solalinde afferma che in realtà non ha paura della morte, e quella serenità si può leggerla nei suoi occhi scuri. [vaiallarete indirizzolink=”http://www.stampoantimafioso.it/2014/12/06/pranzo-padre-solalinde/”]